Il 24 aprile del '45 mi trovano in un'aula della scuola di Setificio di Como. Ero insieme ai miei compagni di classe per assistere alla lezione di Fisica nucleare. Il professor Campi, che avrebbe dovuto tenere la lezione sui Quanti, entrò e ci disse di stare tranquilli, si eclissò e si recò in segreteria insieme agli altri professori. Verso le dieci, sentimmo delle voci, ci affacciammo alle finestre e vedemmo che da via Mentana, svoltando l'angolo per andare in via Cesare Battisti, alcuni giovani fascisti vestiti di grigio cantavano a squarcia gola VINCERE,VINCERE E VINCEREMO IN CIELO, IN TERRA E IN MARE!!!
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Il 24 aprile,73 anni fa esatti mi trovano in un'aula della scuola di Setificio di Como. Ero insieme ai miei compagni di classe per assistere alla lezione di Fisica nucleare. Il professor Campi, che avrebbe dovuto tenere la lezione sui Quanti, entrò e ci disse di stare tranquilli, si eclissò e si recò in segreteria insieme agli altri professori. Verso le dieci, sentimmo delle voci, ci affacciammo alle finestre e vedemmo che da via Mentana, svoltando l'angolo per andare in via Cesare Battisti, alcuni giovani fascisti vestiti di grigio cantavano a squarcia gola VINCERE,VINCERE E VINCEREMO IN CIELO, IN TERRA E IN MARE!!!
Noi ci mettemmo a ridere ma nella nostra classe vi era uno sfegatato fascista che si alzò di scatto e rivolto a noi gridò: "cosa avete da ridere? Siii! Vinceremo! Poi Il professore Campi arrivò e ci disse che l'indomani non si sarebbe tenuta alcuna lezione.
Il giorno seguente (25 Aprile) quindi mi recai in piazza Impero, oggi piazza del Popolo, e vidi una catasta di fucili a forma di piramide abbandonati davanti al cancello di una villetta mentre sul marciapiede dall'altro lato della strada sfilavano una decina di ausiliarie vestite con le divise grigie mogie mogie e completamente rasate a zero. Un po più in là, una moltitudine di persone entrava nella casa del Fascio per compiere una pacifica razzia: chi usciva con dei libri, chi arraffava alcune medaglie di bronzo, chi si prendeva una calcolatrice meccanica e chi una rivoltella. Al pomeriggio, invece, alcuni giovanotti prestanti e dinamici allestirono nell'atrio della casa del Fascio un piccolo palco. Vi salirono sopra e, con trombe e tromboni, si misero a suonare una musica infernale con una foga da lasciare stupefatto anche il più impassibile inglese. E come ci davano dentro!
Ognuno cercava di suonare più forte e con più foga dell'altro. Si volgevano verso gli ascoltatori scaricando nelle loro orecchie una valanga di note. Io mi chiesi: ma che razza di musica è questa? Dopo alcuni minuti me ne andai disgustato. Ora lo so, si trattava della musica che negli anni ho imparato ad amare: il Jazz.
Il 26 Aprile fu una bella giornata di sole e il popolo comasco si riversò nel suo salotto di piazza Cavour ad aspettare gli americani. Puntualmente arrivarono dal lungo lago a bordo delle loro verdi Jeep dispensando a profusione sorrisi e cicche americane (per i pochi fortunati). Percorsero il lungo lago in mezzo a due ali di comaschi gioiosi e festanti. Qualche ragazzino rincorreva le Jeep gridando: bravi, bravi!!!! Ma, come capita spesso, ai momenti di gioia seguono momenti tristi. A pochi passi da casa mia “Casa Cugnasca” abitava la famiglia Sallusti: il colonnello, la moglie, i figli Alberto, Sergio (mio coetaneo e compagno di scuola) e Renato, il padre del giornalista Alessandro.
Scendevano da via Finocchiaro Aprile (oggi via Santo Monti) due partigiani armati con al centro il colonnello Sallusti, io intuii che stava per succedere qualcosa di grave, ma non potei fare nulla (per di più mio padre era ancora internato in Svizzera). Il giorno dopo seppi che fu fucilato: la colpa? Era un colonnello dell'esercito. Una sera, mentre giocavo nel cortile di Casa Cugnasca, due partigiani salirono al quarto piano della scala B e ridiscero con i coniugi Cetti. Questi sfilarono davanti a me, impassibili e seri, come se conoscessero il loro destino: senza una parola e uno sguardo. Seppi il giorno seguente che erano stati “giustiziati”. La colpa ? Il sig Cetti fu podestà a Blevio . Il processo finì in una bolla di sapone, ma forse non fu neppure celebrato. .