In un paese che conta più di 5 milioni di poveri, si continua a discutere del reddito di cittadinanza che, evidentemente, fa arrabbiare molti italiani più dei denari sottratti al fisco dalle società di calcio. Ammettiamolo, il nostro paese è pieno di contraddizioni e di verità che risulta disdicevole riconoscere. Una di queste verità inconfessabili è che ci piacciono tanto i ricchi e non ci piacciono per niente i poveri, come vuole l'istinto atavico di un popolo di servi che sognano tutta la vita di diventare padroni. Per questa ragione si discute più del reddito di cittadinanza che del condono alle squadre di calcio: perchè i ricchi fanno sognare i servi, mentre i poveri mettono tristezza ai padroni.
Erano i mitici Anni Ottanta e sugli schermi televisivi italiani spopolava il cartone animato di “Holly e Benji”, secondo e più riuscito anime giapponese ambientato nel mondo del pallone dopo il meno noto (e decisamente più datato) “Arrivano i Superboys”. Bambini e preadolescenti di allora si appassionarono alle avventure di squadre studentesche impegnate in un torneo calcistico sognando il Brasile, allora come oggi Nirvana del football. I protagonisti della prima serie erano bambini, diventati poi un po’ più grandicelli nella seconda stagione e giovanotti in quelle successive, non sempre facilmente visibili in Italia.
La bozza del ministro Calderoli, che ha per oggetto l'introduzione del c.d. "regionalismo differenziato", lascia del tutto irrisolti temi di fondamentale rilevanza sociale come fondo perequativo, standard minimo di prestazioni, uniformità di trattamento dei cittadini. Questa omissione, unita alla circostanza che siano le regioni più ricche a spingere per l’autonomia differenziata, incoraggia la triste sensazione che siamo davanti ad un assetto istituzionale che denota una spiccata vocazione divisiva. Sarebbe utile rammentare al ministro Calderoli che federalismo deriva da “foedus”, che significa patto. Bene, un patto unisce i contraenti, non li divide. Va bene mettere mani nella Costituzione ma stiamo attenti a non spaccare un paese già fin troppo spaccato.
Ammettiamolo senza tanti infingimenti: il Mondiale in Quatar è il mondiale delle contraddizioni e dell'ipocrisia. Un fiume di denaro a cui l'Occidente attinge a piene mani fingendo di ignorare che, con quello stesso denaro, il Quatar finanzia l'Isis, che con quello stesso denaro è stata tolta la vita a tanti innocenti, proprio come quei seimila operai che si sono immolati per allestire uno spettacolo inzaccherato dal fango del malaffare e del profitto. Quando si sente parlare di “identità nazionale”, verrebbe da chiedersi quali sarebbero i valori di cui si comporrebbe la nostra identità. Ci sono tante domande che dovremmo porci su ciò che siamo o, ancor meglio, su ciò che siamo diventati. Ma è molto meglio volgere lo sguardo altrove.
I dati più recenti dell'Easo, l'Agenzia europea dell'asilo, indicano che nel 2021 le richieste di protezione internazionale in Europa sono state 648 mila. La nazione che ha accolto il più alto numero di migranti stranieri è la Germania, 191 mila; segue la Francia, con 121.000, e la Spagna, con 65.000; quarta l'Italia, con 53.000. In relazione all'accoglimento delle richieste di asilo, occorre rilevare che le autorità italiane risultano alquanto “parche”: secondo Eurostat, nel 2021, a fronte di 43.550 richieste, è stata garantita una forma di protezione a 21.805 persone. Negli anni precedenti la percentuale di rigetti era stata molto superiore: nel 2019, ad esempio, ne erano state accettate solo 18.375 su 93.485.
Il protagonista del racconto è Cronacanera, giornalista investigativo che compare per la prima volta proprio nel racconto "Mistero al Campo dei Fiori" (nostro BLOG 13/07/22), egli è impegnato a fare luce sul duplice omicidio di anziane 2 sorelle disoneste. Nel racconto ricompare lo stanco e svogliato commissario Appropinquo, che non ama il Nord italia e un prete giustamente spretato, fratello delle vittime, ex cappellano militare che nella battaglia di Alam Halfa (Nord Africa 1942) incitava i militari "Avanti avanti Dio e il Duce lo vogliono".
I professori hanno smesso da tempo di essere professori: sono poliziotti, educatori, psicologi, amanuensi e compilatori di modelli inutili e frustranti che nessuno leggerà ma di cui ne viene solennemente teorizzata l'importanza attraverso l’angoscia perenne del ricorso dei genitori più ostili il cui amore per i figli è pari all'odio per i prof incapaci di capirli. In questa sorta di ineffabile "teatro dell’assurdo” i professori hanno assistito, inerti e rassegnati, ad una silenziosa mutazione genetica: l’imperante, spietato burocratismo li ha come narcotizzati, disarmati, rendendoli miti e obbedienti a chi li vuole generosi “volontari” pronti ad immolarsi per una società ingrata che li ha condannati ad essere poveri.
Fatta eccezione per le élite culturali del paese, l’avvento al potere di Giorgia Meloni non sembra affatto inquietare il sonno degli italiani i quali si attendono che il premier sia in grado di risolvere i problemi più impellenti della loro quotidianità. La verità è che la grande maggioranza degli italiani non sembra interessata alle dotte disquisizioni su fascismo e post-fascismo, né alle statue di Mussolini di cui ama circondarsi Ignazio La Russa, né al presunto ultra-conservatorismo “sanfedista” di Lorenzo Fontana. La missione che attende Giorgia Meloni consiste nel soddisfare in modo concreto le aspettative e i bisogni degli italiani i quali, come dimostrano i precedenti di Matteo Renzi, di Salvini e dei 5 Stelle, non concedono mai una seconda possibilità.
A dispetto del nome e del cognome, Domenico Cardiello era proprio un milanese, perché si sentiva milanese dentro, era figlio di immigrati campani entrambi dipendenti della Posta, “venuti su” come si diceva allora, negli anni sessanta. Domenico era nato a Milano e fino al giorno dello sfortunato matrimonio, aveva vissuto con i genitori in viale Monza. Il Professor Cardiello insegnava lettere e storia all’ITCS Primo Levi di Bollate. I suoi studenti lo chiamavano benevolmente o’professore per ricordargli le sue origini e le studentesse confidenzialmente Mimmo. A seguito del divorzio e delle ristrettezze economiche, in cui si poteva trovare in men che non si dica un divorziato, che doveva corrispondere gli alimenti alla moglie fumatrice disoccupata cronica (Segue)
Il Pd ha vissuto con angoscia l'ipotesi di associarsi ai 5 Stelle nella difesa del reddito di cittadinanza, cioè, di uno strumento che andrebbe emendato e migliorato ma non eliminato. Sull’altro versante, di contro, la destra non ha avuto alcuna remora nel sostenere misure sicuramente più temerarie come, ad esempio, la flat tax. Da questo dettaglio si evince che la destra fa semplicemente la destra mentre la sinistra si vergogna di fare la sinistra. Infatti, davanti al fuoco incrociato contro il reddito di cittadinanza, il Pd non ha avuto il coraggio di sostenere che il vero problema del paese fosse l’esplosione delle disuguaglianze sociali e non già quell’obolo miserevole lanciato ai poveri.