Il patto di famiglia è un contratto introdotto nel 2016 nel nostro codice civile con il quale, in deroga al divieto dei patti successori, un soggetto titolare di un'impresa, o che detiene alcune quote sociali, trasferisce (in tutto o in parte) l'azienda o le quote societarie a uno o più dei propri figli o nipoti. Il patto di famiglia, pertanto, è una peculiare fattispecie negoziale con cui l’imprenditore “anticipa” la propria successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dell’azienda ai figli o ai nipoti. La forma del contratto è un atto pubblico che viene stipulato dall’imprenditore e dai figli beneficiari (detti anche “assegnatari”). SEGUE
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Il patto di famiglia è un contratto introdotto nel 2016 nel nostro codice civile con il quale, in deroga al divieto dei patti successori, un soggetto titolare di un'impresa, o che detiene alcune quote sociali, trasferisce (in tutto o in parte) l'azienda o le quote societarie a uno o più dei propri figli o nipoti.
Il patto di famiglia, pertanto, è una peculiare fattispecie negoziale con cui l’imprenditore “anticipa” la propria successione per quanto riguarda il trasferimento della proprietà dell’azienda ai figli o ai nipoti.
La forma del contratto è un atto pubblico che viene stipulato dall’imprenditore e dai figli beneficiari (detti anche “assegnatari”). É necessaria, altresì, la partecipazione del coniuge dell’imprenditore stesso e di tutti quei soggetti che avrebbero la qualifica di legittimari se, in quel momento, si aprisse la successione testamentaria dell’imprenditore.
Il coniuge e i legittimari hanno infatti diritto a percepire, dai figli assegnatari, una somma a titolo di liquidazione del valore delle quote di legittima (in alternativa, la liquidazione può avvenire in natura, ossia ricevendo alcuni beni al posto del denaro): quanto ricevuto viene imputato alla quota di legittima e non può essere oggetto di collazione o di un’azione di riduzione.
Praticamente, si tratta di un “anticipo” dell’eredità. La liquidazione può avvenire anche con un contratto successivo, purché collegato al patto di famiglia e con la presenza degli stessi partecipanti.
Risulta importante che il patto di famiglia preveda il diritto di recesso perché, se manca, per sciogliersi dal vincolo l’interessato dovrà necessariamente ottenere lo scioglimento del primo patto facendo stipulare un secondo, nuovo, patto di famiglia con le stesse persone.
Nell’ipotesi che il coniuge o alcuni legittimari non partecipino al patto di famiglia e poi l’imprenditore muore, essi possono chiedere ai figli assegnatari la corresponsione della somma dovuta a titolo di liquidazione più gli interessi legali: se i figli non versano tale somma, il patto di famiglia può essere impugnato entro un anno.
Risulta controverso se il patto di famiglia, ove abbia ad oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, ricada nelle previsioni dell’art. 2929-bis cod. civ.. (2929 bis c.c.: i beni immobili e i beni mobili registrati possono essere oggetto di esecuzione forzata anche se sottoposti a vincolo di indisponibilità o se oggetto di alienazione a titolo gratuito, sempre che il vincolo o l'alienazione siano successivi all'insorgere del credito e purché il pignoramento venga effettuato entro un anno dalla trascrizione del vincolo o dell'alienazione. In caso di alienazione a titolo gratuito, l'espropriazione potrà essere effettuata anche direttamente nei confronti del terzo acquirente. Con questo strumento, entrato in vigore nel 2015, il creditore non dovrà più attendere l'emanazione di una sentenza dichiarativa di inefficacia dell'atto compiuto in suo danno dal debitore, la cui mala fede diviene presunta).
Il patto di famiglia può essere sciolto o modificato, in due modi: a) con un nuovo patto di famiglia;
b) se il patto stesso lo prevede, con il recesso di un partecipante a cui segue una dichiarazione delle altre persone certificata dal Notaio. Occorre che allo scioglimento o alla modifica partecipino tutte le persone che avevano preso parte al primo patto di famiglia.