In Italia vivono oggi 5.144.440 stranieri pari all''8,5% della popolazione residente. La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 23,1% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall'Albania (8,6%) e dal Marocco (8,1%). Agli inizi degli anni Sessanta gli stranieri residenti in Svizzera erano 734 mila, pari al 13,4% della popolazione, di cui 474 mila erano italiani. Nessuno, o pochi, conoscevano le condizioni di emarginazione vissute dai nostri connazionali. Per molti svizzeri, gli italiani erano rumorosi, indolenti e poco inclini al lavoro. Da qui la nascita di un partito xenofobo e anti-italiano.
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Tra le frasi celebri attribuite a Karl Marx, una delle più memorabili (e più citate) resta la seguente: “La Storia si ripete due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa”. Siamo un paese dalla memoria corta e questo ci fa perdere di vista molti dettagli della nostra identità collettiva che si é formata attraverso passaggi, spesso dolorosi, che tendiamo facilmente a dimenticare. Partiamo da un dato. In Italia vivono oggi 5.144.440 stranieri che rappresentano l'8,5% della popolazione residente. La comunità straniera più numerosa é quella proveniente dalla Romania con il 23,1% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall'Albania (8,6%) e dal Marocco (8,1%). Ora, facciamo una comparazione. Nel 1963, gli stranieri residenti in Svizzera erano 734 mila, pari al 13,4% della popolazione, di cui 474 mila erano italiani. Nessuno, o pochi, conoscevano le condizioni di emarginazione vissute dai nostri connazionali. Per molti svizzeri, gli italiani erano rumorosi, indolenti e poco inclini al lavoro. L'ostilità nei loro confronti era talmente diffusa che un tale di nome Albert Stocker pensò bene di fondare un partito nazionalista e anti-italiano il cui slogan era “uberfremdung”, cioé, invasione di stranieri. Stocker non fu votato ma questo non bastò per neutralizzare quel germe xenofobo che, qualche anno dopo, favorì la nascita di un altro partito nazionalista, “Nationale Aktion”, il cui leader, James Schwarzenbach, non esitava a definire gli italiani “una fogna”. La stampa italiana fingeva di ignorare questi episodi di ostilità nei confronti degli italiani. Per svariate ragioni: sia perchè quelle forze politiche restarono marginali, sia perchè la “ragion di stato” imponeva il giusto ritegno nei confronti di chi, comunque, garantiva accoglienza e lavoro a tanti nostri connazionali. Non bisogna, tuttavia, sottacere che quei fenomeni di ostilità, pur minoritari, finirono per lasciare qualche segno. Oggi non é un mistero che, negli anni Settanta, tanti lavoratori italiani fossero costretti a nascondere i bambini in casa. Venivano chiamati “bambini nascosti” (o “bambini proibiti”), erano i figli dei lavoratori stagionali che erano costretti a vivere nell'ombra perché lo statuto del lavoratore stagionale (abolito nel 2002) permetteva di rimanere in Svizzera nove mesi all’anno senza ricongiungimento familiare. Dopo cinque stagioni, la legge consentiva di richiedere il permesso annuale: i bambini, nel frattempo, venivano lasciati ai nonni o, nei casi più disperati, venivano collocati negli orfanotrofi italiani più vicini al confine. Nessuno in Italia era al corrente di questi episodi, fatta eccezione per i malcapitati che avevano perfino il terrore di raccontarli, una volta tornati in patria. Oggi guardiamo a quegli eventi con sdegno e riprovazione e non c'é italiano che non provi ribrezzo davanti ad una legislazione che, sprezzante dei più elementari diritti della persona umana, riteneva lo straniero solo uno strumento per soddisfare i bisogni dell'economia elvetica. Per decenni la Svizzera si é macchiata di un misfatto che ogni bravo cittadino svizzero riteneva “ineluttabile”, imposto dalla necessità di un sistema che aveva come obiettivo precipuo quello di garantire prosperità. Le esigenze dell'economia, pertanto, erano state soddisfatte anche a costo di limitare le possibilità di integrazione. Su questi temi sarebbe, ora, utile simulare un dialogo con un cittadino svizzero. Siamo sicuri di poter dare libero sfogo al nostro sdegno oppure ci tocca ammettere che, oggi, anche il nostro paese vanta una mirabile collezione di misfatti? E qui torniamo alla frase d'esordio di Marx. La “tragedia” delle umiliazioni vissute da tanti italiani sta infliggendo al nostro popolo la “farsa” di apparire davanti al mondo come un popolo ingrato e senza memoria. Questa é la vera emergenza del paese, di un paese che ha dimenticato il suo passato, prova terrore per il futuro e non si accorge della miseria morale del suo presente.
Editoriale apparso su La Provincia del 15 luglio 2019