Questo articolo è apparso mercoledì 22 aprile sul quotidiano comasco La Provincia. Si tratta di una riflessione che muove dal congresso fondativo del Pdl e dai commenti favorevoli che l'Osservatore Romano ha inopinatamente tributato alla nascita del nuovo partito. Il giorno dopo la pubblicazione di tale articolo è apparsa una pregevole riflessione del prof. Antonio Stevenazzi che pubblichiamo a parte.
La nascita del Pdl ha indotto taluni opinionisti a ritenere il nuovo partito l’erede della Democrazia Cristiana. Anche i toni usati dall’Osservatore Romano, il giorno dopo il Congresso fondativo, sembrerebbero legittimare tale tesi. Si tratta di una circostanza da non sottovalutare. Quando Sergio Romano sostiene che, storicamente, il Vaticano ha sempre considerato l’Italia una sua propaggine, non dice nulla di peregrino. Per tanti storici l’Italia resta un paese a sovranità limitata, sia per le forti influenze americane che per le ataviche ingerenze pontificie (absit iniuria verbis). Questa peculiarità della storia patria ha permeato la stessa natura dei nostri partiti i quali, dopo la caduta del fascismo, hanno costantemente inseguito la legittimazione delle alte gerarchie ecclesiastiche. Se l’unità politica dei cattolici è la conseguenza di questa anomalia, il cattocomunismo ne costituisce il naturale corollario: entrambi rappresentano due elementi costitutivi di questa particolare contiguità del sistema politico italiano con la Roma papalina. L’appoggio del Vaticano al Pdl risulta pertanto fondamentale ai fini di una esatta lettura del riposizionamento dell’elettorato cattolico il quale, dopo il definitivo tramonto della Democrazia Cristiana, sembra essere tuttora smarrito in questa inquieta ricerca di nuovi riferimenti. Bisogna comunque ammettere che, al di là dei proclami riformatori del Cavaliere, l’appoggio della Santa Sede al Pdl significa altresì definitivo abbandono di ogni velleità di “Rivoluzione Liberale”, con buona pace dei ceti intellettuali che hanno pudicamente flirtato col Cavaliere simulando una composta equidistanza con la sinistra. In ogni caso, va detto che paragonare il Pdl alla vecchia Democrazia Cristiana costituisce una fuorviante forzatura, ciò per vari motivi. Innanzitutto il blocco sociale coagulatosi attorno al Cavaliere non è assolutamente assimilabile a quello della D.C.. Berlusconi è l’interprete di un bacino elettorale che abbraccia l’intera area del lavoro autonomo e larga parte dei lavoratori dipendenti del settore privato. Di contro, la Democrazia Cristiana vantava una composizione sociale più eterogenea che le conferiva una connotazione autenticamente interclassista. Il linguaggio sobrio e talora dimesso dei propri dirigenti obbediva alla necessità di rappresentare lo spirito ecumenico di un partito che, malgrado la sua ispirazione confessionale, coltivava una visione risolutamente laica della politica. La riprova di ciò sta nei rapporti con il Vaticano, tanto intensi quanto travagliati a causa della vigile determinazione dei dirigenti democristiani a preservare lo Stato italiano da ogni possibile ingerenza della Santa Sede. L’aspetto paradossale di questa vicenda consiste nel fatto che, malgrado la scomparsa dell’unità politica dei cattolici, oggi il Pdl risulta essere meno laico della Democrazia Cristiana. Le posizioni dottrinali assunte dal Vaticano in campo etico hanno sempre trovato l’appoggio della destra, spesso in modo palesemente strumentale. Come ha più volte scritto il padre gesuita Bartolomeo Sorge, risulta infatti difficile conciliare questa “improvvisa” intransigenza con il quadro dei valori quotidianamente rappresentati (la religione del denaro, la ricerca del potere, le varie forme di intolleranza, il valore della famiglia teorizzato ma, nei fatti, sovente disatteso). Il paragone tra Pdl e Dc risulta, infine, improponibile per la differente situazione internazionale. L’anticomunismo di De Gasperi nasceva come mera opposizione al comunismo sovietico ma, occorre ricordare, veniva comunque esercitato nel quadro dei valori costituzionali. Di contro, l’anticomunismo di Berlusconi è radicale, totale e totalizzante perché giunge a minare alle fondamenta la stessa Carta costituzionale. Per il Cavaliere la nascita del Pdl può essere l’occasione per accreditarsi come vero statista attraverso la definitiva adesione ai valori fondativi della nostra Costituzione. Vedremo se, dopo il 25 aprile, nella destra italiana qualcosa sta cambiando.