Riforma delle pensioni, Flat tax e reddito di cittadinanza rappresentano un pacchetto che Salvini e Di Maio hanno vezzosamente confezionato e inviato all'Europa con l'auspicio che sia rispedito al mittente. Contestualmente, un'accorta regia seguita a diffondere la voce di un presunto “piano B” che sarebbe già stato concepito per far fronte all'eventuale uscita dall'euro che, secondo il leghista Borghi, sarebbe provvidenziale per il paese, “finalmente libero di stampare la propria moneta”. Insomma, tutto lascia credere che, malgrado le flebili rassicurazioni del premier, questo governo covi il proposito di condurre il paese fuori dall'Europa. Non lo dice semplicemente perchè non ne ha il coraggio, né la competenza, né l'autorevolezza.
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La nascita dell'attuale governo ha confermato la proverbiale faziosità di un paese storicamente avvezzo a perdonare agli amici ciò che risulta imperdonabile per i nemici. Il movimento 5 Stelle, che ci aveva abituato ad un'intransigenza del tutto inedita nella politica italiana, comincia a denotare una crescente arrendevolezza nei confronti di un alleato, più scafato e aduso al potere, che conserva la singolare capacità di stare al governo fingendosi all'opposizione. Dopo avere divorato Forza Italia, risulta assai probabile che, nel lungo periodo, Matteo Salvini riesca ad erodere anche quella parte del Movimento 5 Stelle attraversata da quelle pulsioni xenofobe e anti-europeiste già emerse in alcune periferie. La fragilità identitaria dei 5 Stelle rappresenta un fattore che, in modo ineluttabile, finirà per pesare sempre più nella dialettica tra le due forze di governo. Tutto ciò comincia già a intravedersi nei sondaggi che continuano a dare in grande ascesa la Lega di Salvini e in lenta, graduale, discesa il movimento 5 Stelle nei confronti del quale l'opinione pubblica dimostra una certa irrequietezza di cui non vi é alcuna traccia nel campo leghista. Dimenticando le continue piroette sull'euro e, soprattutto, talune “abiure” clamorose su temi un tempo ritenuti non negoziabili (condono fiscale, lotta alla mafia, conflitto di interessi), il giovane Di Maio si dimostra non meno fazioso di quella stampa che si manifesta pregiudizialmente ostile nei confronti dei 5 Stelle. Occorre ammettere che Di Maio ha ragione quando ricorda la pavida clemenza di alcuni gruppi editoriali nei confronti di certi governi del passato che avrebbero meritato ben altro trattamento. Tuttavia, farebbe bene ad ammettere che gli obiettivi inconfessati ma, soprattutto, il tasso di incompetenza di questo esecutivo, non possono che rafforzare i pregiudizi che ne hanno finora accompagnato il cammino. La prossima manovra finanziaria rappresenta palesemente lo strumento per ottenere un robusto consenso elettorale che il governo si riserva di spendere nel confronto con l'Europa che, stando ai primi responsi di Bruxelles, si preannuncia virulento. Il reddito di cittadinanza rappresenta una misura che obbedisce alla stessa logica degli 80 euro elargiti da Matteo Renzi alla vigilia delle ultime elezioni europee. Non solo. Malgrado rappresenti l'idea-forza del movimento, ancora oggi il reddito di cittadinanza costituisce una nebulosa, sia sotto il profilo organizzativo che dal punto di vista dell'esatta identificazione dei beneficiari. Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un continuo balletto di cifre sui costi complessivi di questa grande operazione finanziaria che riporta il paese agli anni del peggiore clientelismo di un certo notabilato meridionale di cui, ancora oggi, il Mezzogiorno paga le conseguenze. Luigi Di Maio finge di ignorare che nel paese esiste un'economia sommersa che si nutre di redditi irregolari, mai dichiarati al fisco, i cui percettori rischiano, beffardamente, di beneficiare del reddito di cittadinanza. La riforma dei Centri per l'impiego, che rappresentano il perno su cui poggerà l'intero provvedimento, richiederà tempi non inferiori ai due anni per cui é ragionevole credere che si tratti soltanto di una furbata elettoralistica che ha come obiettivo strategico lo scontro con l'Europa di cui iniziamo già ad avvertire le prime avvisaglie. Riforma delle pensioni, Flat tax e reddito di cittadinanza rappresentano un pacchetto che Salvini e Di Maio hanno vezzosamente confezionato e inviato all'Europa con l'auspicio che sia rispedito al mittente. Contestualmente, un'accorta regia seguita a diffondere la voce di un presunto “piano B” che sarebbe già stato concepito per far fronte all'eventuale uscita dall'euro che, secondo il leghista Borghi, sarebbe provvidenziale per il paese, “finalmente libero di stampare la propria moneta”. Insomma, tutto lascia credere che, malgrado le flebili rassicurazioni del premier, questo governo covi il proposito di condurre il paese fuori dall'Europa. Non lo dice semplicemente perchè non ne ha il coraggio, né la competenza, né l'autorevolezza.
Editoriale apparso su La Provincia dell'8.10.2018