L'ignobile compravendita di parlamentari in vista della sfiducia al governo (prevista per martedì 14 dicembre) viene giustificata con il richiamo dell'art. 67 della Costituzione che prevede il cosiddetto "divieto di mandato imperativo". Ma non è esattamente così.
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L'ignobile compravendita di parlamentari a cui stiamo assistendo in questi giorni in vista della sfiducia al governo (prevista per martedì 14 dicembre) viene giustificata con il richiamo dell'art. 67 della Costituzione che prevede il cosiddetto "divieto di mandato imperativo" ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"). Come ha scritto oggi Michele Ainis su La Stampa, "se ogni deputato è libero di votare un pò come gli pare, sarà anche libero di accettare incenso e mirra per ogni voto espresso". Nulla da eccepire, pertanto, dal punto di vista costituzionale sul comportamento di tanti parlamentari che disinvoltamente usano cambiare casacca passando dai banchi dell'opposizione a quelli del governo (e viceversa). Lo stesso art. 68, che sancisce l'insindacabilità dei membri del parlamento ("i parlamentari non possono essere perseguiti per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni"), rappresenta un ulteriore argomento a favore della possibilità di cambiare gruppo parlamentare. Va detto, tuttavia, che sia l'art. 67 che l'art. 68 della nostra Costituzione erano stati previsti per garantire ai membri del Parlamento che il loro mandato venisse esercitato in assoluta autonomia senza l'obbligo di dover obbedire a quella che un tempo veniva definita "disciplina di partito". In pratica, una garanzia di libertà intellettuale, di libero esercizio della ragione, di rispetto per i principi di ciascun parlamentare. I fatti di questi giorni hanno fatto strame di tutto questo perchè l'indegno mercimonio della compravendita rappresenta la definitiva condanna di un ceto politico che ha perso il contatto con il paese ed è ripiegato solo su se stesso. La Costituzione, per funzionare, ha bisogno di essere costantemente corroborata dalla correttezza morale delle istituzioni e del costume dei cittadini. In caso contrario, diventa lettera morta. Il cittadino italiano segue le vicende politiche con distacco e, talora, con una punta di fastidio. Ecco, è questo il punto. Come diceva Norberto Bobbio, per far funzionare una democrazia non basta un ordinamento democratico ma occorre che i cittadini siano democratici perchè la democrazia, prima di essere un sistema politico, è soprattutto un modo di essere. E' tutto qui il fallimento della nostra democrazia.