DEDICATO A COLORO CHE FUGGONO NEI LIBRI. Un racconto di Carola Maspes, classe 1979, una laurea in Scienze Politiche e tanto talento giornalistico, come potrete vedere da questo scritto di mirabile eleganza.
-------------------
Giorgio, con tutte e due le mani sul volante, schiacciava il duro pedale dell’acceleratore. Questi erano davvero gli ultimi! si diceva, pensandoli in rassegna a gruppi di tre fin tanto che con l’ultima terna, si credeva sicuro di aver terminato tutti i libri di quell’autore.
Finalmente aveva completato l’indice analitico di tutta la sua libreria, traslocando, cassa dopo cassa, tutta la sua ricchezza.
Ora poteva immaginarli rivivere in un altro spazio. Anch’essi con nuovo slancio. Con rinnovata intimità. Sarebbe stato diverso anche per loro. Un rinnovamento di insieme.
Non li avrebbe più affiancati, si diceva, uno ad uno per autore, lasciando lo scrittore a contemplare solo se stesso. Patriarca delle sue sole opere.
Avrebbe affiancato ogni autore riflettendo intensamente sulla sua personalità, il suo pensiero, la sua scrittura intima. Solo allora avrebbe messo a sedere un autore accanto all’altro.
Un sorriso leggiadro iniziava a pervaderlo, mentre pensava a cosa si sarebbero detti Jean-Claude Izzo e Agatha Christie, davanti al pastice marsigliese di lui.
Lui. L’uomo che vedeva il dramma sociale del colpevole. Che scavava nelle sue radici. Nei torti subiti dai suoi avi. Nelle vergogne portate dai suoi padri. Che vedeva annusando il profumo del mare. Assaporando il sapore del porto. Vivendo tutto con la poesia di un amore sempre fuggito, come un pesce verso il profondo del mare.
E lei. La donna del dettaglio. Dell’indizio abbandonato come la propria colpa. Lei che viveva tutto con l’attenzione del presente. Con la contemplazione del Tutto, senza il pensiero.
Chissà come si sarebbero confrontati? si chiedeva. E mentre una strana gioia iniziava a salirgli dalle caviglie, un pensiero lo bloccò con un sussulto. Kampf ! Hitler! Chi avrebbe potuto? Si chiedeva in uno stato di panico, mettere vicino a Lui. Proprio a LUI.
Chi? Chi può essere un solo uomo capace di tenergli altrettanto testa?
Un uomo con una grande veduta di insieme. Cause. Effetti. E contagi. Stalin, certo!. Ma quel meschino codardo, non ha mai scritto un solo libro. Chi allora?
Forse un uomo che avrebbe preveduto tutto con un altro spirito, certo! Ma che da lui, nel continuo flusso di unione tra bene e male, sarebbe nata una dittatura altrettanto sterminatrice. Tremenda. Diffusa. Capitale! Marx! Sì, certo! si diceva, mentre un’illogica allegria iniziava a pervaderlo diramandosi dalle ginocchia.
Hitler! Marx!, Hitler! Marx!, Marx! Hitler! Rideva a crepapelle, mentre con la fronte si buttava verso il volante, e col pugno destro si colpiva sul torace. Hitler! Marx!, Marx! Hitler! E nel frattanto che le lacrime di un’ilarità quasi psicotica, gli colavano lungo il naso, il semaforo si faceva verde. E poi si faceva rosso.
Verde. Rosso. Rosso! Verde! Verde! Rosso! Hitler! Marx! Marx! Hitler! Gridava ormai tra una risata e l’altra di un’ilarità spasmodica.
Fu solo quando il respiro così affannoso e contratto lo stava abbandonando, che si avvide del contesto intorno a lui. E lui, in quel quadro della bassa Romagna, fermo ad un semaforo senza ombra di alcuno…ridere a crepapelle dal di dentro di una Ritmo bianca.
Che assurdità! Si disse con il primo disteso respiro. Se non fosse un’assurdità…che illogica allegria.