Una giustizia penale a due velocità: da una parte lo Stato mostra il volto duro per i reati “minori”, dall'altra il sistema giudiziario diventa sempre più macchinoso nella persecuzione dei reati economici o dei reati contro la pubblica amministrazione.
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Scrivo queste righe mentre è appena stato approvato l’ennesimo “Decreto Sicurezza” (il terzo nell’arco di due anni, senza contare le ennesime modifiche dell’estate scorsa al codice della strada). Sembra proprio che, nel paese occidentale con il più alto tasso di cultura dell’illegalità (organizzazioni criminali fortemente radicate come mafia, ndrangheta e camorra ed una tendenza a delinquere che non risparmia i vertici del sistema delle imprese – vedi ad es. crac Parmalat, Cirio- né, soprattutto, i vertici dell’autorità politica ed amministrativa, ove è altissimo il livello di corruzione – vedi scandalo Protezione civile) il volto “Law and Order” della classe dirigente del centro-destra si manifesti unicamente tramite leggi “manifesto” che rispondono unicamente alla preoccupazione di rassicurare i cittadini mediante una logica repressiva volta a colpire e reprimere condotte tipiche di categorie sociali più idonee a far da “capro espiatorio”: prostitute di strada (nei giorni del caso “Ruby”…sic!!), giovani “writers”, giovani e meno giovani che si mettono alla guida dopo aver bevuto un paio di bicchieri, accattoni, immigrati etc………..Il tutto tramite una normazione fluviale e disorganica che non solo si rivela del tutto inefficace a reprimere le stesse condotte di “micro-devianza” ma provoca danni allo stesso sistema giudiziario, ormai al collasso. In questa sede non ho certo lo spazio per dilungarmi in una analisi dettagliata che metta in luce l’incoerenza e l’inutilità di molte norme approvate dal Governo Berlusconi. Basti qui fare un esempio per dare l’dea: il parametro di ragguaglio per convertire le pene detentive in pene pecuniare per i reati minori (es. guida in stato di ebbrezza) è stato inasprito oltre ogni limite, cosicchè coloro che incappano in tale tipo di contravvenzioni, non avendo per la gran partesi loro le possibilità economiche, preferiscono “patteggiare” pene detentive (arresto) piuttosto che pagare la pena pecuniaria (con diminuzione significativa di introiti per l’amministrazione giudiziaria).
Per restare nell’alveo della giustizia penale il primo paradosso che si rileva è una giustizia penale a due velocità: mentre da una parte lo Stato mostra il volto duro per i reati “minori”, dall’altra, per salvare il premier dai suoi guai giudiziari non ci si preoccupa di rendere ancor più macchinoso il sistema giudiziario e difficile la persecuzione dei reati economici o contro la pubblica amministrazione: depenalizzazione del falso in bilancio, legge “Cirielli” del 2005 in materia di prescrizione (quanti cittadini sanno che sanno che si sono accorciati i termini di prescrizione per i reati più gravi ed allungati per i reati contravvenzionali?), legge sulle intercettazioni volte a “tagliare le unghie” ai P.M. nella fase di indagini o “processo breve” che altro non è se non una modalità surrettizia di introdurre nuovi termini di prescrizione.
Il punto è che tale approccio inevitabilmente frammentario e preoccupato unicamente di salvare il Signor B. dai suoi guai giudiziari impedisce di discutere e metter mano ad una improcrastinabile riforma organica del sistema, sistema che cumula vizi storici e distorsioni.
Le associazioni degli avvocati penalisti, a cui lo scrivente appartiene, denunciano da tempo l’incoerenza di regole del processo penale che, lungi dal costituire espressione di un giusto processo che si svolge nel contraddittorio delle parti in condizione di parità davanti ad un giudice terzo (processo accusatorio voluto dal legislatore del 1989), si è trasformato in una sorta di interminabile e incoerente gioco dell’oca, elefantiaco ed avvizzito, pieno di formalismi, che consentono tattiche dilatorie ed ostruzionistiche (finalizzate alla prescrizione) che fanno la felicità dei “colletti bianchi” (che si possono permettere collegi difensivi costosi) e l’infelicità degli imputati poveri (che non hanno mezzi).
Il risultato è che le carceri non solo sono piene di detenuti poveri (tossici ed estracomunitari) ma (altra distorsione), di detenuti in attesa di giudizio. Questo secondo effetto distorsivo è dovuto anche al fatto che una Pubblica accusa frustrata dalla difficoltà di arrivare alla sentenza definitiva, spesso ricorre ad una sorta di “condanna preventiva” per incidere comunque sul sociale (abuso di custodia cautelare e sequestri….). Altro paradosso è determinato dal fatto che il P,.M. , sotto lo scudo dell’obbligatorietà dell’azione penale (principio sacrosanto, corollario del principio di eguaglianza davanti alla legge..) spesso esercita la propria funzione senza preoccuparsi di quante possibilità abbia di approdare ad un giudicato finale di condanna (con conseguente ingolfamento della macchina giudiziaria in fase dibattimentale con prescrizione di numerosi processi…).
Non vi è tempo in questa sede di trattare, ancorché per sommi capi, la drammatica situazione della GIUSTIZIA CIVILE, che, nonostante i tentativi (da trent’anni ormai, a memoria di chi scrive!!)di introdurre efficaci riforme del processo civile, ci vede al 156° posto nella classifica mondiale (dopo il Gabon e la Giunea Bissau!!). Una recente ricerca ha accertato che il 34% dei fondi impiegati per la giustizia civile è assorbito da spese inutili. Il quadro è tragico ed è evidente che i danni all’economia sono enormi (quale azienda investirebbe mai in Italia, a fronte dell’impossibilità di ottenere tutele da un sistema siffatto?).
Tutto ciò richiederebbe da una parte un impegno della politica concreto ed efficace, volto ad introdurre ( senza timore di scontrarsi con difese corporative controriformatrici), cambiamenti profondi, organici e coerenti, dall’altra una sinistra che recuperi non solo i temi del contrasto delle disuguaglianze sociali ma anche quello (in tema di processo penale) dei diritti individuali di libertà.
Questi i temi che, a grandi linee, occuperanno nei prossimi mesi la discussione e le iniziative del neonato Forum Provinciale Giustizia.
Ben sapendo che, purtroppo, “mala tempora currunt” ed essere costretti a muoversi tra l’incudine delle “cricche” preoccupate solo di tutelare i propri interessi e i vari “partiti delle procure” (leggi: Di Pietro) non aiuta il P.D. a trovare la propria, autentica, vocazione riformista.
p.s. L'autore di questo articolo esercita la professione di avvocato penalista ed è Presidente dell'Assemblea Provinciale del Pd di Como.