Le strade dell'antica Roma come mirabile esempio urbanistico in grado di coniugare l'aspetto estetico con quello tecnico. Vi proponiamo un piccolo florilegio di curiosità che dimostrano la grandezza della Roma imperiale anche in campi sconosciuti, grandezza di cui ancora oggi siamo tutti debitori.
LE STRADE ROMANE
Storia delle principali arterie di comunicazione dei romani ed evoluzione delle tecniche costruttive più conosciute.
La costruzione di strade, ponti e gallerie per superare gli ostacoli naturali ha reso possibile l’espansione dell’impero romano garantendo la velocità di spostamento delle Legioni in qualsiasi regione conquistata. La realizzazione materiale era affidata, infatti, ai legionari e, una volta costruita la strada, la sua gestione passava all’amministrazione civile.
Senza dubbio la fitta rete stradale che collegava il territorio ha favorito i commerci, i viaggi e le comunicazioni fra le varie province romane.
Le strade romane, dunque, erano progettate in primo luogo per le esigenze militari di un vasto impero, ma erano anche ritenute un potente strumento di civilizzazione, con il quale Roma sostituiva alla barbarie delle popolazioni autoctone la propria civiltà.
Le viae costruite dai romani hanno svolto un ruolo fondamentale nell’organizzazione delle correnti commerciali come mezzo di diffusione capillare del sistema economico, giuridico e culturale di Roma.
Con la via Appia, “il più lungo monumento dell’epoca antica”, iniziò la realizzazione del sistema stradale romano. Costruita nel 312 a.C. sotto la direzione del censore Appio Claudio Cieco, la Regina Viarum, come la definì il poeta Stazio nel I secolo d.C., era quasi interamente rettilinea e univa Roma a Capua (attraversava un percorso di 195 Km che normalmente si copriva in 5 o 6 giorni). Negli anni successivi, poco dopo il 268 a.C., la strada fu progressivamente allungata fino a raggiungere Benevento. Il tracciato, poi, raggiunse Venosa, Taranto e, infine, Brindisi, prima del 191 a.C..
L’Appia fu la prima di una serie di grandi vie che segnarono e sottolinearono l’ espansione e la conquista romana dell’Italia centrale tra la fine del IV ed il III secoloa.C..
Il II secolo a.C., invece, fu il periodo del potenziamento e dello sviluppo a nord e a sud della penisola.
Le strade publicae (oggi potremmo definirle “strade statali”) promosse dai magistrati in carica (censori, consoli, pretori), erano costruite e mantenute a spese dello stato e prendevano il nome del magistrato che ne aveva curato la costruzione: la via Flaminia, che attraversava l’Etruria, l’Umbria fino ad arrivare a Rimini, era considerata la principale arteria del nord Italia e fu costruita dal censore Caio Flaminio tra il 223 e il 219 a.C.
La via Emilia, prolungamento della via Flaminia e cardine per tutto il nord della Penisola, fu costruita dal console M. Emilio Lepidomnel 187 a.C. e collegava Ariminum (Rimini) a Placentia (Piacenza).
La via Aurelia in un primo tempo fu tracciata fino a Cerveteri, poi a Cosa, Luni e, infine, nel 109 a.C., fu prolungata fino a Genova. Prese il nome da Aurelio Cotta (di dubbia identificazione) che diede inizio ai lavori e fu continuata dal console M. Emilio Scauro.
La via Cassia partiva da Roma e si dirigeva verso nord, attraversando l’Etruria. Non sappiamo chi sia il Cassio dal quale la strada prende il nome, ma Festo ci dice che egli s’incaricò di farla lastricare.
La via Clodia (o Claudia) costruita presumibilmente prima del 241 a.C. E’ difficile risalire a quale “Claudio” si debba l’impresa, infatti, le fonti l’attribuiscono a tre diversi Clodi che furono consoli. La strada cominciava poco dopo il Ponte Milvio a Roma e si dirigeva verso il nord.
La via Postumia prende il nome dal console Spurio Postumio Albino e fu costruita nel 148 a.C.
Partiva da Aquileia per arrivare a Genova, attraversando Verona, Cremona, Piacenza e Tortona.
La via Popilia, voluta dal console T. Annio nel 153 a.C., conduceva da Rimini a Padova.
C’erano molte altre vie che si irraggiavano da Roma: la via Salaria il cui nome deriva dalla sua primordiale funzione di trasporto del sale all’interno dell’Appennino; la via Nomentana (per Nomentum), la Laurentina (per Laurentum), l’Ardeatina (per Ardea), la Prenestina (per Palestrina, l’antica Praeneste), la Tiburtina (per Tivoli, l’antica Tibur), la Laurentina (per Laurento). Queste ultime prendevano il nome dal luogo di destinazione. La rete stradale romana in età imperiale venne ulteriormente ampliata; dall’Atlantico al Golfo Persico, le strade romane raggiunsero 120.000 chilometridi lunghezza, attraversando i territori immense, foreste, valichi di montagna e deserti. Una vasta maglia viaria ben organizzata ed efficiente per oltre otto secoli sulla quale hanno viaggiato centinaia di milioni di uomini, di mezzi di trasporto e di merci, che costituisce il maggior vanto della civiltà di Roma antica.
All’interno delle città solo le strade più importanti avevano un nome: di conseguenza era difficilissimo orientarsi e ancor meno reperire indirizzi precisi, dato che non esistevano i numeri civici.
Per indicare le distanze, ogni “milium” cioè mille piedi (1548 metri circa), veniva posto ai bordi della strada una pietra miliare (cippo miliare).
Al centro dell’Urbe, vicino al Foro, Ottaviano fece collocare il Miliarium Aureus, ossia una pietra miliare d’oro con le distanza di tutte le principali città dell’Impero. Inoltre c’era anche una grande mappa dell’Impero detta Forma Imperi collocata accanto a quella di Roma detta Forma Urbis.
La velocità di percorrenza giornaliera delle strade era di 7-8 Km orari in carro, 30 Km giornalieri a piedi ed 80 km giornalieri (al massimo) per i messaggeri imperiali (il “cursus publicus” ossia i corrieri a staffetta per i funzionari di Governo).
Le strade, in epoca imperiale, vennero sviluppate per garantire un efficiente servizio postale e un rapido spostamento di messaggeri e truppe: a intervalli regolari sorgevano stazioni per il cambio dei cavalli (mutationes) e ricoveri per le soste notturne (mansiones).
Già a quei tempi esistevano le guide stradali, infatti, nelle mansiones, dipinte sulle pareti, si trovavano le mappe dell’impero, chiamate itineraria picta, che segnalavano i punti di sosta, le città, le distanze e tutte le strade principali.
Di queste mappe non sono rimaste tracce, ma esiste una copia di epoca medievale di eccezionale importanza chiamata Tabula Peutingeriana, che ci dà un’idea di come fossero strutturate.
Questa mappa, lunga sei metri e alta trenta centimetri, rappresenta tutto il mondo conosciuto allora dai Romani, dalle colonne d’Ercole fino all’estremo Oriente.
LA STRUTTURA DELLA STRADA
Il termine strada deriva dal latino “viae strata” cioè via lastricata.
Ogni strada romana aveva una struttura ben precisa e si sviluppava in modo più o meno rettilineo.
Originariamente le dimensioni della sede stradale erano riportate sulle XII Tavole; la larghezza media andava dai 4 ai 6 metri e poteva avere due marciapiedi laterali di 2 o 3 metri di larghezza.
Lo spessore variava dai 90 ai 120 cm ed era costituito da una massicciata di tre strati di pietre sempre più piccole, legate con malta (ciò per permettere una maggiore resistenza e durata nel tempo), e dal piano stradale lastricato (costituito da uno strato i blocchi di pietra spianati e accostati).
La prima fase della costruzione prevedeva lo scavo di un “letto” nel quale sarebbero stati posati i vari strati di pietre. Lo strato più basso, composto da sassi molto grandi, era detto statumen, quello immediatamente superiore, formato da ciottoli di medie dimensioni, era chiamato rudus, il terzo, formato da ghiaia mista ad argilla era detto nucleus, il quarto, il vero e proprio manto stradale, composto da lastre di pietra grosse e piatte, era chiamato pavimentum.
In presenza di terreni paludosi o fangosi, lo statumen viene sostituito da una palizzata orizzontale in legno poggiata su pali conficcati in profondità nel terreno.
Le strade, inoltre, avevano una certa pendenza verso i lati, in moda da favorire lo scolo delle acque piovane verso le fogne.
Gli ingegneri romani, nonostante i problemi geografici, avevano saputo superare gli ostacoli naturali in modo così brillante che molte strade, autostrade e ferrovie dei nostri giorni ricalcano i percorsi antichi.
Dopo la caduta dell’impero romano la manutenzione delle strade non fu più una priorità: le belle strade selciate o le più semplici inghiaiate furono sommerse da alluvioni. In altri casi i blocchi regolari di pietra che ne formavano la struttura, vennero utilizzati come materiale da costruzione.
Soltanto in età carolingia vennero emanate delle leggi che prevedevano la costante manutenzione dei ponti e delle strade, riconoscendone l’importanza come mezzo di comunicazione e di civiltà.