L'opinione di un penalista sull'introduzione del reato di stalking nel nostro codice penale che ha rafforzato la tutela della persona mediante la tipizzazione normativa delle condotte di carattere persecutorio ed intimidatorio che sembrano rappresentare una nuova patologia sociale sempre più diffusa nel nostro paese.
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Finalmente anche lo stalking (tecnicamente “atto persecutorio”) entra nel codice penale. Il termine è di derivazione anglosassone (nel cui sistema il reato esiste da tempo) ed indica letteralmente l’”inseguire” il “fare la posta”, identificando in particolare, nella psichiatria forense, il comportamento di colui (stalker, o “cacciatore in agguato”) che molesta incessantemente il soggetto preso di mira (vittima) con atti persecutori e/o intimidatori, ossessivamente ripetuti, i quali determinano nella vittima uno stato di allerta e di rilevante preoccupazione, quando non si traducono i una profonda angoscia (con correlativi danni alla sfera esistenziale). E’ un’esperienza comune a molti colleghi, soprattutto a chi si occupa o di diritto penale o di separazioni (il fenomeno è in costante aumento e l’80% delle vittime sono donne) avere a che fare con situazioni in cui la persona assistita dal legale (più raramente l’assistito) rappresenta di essere molestata dall’ex partner (ma a volte da individui sconosciti) tramite telefonate a tutte le ore del giorno e della notte, appostamenti fuori casa o sul luogo di lavoro, pedinamenti etc….. Spesso tale condotta si accompagna alla commissione di altri reati quali l’ingiuria, la minaccia, la violenza privata e, nei casi più gravi, alle lesioni personali, alla violenza sessuale e, addirittura, in casi sporadici, all’omicidio. Prima dell’intervento del legislatore (inizialmente il nuovo reato era contenuto in un disegno di legge apposito votato all’unanimità, poi, inopportunamente, inserito nel testo del Decreto Legge in materia di sicurezza e di stupro) la vittima era pressocchè sprovvista di tutela: ove non si accompagnava a reati gravi non erano consentite misure cautelari, non erano previste misure di pubblica sicurezza che consentissero alle forze dell’ordine di intervenire in via preventiva, non era prevista cioè, in linea generale, una disciplina specifica a tutela delle persone offese ( si pensi che il più delle volte si doveva applicare unicamente il reato di molestie telefoniche – art. 660 c.p. – mera contravvenzione di polizia peraltro oblabile dall’imputato). Ora lo scenario è cambiato: il nuovo reato di atti persecutori è inserito giustamente nel titolo del codice penale relativo ai reati contro la persona, è punito da sei mesi a quattro anni di reclusione (così da consentire l’applicazione di misure cautelari e l’arresto facoltativo in flagranza di reato ), è prevista una misura cautelare specifica (divieto ai avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), sono previste misure di sostegno per le vittime di atti persecutori ma, soprattutto, è previsto l’ammonimento del questore, istituto quanto mai prezioso perché può consentire di prevenire fatti più gravi. Segnalo alcuni limiti del testo legislativo: le intercettazioni telefoniche (inizialmente previste dal disegno di legge) non sono consentite, non è previsto (come per il reato di violenza sessuale) il gratuito patrocinio ed, infine, la nuova fattispecie penale si espone a rilievi di indeterminatezza che dovrà verosimilmente essere colmata dalla giurisprudenza (non si può escludere che nel corso delle prime applicazioni vi saranno accese schermaglie processuali ed eccezioni di incostituzionalità). In ogni caso: indietro non si torna. Infine un consiglio per capire cosa significa lo stalking: andate a vedere (o affittate il DVD) “ Un giorno perfetto” di Ferzan Ozpetec