Giornalisti, politici, personaggi dello spettacolo, hanno energicamente disapprovato la scelta del Sindaco di Roma che, è giusto rammentare, era la stessa fatta dal governo Monti nel 2012. In quell'occasione, l'intero establishment accolse con favore la fermezza del premier che, si disse, dimostrava ai partner europei realismo e concretezza. Di contro, oggi abbiamo assistito ad una volgare gragnuola di invettive contro Virginia Raggi la cui acredine non poteva non indurre al sospetto. E' innegabile che, come in passato, esiste una parte del paese che non perde il vizio di invocare l'intervento dello Stato se risulta possibile socializzarne i costi e privatizzarne gli utili.
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Il “no” alle Olimpiadi espresso dal Sindaco di Roma ha suscitato un vespaio di polemiche su cui sarebbe utile riflettere per capire le incoerenze di un paese che, anche per tali ragioni, all'estero viene spesso giudicato con sprezzante ilarità. Occorre ammettere che il dibattito sulle Olimpiadi ha confermato i limiti di una classe dirigente che, in base alle convenienze, continua a vedere nello Stato un avversario da neutralizzare o una cornucopia da spolpare (salvo poi lamentarne sprechi e inefficienze). La verità è che, a distanza di soli quattro anni, abbiamo assistito ad una sfilata di voltagabbana senza precedenti. Giornalisti, politici, personaggi dello spettacolo, hanno energicamente disapprovato la scelta del Sindaco di Roma che, è giusto rammentare, era la stessa fatta dal governo Monti nel 2012. In quell'occasione, l'intero establishment accolse con favore la fermezza del premier che, si disse, dimostrava ai partner europei realismo e concretezza. Di contro, oggi abbiamo assistito ad una volgare gragnuola di invettive contro Virginia Raggi la cui acredine non poteva non indurre al sospetto. E' innegabile che, come in passato, esiste una parte del paese che non perde il vizio di invocare l'intervento dello Stato se risulta possibile socializzarne i costi e privatizzarne gli utili. Inutile nasconderlo, esiste storicamente una parte dell'imprenditoria italiana che, anzichè “fare impresa”, è sempre avvezza a coltivare solerti rapporti con la politica che poi si traducono in favori, appalti e concessioni. Lo spettacolo inverecondo a cui abbiamo assistito in questi giorni dovrebbe offrire lo spunto per una riflessione sulla cronica mancanza di senso dello stato che alligna in alcuni settori del paese: parliamo di settori importanti, di grande prestigio, dai quali sarebbe lecito attendersi un'attenzione particolare per l'interesse generale. La stampa straniera ha, dunque, ragione a chiedersi come sia possibile che l'Italia, alle prese con un debito pubblico abnorme che continua ad impoverire il cittadino, possa mai solo accarezzare l'idea di imbattersi in un'avventura così dissennatamente onerosa per le casse dello Stato. Da questa vicenda, chi ne esce con le ossa rotte non è Virginia Raggi, la quale potrebbe perfino riaccreditarsi davanti ai suoi elettori dopo le figuracce degli ultimi mesi. Chi ne esce malconcia è la nostra borghesia la quale ha perso l'occasione di dimostrare all'Europa che siamo diventati un paese maturo che sa rifuggire dalle tentazioni populiste dei giochi olimpici che, come avvenuto in altri paesi (Grecia e Brasile, ad esempio), hanno messo in ginocchio le pubbliche finanze consentendo ai privati di realizzare enormi profitti. Come disse Pietro Mennea nel 2012, in occasione del suo perentorio “no” alle Olimpiadi del 2020, il nostro paese non può reggere il costo dei giochi olimpici a causa delle gravi difficoltà in cui, ancora oggi, continua a versare. Un paese davvero maturo dovrebbe saper riconoscere le giuste priorità a cui deve obbedire lo Stato. Si può far rinascere una città o una nazione in mille modi ma dobbiamo smetterla col “panem et circenses”. Se vogliamo diventare un paese serio, dobbiamo smetterla, una volta per tutte, di ingannare il cittadino.