E' il suggerimento migliore da dare ai nostri giovani per poter imparare dagli altri stati la concretezza, l'etica pubblica e l'amore per il proprio paese. E disimparare ad usare solo parole, parole, parole..
Parole, parole, parole. Siamo diventati davvero un paese verboso e logorroico benchè vada di moda la “cultura del fare” che serve solo ad occultare il primato abbacinante delle parole. Pensiamo ai termini più in voga nel nostro linguaggio: meritocrazia, per esempio. Dal giornalismo, al mondo dello spettacolo, all’Università, non si contano i casi di illustri mediocri che vantano un ruolo il cui prestigio è superiore ai meriti. Per tacere della politica. Grazie alla legge elettorale, il seggio parlamentare viene assicurato ai più “meritevoli” che si sono distinti per la devota obbedienza ai potenti “capataz” di partito. Bell’esempio per i giovani, ma diciamo pure per l'intero paese. Non a caso, attecchisce sempre più la malapianta del servilismo: ovunque, dalle aziende al pubblico impiego, impazzano le promozioni degli “yesman”, miseranda genia di furbastri che si preoccupa di capire non dove sta la ragione ma a chi conviene darla. Vogliamo dare un consiglio ai giovani: scappate da questo paese che è ormai diventato un paese per vecchi. Non date retta a chi dice che sia diserzione fuggire via: è diserzione non farvi più ritorno. Formarsi all’estero, farsi una bella rinfrescata di valori collettivi e scoprire cos’è l’etica pubblica non può che giovare ai nostri giovani i quali, tuttavia, dovranno sentirsi in obbligo di tornare per migliorare il nostro malandato paese. I veri disertori sono altri, sono quelli che hanno un prezzo, quelli che abdicano agli ideali, quelli che sono sempre pronti a soccorrere il vincitore. A volte, più che un popolo, sembriamo un gregge che ha sempre bisogno di un pastore. Oggi si dice “leader”. Ci piace avere un padrone e servirlo, pessimo esempio per i giovani: da padri inetti nascono solo giovani imbelli.
Parole, parole, parole. Come la lotta all’evasione fiscale. Nel libro “La casta” Gian Antonio Stella ci ha rivelato che tanti parlamentari hanno i collaboratori (i c.d. “portaborse”) pagati “in nero”. La Corte dei conti ha denunciato che in Italia esiste una tassa occulta di 170 miliardi di euro dovuta all'evasione fiscale e alla corruzione. A proposito di corruzione. Secondo l'ultimo rapporto di “Transparency international”, nella classifica dei paesi meno corrotti l'Italia figura al 63° posto, dopo Cuba e Turchia, alla pari con l'Arabia Saudita. Decisamente, niente male.
Altra manfrina, la riforma della scuola. La scuola italiana è l’unico luogo sociale dove genitori e figli possono raccontarsi le medesime cose. Ogni professore somiglia a quello delle generazioni precedenti, stessi programmi, stesse interrogazioni, stesso stipendio da fame. Perfino gli alunni hanno la stessa noia di chi li ha preceduti sugli stessi banchi. La scuola italiana è un capolavoro di archeologia che tutti vogliono conservare perché nessuno ha un'idea sparata da dove cominciare. Idem per la ricerca. Tutto il mondo ci deride perché siamo il paese con il più alto numero di cellulari che però non è mai stato capace di costruirsene uno da solo. Non si investe sulla ricerca ma si dispensano denari a manager, dirigenti e amministratori delegati. Oggi un parlamentare guadagna 15 volte di più di un ricercatore, un manager come Marchionne guadagna, al lordo delle sue stock options, 40 milioni di euro rispetto ai 40 mila euro (lordi) dei ragazzi di cui si compone l’equipe di ricercatori della Fiat. In passato un manager aveva uno stipendio nove-dieci volte superiore a quello di un operaio. Oggi il rapporto è di 1 a 150. Non ditelo in giro perchè non vogliono che si sappia. Intanto i tedeschi dicono che Fiat significa “fehler in aller teilen”, cioè difetto in ogni pezzo, e gli inglesi ci irridono dicendo che Alitalia è l’acronimo di “always late in take-off, always late in arrival”: cioè, sempre in ritardo al decollo, sempre in ritardo all'arrivo.
In questi anni, forse abbiamo commesso l’errore di dare per scontate tante cose. Per esempio, chi l'ha detto che ci piace la democrazia? Ci piace a parole, come ogni cosa. Come la meritocrazia, la lotta all'evasione, la riforma della scuola, la “cultura del fare”. Come sempre, parole, parole, parole.