Una delle caratteristiche dell'economia italiana resta la presenza di una classe imprenditoriale di assoluta eccellenza che ha saputo imporsi nei mercati mondiali malgrado i nodi strutturali del paese (burocrazia, giustizia, fisco). L'Italia vanta tuttora un prestigio indiscusso in molti comparti che gli stranieri non smettono di apprezzare. Eppure, malgrado la vitalità dell'imprenditoria italiana, risulta innegabile che il paese non riesce ancora a fare a meno di quella che l'Istat suole definire “economia non osservata” che si compone di economia sommersa e di attività illegali.
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Come era prevedibile, dopo i fuochi fatui delle ultime settimane, non ci sarà alcuna crisi di governo. Piaccia o no, oggi non esistono alternative a questo governo per cui è lecito attendersi che Salvini e Di Maio seguiteranno a stare insieme sbertucciandosi ogni tanto per compiacere i propri elettori. Malgrado, in questi giorni, la stampa abbia monitorato le fibrillazioni del governo, una larga parte dell'opinione pubblica non ha mai mostrato di dare particolare peso alle polemiche dei due leader. Questo dettaglio dimostra che la parte produttiva del paese conserva una propria inerzia che la politica non è in grado di scalfire. Come in passato, il nostro sistema produttivo continua ad essere una variabile indipendente che resta impermeabile sia all'instabilità politica che ad ogni altro condizionamento esterno. Si tratta di una peculiarità tutta italiana già esaminata, oltre trent'anni fa, dal professor Joseph La Palombara, della Yale University, che analizzò, non senza stupore, questa sorta di “omeostasi” del nostro sistema produttivo il quale, malgrado la costante precarietà del quadro politico, aveva consentito al paese uno sviluppo senza eguali. Da quello studio nacque un libro, divenuto celebre negli ambienti accademici (Democrazia italiana, 1988), che non ha mai perso smalto e sembra essere stato scritto nei nostri giorni. Chi rimpiange la Prima Repubblica farebbe bene a ricordare che, fino al 1993, la durata media dei governi italiani era di soli undici mesi e che, per decenni, abbiamo vissuto con governi senza alternative a causa della collocazione internazionale del Pci. Pertanto, quanto sta avvenendo oggi, altro non è che la riedizione di un passato che non muore mai, di un “eterno ritorno” che si ripropone sotto le mentite spoglie di una comunicazione soltanto diversa. Basterebbe esaminare alcuni dati per renderci conto che, come in passato, la nostra economia è in grado di marciare da sola, del tutto incurante della politica che, non andrebbe dimenticato, una parte della nazione vede con lo stesso fastidio dei cavalli con i tafani. A parte l'irrisolta dicotomia nord-sud, una delle caratteristiche dell'economia italiana resta la presenza di una classe imprenditoriale di assoluta eccellenza che ha saputo imporsi nei mercati mondiali malgrado i nodi strutturali del paese (burocrazia, giustizia, fisco). L'Italia vanta tuttora un prestigio indiscusso in molti comparti che gli stranieri dimostrano di apprezzare per “quella maniera italiana” che, in una recente intervista, il ministro dell'Istruzione della Germania, Anja Karliczek, non ha mancato di sottolineare. Eppure, malgrado la vitalità dell'imprenditoria italiana, risulta innegabile che il paese non riesce ancora a fare a meno di quella che l'Istat suole definire “economia non osservata” che si compone di economia sommersa e di attività illegali. Lasciamo da parte la prima e limitiamoci alle attività illegali. Si tratta di attività che, in Italia, sono passate da un volume d'affari di 18,4 miliardi di euro nel 2013 a 19,9 miliardi di euro nel 2016: di questi, ben 15,3 miliardi riguardano il traffico di droga. Come racconta Saviano, la compravendita di coca gestita dalle mafie ammonta a circa 600 tonnellate all'anno. Le mafie acquistano la coca a 2.400 euro al chilo e la rivendono a 60 euro al grammo guadagnando 60.000 euro. Pertanto, a fronte di una spesa iniziale di Eu 2.400, mafia, camorra e 'ndrangheta hanno un utile di EU 57.600 per ogni chilo di coca. Come tutti sappiamo, quel denaro è destinato ad irrorare il sistema economico per cui, come accade in ogni altro Stato, anche in Italia l'economia illecita contribuisce a creare ricchezza finendo per diventare funzionale. Il compito della politica dovrebbe essere quello di bonificare l'economia ed eliminare tutte le incrostazioni che ne minano le potenzialità. Ma, in tutto questo, la politica resta, da sempre, inadempiente. Ecco perché ogni imprenditore guarda infastidito ai capricci della politica. Come dargli torto?
Editoriale apparso su La Provincia del 22 Luglio 2019