L'impoverimento di massa degli ultimi anni é stato il detonatore che ha messo definitivamente in crisi la democrazia facendo riaffiorare, in modo dirompente, quei sentimenti che credevamo sopiti. Da qualche anno stiamo assistendo, in Europa e nel mondo, alla nascita di forti pulsioni autoritarie che trovano nelle disuguaglianze del pianeta il lievito della loro diffusione. Si voglia chiamare fascismo o altro, l'Occidente dovrà imparare a combattere questa forma di autoritarismo plebiscitario comprendendone le cause, al più presto, perchè non c'é peggior dittatura di una finta democrazia.
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Alla vigilia delle elezioni europee, parte della stampa e dell'opinione pubblica continua ad interrogarsi sul rischio che il dilagare dei movimenti xenofobi e populisti possa preludere, in Italia e in Europa, al “ritorno” del fascismo. In verità, questo interrogativo risulta viziato da una falsa premessa dato che postula la visione di una società italiana pacificamente permeata di valori democratici. Partiamo da un celebre assunto di Norberto Bobbio il quale non perdeva occasione per rammentare, anche nelle sue conversazioni private, che “prima di essere un sistema politico, la democrazia é un modo di essere”. Ecco, questo é il vero punctum dolens da cui sarebbe utile partire per capire se é legittimo evocare il fantasma del fascismo o se, di contro, sarebbe giusto ammettere che la nostra società non ha mai completamente interiorizzato e fatto propri i valori della democrazia liberale. Il 25 aprile 1995 Umberto Eco pronunciò un discorso alla Columbia University che, un paio di mesi dopo, apparve sulla rivista “The New York Review of Books” con il titolo “Ur-Fascism”, tradotto in italiano come “fascismo eterno”. Eco concluse il suo intervento con queste parole: “L'Ur-Fascism é ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili, e può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti”. La citazione di Bobbio e di Eco serve a capire che il vero tema da dibattere verte sulle responsabilità delle nostre classi dirigenti le quali, limitandosi a intendere la democrazia come mero sistema di governo, ne hanno colpevolmente compresso la dimensione culturale, sociale ed economica. Infatti, libere elezioni e multipartitismo costituiscono un prius, una condizione necessaria ma non sufficiente che consente alla democrazia di dispiegare tutti quei valori che la rendono costitutivamente diversa dall'autocrazia. Per decenni ci siamo baloccati nell'illusione di essere un paese democratico solo perchè potevamo disporre del diritto di voto. In realtà, la cifra della nostra democrazia non può dipendere solo da questa prerogativa, peraltro storicamente inficiata da rilevanti condizionamenti di mafie, di potentati economici, di un'informazione spesso servile e faziosa. Se nell'accezione politica la nostra democrazia é apparsa lacunosa, in ogni altra sua dimensione la democrazia italiana é sempre risultata deficitaria. Le classi dominanti del paese hanno sempre fatto fatica ad accettare l'idea di realizzare una democrazia composta da cittadini autenticamente liberi e uguali. Per vari decenni, lo Stato sociale ha consentito alle classi subalterne di assurgere al rango di classe media e, conseguentemente, di attingere un dignitoso livello di istruzione e di benessere. In quest'ottica, lo Stato sociale ha svolto un importante compito redistributivo della ricchezza nazionale di cui, probabilmente, abbiamo sopravvalutato gli effetti sul piano della “conversione” del cittadino ai valori della democrazia. Piaccia o no, oggi ci tocca ammettere che il cosiddetto “ascensore sociale” non é stato sufficiente per condurre la nostra società ad un definitivo approdo democratico. Come un fiume carsico, il “fascismo eterno” ha continuato a circolare nelle vene di una parte importante della nazione manifestandosi solo di rado, in modo innocuo, talora perfino giocoso, depotenziando, in tal modo, la precisa cognizione della sua esistenza. L'impoverimento di massa degli ultimi anni é stato il detonatore che ha messo definitivamente in crisi la democrazia facendo riaffiorare, in modo dirompente, quei sentimenti che credevamo sopiti. Da qualche anno stiamo assistendo, in Europa e nel mondo, alla nascita di forti pulsioni autoritarie che trovano nelle disuguaglianze del pianeta il lievito della loro diffusione. Si voglia chiamare fascismo o altro, l'Occidente dovrà imparare a combattere questa forma di autoritarismo plebiscitario comprendendone le cause, al più presto, perchè non c'é peggior dittatura di una finta democrazia.
Editoriale apparso su La Provincia del 15 aprile 2019