Saccheggiare i centri commerciali, chiudere gli esercizi pubblici alla sera, azzerare la normalità anche nelle zone più lontane da quelle toccate dal virus, non ha fatto altro che disvelare la profonda fragilità di un paese che ha paura di tutto ma, soprattutto, ha paura di se stesso. Siamo un paese profondamente spaventato ma, soprattutto, diviso. Probabilmente le due cose sono strettamente connesse: siamo spaventati proprio perché divisi. Dopo anni in cui il Nord era solito baccagliare contro il Sud, ora vediamo il Sud berciare contro il Nord: quanta miseria morale in questa contrapposizione di cui tutti dovremmo vergognarci: tutti.
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La domanda, in sé banale e brutale, è la seguente: dopo avere terrorizzato gli italiani, possiamo pretendere che i paesi stranieri non abbiano ora terrore degli italiani? Come dire: noi abbiamo avuto paura di noi stessi e ora pretendiamo che gli altri non abbiano paura di noi. Siamo semplicemente ridicoli: come diceva ser Francesco Guicciardini, “il popolo è un animale pazzo”. Tutto il paese ha dato prova di una pochezza di cui tutti faremmo bene a vergognarci: tutti. La classe politica ha dimostrato di essere palesemente inadeguata, periclitante, ondivaga: sapevamo da tempo che il nostro ceto politico, sempre obnubilato dai calcoli elettorali, fosse fazioso e refrattario alla coerenza. Ma stavolta ha dimostrato una così miserevole caratura da costringere il mondo intero a prendere atto del nostro ridicolo masochismo. La diatriba Conte-Salvini, tanto quanto le polemiche tra Governo e Regioni, hanno dato l'esatta rappresentazione del reale valore, politico-morale-intellettuale, di tanti esponenti della nostra politica di cui l'opinione pubblica tende a sopravvalutarne le capacità. Il titolo di venerdì 28 febbraio del nostro giornale (“Ora la politica taccia”) sintetizza perfettamente lo stato d'animo dei nostri imprenditori che, va detto, troppe volte hanno dimostrato immeritata fedeltà e, finanche, servilismo nei confronti di tanti nostri politici che da tempo hanno perso il polso del paese. La nostra classe imprenditoriale dovrebbe riconoscere che lo spettacolo inverecondo di questi giorni non nasce all'improvviso: un paese educato alla paura, basta poco per farlo scivolare nel panico. Saccheggiare i centri commerciali, chiudere gli esercizi pubblici alla sera, azzerare la normalità anche nelle zone più lontane da quelle toccate dal virus, non ha fatto altro che disvelare la profonda fragilità di un paese che ha paura di tutto ma, soprattutto, ha paura di se stesso. Siamo un paese profondamente spaventato ma, soprattutto, diviso. Probabilmente le due cose sono strettamente connesse: siamo spaventati proprio perché divisi. Dopo anni in cui il Nord era solito baccagliare contro il Sud, ora vediamo il Sud berciare contro il Nord: quanta miseria morale in questa contrapposizione di cui tutti, ancora una volta, dovremmo vergognarci. Perfino la comunità scientifica non è stata in grado di dare una risposta, univoca e rasserenante, alle domande del cittadino impaurito. Abbiamo assistito alle quotidiane esternazioni del prof. Burioni di cui ci ha spaventato l'inusitata iattanza. Stampa e Tv si sono lanciate in uno spasmodico inseguimento di medici, virologi, scienziati che hanno detto tutto e il contrario di tutto. Anche queste divergenze hanno contribuito a terrorizzare il cittadino al quale ora si vorrebbe far credere che gli allarmismi erano esagerati, che la situazione si sta normalizzando, che si può tornare al lavoro e che tutti siamo fuori pericolo. Dopo una settimana di indegna gazzarra, ora appare giunto il momento del ravvedimento. Non sarà facile riconquistare la fiducia del cittadino perché chiunque è in grado di capire che questa improvvisa resipiscenza nasce dalla necessità di salvare l'economia del paese. Ci voleva tanto a capire che, terrorizzando gli italiani, avremmo spaventato il mondo intero costringendolo ad avere paura di noi? Quando tutto sarà passato, qualcuno dovrebbe pur rispondere dei danni provocati al paese con le assurde, dissennate polemiche di questi giorni. Ma, siatene certi, non accadrà nulla di tutto questo e ci toccherà rivedere le stesse facce recitare la solita, stucchevole farsa, questa volta con espressione composta e contrita, “istituzionale”. Dopo aver devastato la serena quotidianità di ogni cittadino, ora occorre raccoglierne i cocci cercando di rilanciare l'immagine internazionale di un paese stremato che potrà avvenire soltanto coinvolgendo tutte le nostre eccellenze della cultura, dell'arte, dello sport, dello spettacolo, trasformandole in veri ambasciatori di una nazione che, mai come ora, ha urgente bisogno di chiamare a raccolta i suoi uomini migliori. Per questo motivo, è giunta l'ora che la politica si faccia da parte e, per una volta, abbia il buon gusto di tacere.