Le contraddizioni della democrazia: si può governare alimentando le speranze dei cittadini ma si può anche governare giocando sulle loro paure. Il Cavaliere lo ha fatto in entrambi i modi.
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Il problema sicurezza è tra i primi punti dell’agenda politica del governo guidato dall’onorevole Silvio Berlusconi, governo che può contare su una solida maggioranza in entrambi i rami del parlamento della Repubblica. Per chi “mastica” di politica non può certo sfuggire la differenza tra il Berlusconi 1° ed il Berlusconi 4° cioè tra l’esecutivo presieduto dal cavaliere nel 1994, figlio della speranza e quest’ultimo, figlio invece della paura, che attanaglia non solo noi italiani. Speranza e paura appunto, due facce della stessa medaglia due facce della democrazia, anzi delle democrazie mondiali, ognuna con le proprie peculiarità, particolarità e difficoltà. La paura della guerra, ricordiamo il 1938 non solo per il varo delle leggi razziali, ma anche per la Conferenza di Monaco dove le democrazie o le plutocrazie di mussoliniana memoria cedettero su tutta la linea dinanzi alle minacce della Germania nazista. Allora mi chiedo e vi chiedo: nel caso fossero state prese delle decisioni diverse (che probabimente avrebbero cambiato il corso della storia) parleremmo di mutuazione dai regime autoritari o totalitari? E ancora, la paura del comunismo che ha reso lecito nel nostro Paese e non solo situazioni e comportamenti che definire “discutibili”sarebbe non semplicistico, non riduttivo ma quantomeno irrispettoso per coloro che in nome dell’anticomunismo hanno perso la vita, in molti casi colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma mi chiedo e vi chiedo: senza tali azioni siamo così sicuri che l’Italia a cavallo tra il XX ed il XXI secolo non avrebbe allungato la lunga schiera di Paesi legati e strozzati dall’Impero Sovietico? Ed infine le paure più recenti nei confronti dell’Islam e dello straniero, reso e resosi agli occhi dei più sporco brutto e cattivo. Le risposte adottate (guerra preventiva, impronte digitali per citare solo le più recenti) possono essere condivisibili o meno, ma non credo sia giusto entrare ora nel merito, perché correrei anzi, correremmo tutti quanti, il rischio di esprimere un giudizio figlio dell’emotività e non della razionalità. La speranza che abbraccia un popolo, i popoli in concomitanza con la fine di un conflitto bellico o con la conclusione di una grave crisi politica, economico/sociale, umanitaria apre le porte ad una nuova fase ad una nuova avventura ad un nuovo progetto (porto come esempio l’Unione Europea). Gli anni a seguire, la storia lo testimonia, saranno senza dubbio difficili ma quella gioia di vivere che riempie i cuori e guida il cammino degli uomini lo renderà meno impervio e faticoso. A patto che, la democrazia sia in grado, indipendentemente dalla fase storica del momento (paura o speranza), di indicare la via e la meta da raggiungere, di dare risposte!! perché solo con una “politica del fare” sarà in grado non solo di autoconservarsi ma di migliorarsi.