Sarebbe utile rammentare che fu il governo Berlusconi, nel 2003, ad accettare la regola secondo cui sarebbe spettato agli Stati di primo approdo la competenza sulla domanda di asilo dei profughi. Non solo. Fu lo stesso Berlusconi a volere, nel 2002, la sanatoria di 700 mila clandestini e, nel 2009, la sanatoria di altri 200 mila. Si tratta di fatti incontrovertibili per confutare i quali risulta grottesca e artificiosa la distinzione tra profughi (che andrebbero accettati) e immigrati clandestini (che andrebbero respinti). Matteo Salvini finge di ignorare tutti questi precedenti che inchiodano il suo partito alla grave responsabilità di non aver saputo dare una risposta, tanto quanto i governi di sinistra, all'emergenza umanitaria di questi anni.
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Sono bastate poche settimane per rendersi conto che Matteo Salvini rappresenta l'indiscutibile “dominus” di un governo che vede i 5 Stelle in una chiara posizione di subalternità che risultava già prevedibile all'esordio, per svariate ragioni, solo in parte riconducibili alla pochezza di Di Maio. Il governo gialloverde é, a tutti gli effetti, un governo prevalentemente verde con qualche schizzo di giallo, del tutto marginale ed irrilevante. L'esperienza di governo ha fatto emergere tutti i limiti del Movimento 5 Stelle che cerca tuttora di supplire all'assenza di cultura politica utilizzando il solito, scontatissimo, argomento dei partiti “pigliatutto”: destra e sinistra sono due categorie che appartengono al passato. Si tratta di un trucco ideologico che abbiamo visto tante volte in passato e che, ciclicamente, fa capolino nei cieli della politica italiana: evidentemente, la scarsa memoria storica degli elettori ne rende possibile la periodica riesumazione. L'egemonia leghista nasce prevalentemente da questo deficit culturale dei 5 Stelle che, non andrebbe mai dimenticato, é nato come un movimento che ha fatto dell'onestà la propria orgogliosa bandiera. L'esplosione elettorale di cinque anni fa avrebbe dovuto indurre i fondatori a prendere atto delle implicazioni dell'ingresso in parlamento. Dopo una prima legislatura di “studio”, che é servita per uscire dal bozzolo movimentista, sarebbe stato opportuno portare a compimento la metamorfosi partitica attraverso la modifica dei metodi di selezione del ceto politico. Occorre ammettere che il sistema “Rousseau” rappresenta una trovata geniale che ha consentito al movimento di crescere con una rapidità impressionante. Parimenti, oggi é giusto riconoscere che quel sistema si rivela gravemente lacunoso, permeabile, esposto a facili infiltrazioni di magliari e di lestofanti, come dimostrano le vicende di questi giorni. La colpa più grande di Di Maio é quella di non aver capito che, come già successo a Roma, un'esperienza di governo prematura potrebbe risultare esiziale. Su questi limiti strutturali dei 5 Stelle, Matteo Salvini continua a costruire l'ascesa delle Lega che, nei sondaggi, continua a macinare consensi anche grazie ad un'agenda politica che gli consente di perpetuare la duplice veste di “partito di lotta e di governo”, cara ad Umberto Bossi. La battaglia contro l' “invasione” degli immigrati rappresenta il cavallo di battaglia della Lega che può essere portata avanti anche stando al governo visto che, a differenza del reddito di cittadinanza, non comporta alcun costo. Salvini ha avuto la capacità di convincere una larga parte dell'elettorato italiano che sia giunto il momento di “alzare la voce” con i nostri partner europei. Anche su questo, l'opinione pubblica italiana dimostra di avere scarsa memoria. Sarebbe, pertanto, utile rammentare che fu il governo Berlusconi, nel 2003, ad accettare la regola secondo cui sarebbe spettato agli Stati di primo approdo la competenza sulla domanda di asilo dei profughi. Non solo. Fu lo stesso Berlusconi a volere, nel 2002, la sanatoria di 700 mila clandestini e, nel 2009, la sanatoria di altri 200 mila. Si tratta di fatti incontrovertibili per confutare i quali risulta grottesca e artificiosa la distinzione tra profughi (che andrebbero accettati) e immigrati clandestini (che andrebbero respinti). Matteo Salvini finge di ignorare tutti questi precedenti che inchiodano il suo partito alla grave responsabilità di non aver saputo dare una risposta, tanto quanto i governi di sinistra, all'emergenza umanitaria di questi anni. L'abilità di Matteo Salvini é proprio questa: far credere che la “sua” Lega sia diversa da quella che lo ha preceduto e, soprattutto, usare lo scranno ministeriale per cementare l'identità culturale di questa nuova Lega che non esita a proclamarsi nazionale, sovranista e fieramente anti-europea: cioè, una forza chiaramente e dichiaratamente di destra. Se vogliamo, é una vera e propria lezione ai 5 Stelle che seguitano ad utilizzare il trucco ideologico della fine delle ideologie per ritenersi liberi di dire tutto e il contrario di tutto. Da questo vuoto culturale nasce la subalternità di Di Maio a Salvini, agnello e lupo di un governo indecifrabile che giudicheremo per i fatti che produrrà, al di là dei proclami sulfurei di queste settimane.
Editoriale apparso in data 18.06.2018 su La Provincia.