Dopo un anno e mezzo dal suo arrivo in Italia, Mourinho non ha ancora dimostrato di essere davvero Special One. Personaggio dal temperamento forte e pirotecnico, ha dimostrato di essere più bravo in conferenza-stampa che sul campo.
C’è una maledizione che si è abbattuta sulla storia dell’Inter e, tra interisti, possiamo dirlo: nel Dna nerazzurro non è contemplata l’estetica. Facciamo una piccola riflessione sulla biografia tattica di tutti gli allenatori che hanno costellato la storia dell’Inter, dai tempi di Herrera a oggi. Più o meno, tutti assertori del contropiede, cioè del vecchio gioco all’italiana: Bersellini, Marchesi, Trapattoni, Cuper, giusto per ricordarne alcuni. In più, spesso alle prese con squadre composte da brocchi inverecondi che ci hanno fatto schiattare dall’invidia nell’ammirare il Milan di Liedholm e di Sacchi. Prima di Calciopoli si diceva che il popolo interista fosse malato di sconfittismo: la cronica incapacità di vincere si era trasformata in fatale rassegnazione alla sconfitta. Il momento più bello della stagione, per un interista, era quello della campagna acquisti. Poi, puntualmente, i sogni estivi si dileguavano e il disappunto induceva a consolarsi con i rovesci all’estero della Juventus. Dagli anni ’70 in poi il popolo nerazzurro era costituito da intere falangi di gufi dagli occhi biliosi che aspettavano frementi la moviola per baccagliare astiosi contro la Vecchia Signora (la Goeuba). Serpeggiava tra gli interisti la convinzione che nella dirigenza juventina ci fosse qualche tardo-templare in grado di ordire un complotto universale, una sorta di congiura degli dei contro la squadra nerazzurra. Per la tifoseria interista Calciopoli rappresentò, dunque, l’inopinata catarsi, la vittoria dei giusti, il definitivo trionfo del Bene sul Male. In quest’ottica, l’efebico Mancini rappresentava la svolta della purezza. Dopo anni di scoppole inenarrabili, la squadra nerazzurra tornava a gustare il sapore soave e carezzevole della vittoria. Per una sorta di nemesi, abbiamo assistito alla graduale metamorfosi del tifoso juventino che ha cominciato ad assumere le antiche fattezze degli interisti: cioè, sempre lagnoso e arrabbiato. Vedere vincere l’Inter con i gol di Ibra faceva uscire dai gangheri qualunque juventino. Ma il tifoso interista è ipocondriaco per vocazione e per questo, malgrado gli scudetti, il suo umore veniva funestato dai successi internazionali dei cugini milanisti. Ecco, allora, che l’ambiente nerazzurro ha iniziato a vagheggiare la Champions. Già, la Champions League, ovvero, la mitica Coppa dei Campioni: un sogno proibito, un feticcio, un simbolo mistico nell’immaginario dei tifosi interisti, molti dei quali quarantenni, non l’hanno mai neppure sfiorata. Sarti, Burgnich, Facchetti sembra una poesia delle elementari che appartiene ad un universo metafisico, fuori dal tempo e dallo spazio, una sorta di narrazione mitologica. Per questo, la Champions, da feticcio, è diventata una maledizione. Questo è l’humus da cui trae origine l’idea del Presidente di ingaggiare Josè Mourinho, detto Special One. Doveva essere l’uomo della svolta. Personaggio certamente originale, sempre tronfio, sentenzioso, pirotecnico e declamatorio. In conferenza-stampa i giornalisti sono sempre in fremente attesa del solito fendente indirizzato a chiunque: Beretta, Ancelotti, Ranieri, Balotelli, Mazzola e chiunque altro osi metterne in dubbio la competenza. Purtroppo, bisogna ammettere che, dopo un anno e mezzo dal suo arrivo in Italia, siamo ripiombati negli inferi del calcio kafkiano. Ci eravamo illusi di aver ingaggiato il tecnico che ci avrebbe guarito dal germe di quel calcio nauseabondo e invece, rieccoci qui a sbietolare come se fosse diventato insignificante perfino vincere. Ammettiamolo, siamo vincenti ma delusi. Sognavamo di avere un allenatore in grado di rompere l’ossimoro nerazzurro del vincere divertendo. E invece ci ritroviamo ad essere sempre uguali a noi stessi: noiosi, brutti e sgraziati. In più, siamo diventati tremendamente antipatici. Ammettiamolo, con una corazzata così, bastava Mazzone per vincere lo scudetto. Per questo, aspettiamo che Mourinho ci dimostri davvero di essere Special One.