Per molti anni il dibattito pubblico è stato monopolizzato dall'assunto secondo cui la finanza avrebbe consentito il fiorire di una quantità innumerevole di piccole imprese che, in modo imponente, avrebbero creato profitti e occupazione. Secondo questa visione, di questa ricchezza ne avrebbe beneficiato l'intera società dato che, pur essendo concentrata nelle mani di pochi, essa sarebbe “naturaliter” defluita verso il basso: consiste in questo il cosiddetto “trickle down” (sgocciolamento) che impone agi Stati la necessità di astenersi da ogni sorta di intervento fiscalmente punitivo.
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Recentemente il Financial Times ha pubblicato un rapporto della società di consulenza Kpmg secondo cui, a causa della globalizzazione, tra il 2005 e il 2012 il numero di banche svizzere specializzate nella gestione patrimoniale è passato da 179 a 112. Le proiezioni lasciano presagire che circa metà delle società sopravvissute potrebbe sparire nel giro di qualche anno. Questa notizia andrebbe letta in parallelo alla vicenda Amazon di cui la stampa italiana, nelle ultime settimane, ha evidenziato le pesanti condizioni di lavoro. Si tratta di due casi da cui è possibile arguire, in modo inequivocabile, il definitivo tramonto di un modello economico che ha partorito la più grande truffa ideologica degli ultimi 30 anni: un vero e proprio imbroglio, la più colossale fake news fatta circolare nelle vene delle società occidentali che oggi, a causa di quell’inganno, si vedono costrette a pagarne duramente le conseguenze. Vediamo di cosa si tratta. Per molti anni il dibattito pubblico è stato monopolizzato dall'assunto secondo cui la finanza svolge una funzione vitale per il sistema produttivo dato che, per supportare lo sviluppo della new economy e l’espansione delle innovazioni tecnologiche, il modello fordista risulta anacronistico e inadeguato. Il capitalismo finanziario avrebbe, così, consentito il fiorire di una quantità innumerevole di piccole imprese che, in modo imponente, avrebbero creato profitti e occupazione. Secondo questa visione, di questa ricchezza ne avrebbe beneficiato l'intera società dato che, pur essendo concentrata nelle mani di pochi, essa sarebbe “naturaliter” defluita verso il basso: consiste in questo il cosiddetto “trickle down” (sgocciolamento) che impone agi Stati la necessità di astenersi da ogni sorta di intervento fiscalmente punitivo. Da questa mirabolante favola neo-liberista, trae origine l'impoverimento delle classi medie che inchioda i parlamenti nazionali ad una grave responsabilità che non va più sottaciuta. Restiamo ai fatti. Dopo la fase iniziale che ha visto l'esplodere di numerose ”start up”, oggi il mercato mondiale è dominato dal monopolio di poche aziende, in gran parte figlie della Silicon Valley: Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, Uber, Airbnb, Dropbox. Per poter sopravvivere, alle piccole imprese, incapaci di attrarre i capitali necessari per diventare competitivi, non resta che entrare nell'orbita di questi giganti. Ma c'è altro. Come è emerso in varie inchieste, la benevolenza degli Stati nei confronti di questi colossi ha assunto svariate forme, non sempre lecite. Un dato su tutti: nei paradisi fiscali risiede, notoriamente, il 10 per cento del Pil mondiale. Grazie ai “Panama papers” è stato possibile scoprire che nei conti off-shore hanno trovato rifugio colossi come la Nike, la Apple, JP Morgan e, perfino, personaggi come la regina Elisabetta d'Inghilterra alla quale, evidentemente, non piace condividere il trattamento fiscale riservato ai suoi cittadini. La domanda che è lecito porsi è la seguente: perchè i parlamenti nazionali non hanno mai fatto nulla per combattere lo strapotere di queste multinazionali? La risposta, tanto brutale quanto inconfutabile, risiede nella portentosa capacità di questi grandi gruppi di penetrare partiti e istituzioni attraverso la solerte attività di lobby che finisce inevitabilmente per minare la credibilità della democrazia rappresentativa. Per ridare prestigio alle assemblee elettive risulta, pertanto, indifferibile la necessità di demolire la rete di protezione che la politica ha creato a favore di questi colossi introducendo, altresì, un sistema di regole in grado di scardinare l'opacità del capitalismo finanziario. Occorre partire dal presupposto che un sistema economico incapace di capire i bisogni del corpo sociale è, semplicemente, un sistema sbagliato. Credere, come si è fatto finora, che ad essere sbagliate siano le esigenze del cittadino, significa smettere di credere nella democrazia. Stiamo attenti perchè non c'è nulla di più pericoloso che indurre il cittadino a ritenere perfino inutile andare a votare.