La sinistra ha smarrito le proprie ragioni costitutive e identitarie. La lotta al privilegio, la solidarietà, la tutela del merito dovrebbero rappresentare le idee-forza della sinistra ma, da tempo, di questo si è perduta ogni traccia.
Non occorre attendere la prossima disfatta elettorale per certificare lo stato confusionale in cui versa la sinistra italiana. A distanza di due anni dal suo battesimo, il PD appare cronicamente incapace di approdare ad una identità in grado di conferirgli quella capacità distintiva necessaria per rappresentare una credibile alternativa al berlusconismo. Gli innumerevoli problemi della sinistra nascono da una questione di fondo mai risolta: lo smarrimento delle proprie ragioni costitutive e identitarie. Da circa due decenni Berlusconi suole inneggiare al valore della libertà senza che la sinistra abbia mai replicato con l’unico valore in grado di ridarle un senso e una ragion d’essere: l’uguaglianza, la solidarietà, la lotta al privilegio. Da tempo la politica italiana si fonda su un bipolarismo zoppo che verte su una destra in cui langue il dibattito interno e una sinistra in cui il dibattito risulta talmente debordante da paralizzarne ogni capacità di iniziativa. Piaccia o meno, occorre ammettere che la destra italiana vanta una precisa identità che poggia sul consenso di un blocco sociale più compatto di quanto si possa pensare. C’è una borghesia produttiva, che parte dalle imprese e abbraccia l’intero universo delle libere professioni, la quale coltiva una visione antistatale e classista della società: da una parte le sacche parassitarie del pubblico impiego e dall’altra l’universo produttivo del lavoro autonomo. Berlusconi ha saputo dare voce a questa borghesia che vuole la modernizzazione del paese senza volere la modernità. Ma anche i ceti medi della società italiana stanno vivendo un pericoloso rigurgito culturale dovuto alle incognite della globalizzazione da essi ritenuta l’unica, vera causa del loro lento declino. La destra ha saputo dapprima leggere queste paure e poi ha saputo sapientemente alimentarle. La classe media del nostro paese è spaventata al punto da avere smarrito la bussola: detesta i partiti, i sindacati, gli immigrati, i pubblici dipendenti, la scuola, la magistratura, la stampa e, perfino, la Costituzione che viene vista come un’anticaglia ingombrante per il suo “eccessivo” garantismo. Si tratta di antiche pulsioni che giacevano negli abissi della società italiana e che il Cavaliere ha saputo fare emergere e cavalcare. La società italiana disegnata dal berlusconismo è una società frammentata e carica di disuguaglianze sociali abilmente edulcorate dall’effetto ottico di una società opulenta in cui la ricchezza dei pochi funge da chimera suadente per i tanti. L’esaltazione e la costante rappresentazione della felicità, della bellezza, della ricchezza, in ogni possibile ambito (dalla politica al mondo dello spettacolo e dello sport), serve a celebrare un mondo abitato da consumatori felici in cui il dolore e la sofferenza non esistono, in cui il cittadino ricco merita di essere stimato naturaliter per il solo fatto di essere ricco. Si tratta di una vera e propria ideologia in cui la competizione sociale rappresenta il verbo di ogni individuo che aspiri ad “emergere” e ad avere “visibilità”: ciò che non si vede, di fatto non esiste. In questa ottica esasperatamente individualista, il ruolo dello Stato resta del tutto marginale. Né attore, né arbitro, spesso spettatore, qualche volta legislatore, naturalmente nei soli ambiti istituzionali: difesa, giustizia e ordine pubblico, come diceva Adam Smith. Oggi si dice “law and order” (legge e ordine). Davanti a questo modello di neoconservatorismo che si professa cattolico ma che è totalmente anticattolico, la sinistra non ha saputo proporre alcun modello sociale alternativo. Da tempo i veri tratti distintivi della sinistra sono le continue divisioni interne e le miserande faide tra i suoi inamovibili oligarchi. Oggi chi potrebbe plausibilmente sostenere che la sinistra promuova l’equità sociale, l’eliminazione del privilegio, la tutela del merito e delle competenze? Il vero problema della sinistra, pertanto, non è scegliere tra Di Pietro e Casini ma avere un’identità e un progetto culturale alternativi alla destra. Tutto il resto verrà da sé.