La Riforma costituzionale Renzi-Boschi presenta alcuni profili positivi che è giusto riconoscere malgrado l'architettura complessiva risulti palesemente abborracciata. Al di là dell'esito refendario del 4 dicembre, la nostra Costituzione continuerà ad avere delle gravi lacune sulle quali sarebbe stato lecito attendersi quei correttivi che, di contro, la riforma ha colpevolmente ignorato. Ecco, in sintesi, i lati positivi della riforma e gli istituti che rappresentano le vere criticitá dell'attuale impianto costituzional.
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LE (POCHE) COSE DA SALVARE DELLA RIFORMA RENZI-BOSCHI
1) In materia di legge elettorale, la riforma prevede il controllo preventivo di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale per evitare quanto accaduto con il "porcellum" dichiarato incostituzionale solo dopo l'inserimento del Parlamento eletto con questo sistema elettorale.
2) La riforma prevede il cosiddetto "voto a data certa" che consente al Governo di calendarizzare i tempi di approvazione dei propri disegni di legge beneficiando di una corsia preferenziale. Si tratta di un istituto che conferirà speditezza all'azione di governo a patto, tuttavia, che l'esigenza di celerità non alteri la normale dialettica tra governo e parlamento tenuto conto, altresì, che, gran parte delle leggi approvate risultano essere di iniziativa governativa.
3) Soppressione del CNEL: organo consultivo del Governo, il CNEL é sempre stato un organo costituzionale del tutto pleonastico. La sua soppressione costituisce il dato più indiscutibile della riforma Renzi-Boschi.
4) Limiti alla decretazione d'urgenza: il decreto-legge rappresenta, verosimilmente, l'abuso più abituale compiuto dai governi italiani che hanno, storicamente, utilizzato tale strumento per sottrarsi al confronto parlamentare. La riforma ne prevede forti limitazioni dato che il "voto a data certa" consente di conferire all'azione di governo quella celerità finora assicurata dalla decretazione d'urgenza.
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LE VERE LACUNE DELLLA COSTITUZIONE IGNORATE DALLA RIFORMA RENZI
La riforma Renzi-Boschi ha omesso di intervenire sui alcuni istituti che rappresentano le vere criticitá dell'attuale impianto costituzionale:
1) DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO: si tratta della norma che consente ai parlamentari di "cambiare casacca" senza obbligo di dimissioni. La riforma non ha introdotto alcuna norma anti-ribaltone, come sarebbe stato lecito attendersi.
2) SFIDUCIA COSTRUTTIVA: questo istituto, presente nella Costituzione di varie nazioni, obbliga le forze politiche, che intendono presentare una mozione di sfiducia contro il governo, a concordarne preventivamente un altro: come dire, si può sfiduciare un governo solo se é già pronto un altro a sostituirlo. In caso contrario, la crisi di governo obbliga il Presidente della Repubblica a sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.
3) QUESTIONE DI FIDUCIA: insieme alla decretazione d'urgenza, questo istituto rappresenta uno degli abusi più abituali compiuti dai nostri governi. Quando il governo "pone la questione fiducia" (si usa, anche, dire "chiede la fiducia") su un disegno di legge, il Parlamento si vede costretto ad approvarlo senza poterlo emendare: prendere o lasciare. Tutti gli emendamenti decadono, pertanto, automaticamente. Con la questione di fiducia il governo costringe, di fatto, i dissidenti interni a votare il disegno di legge: infatti, poiché la votazione avviene a scrutinio palese, vengono meno i c.d. franchi tiratori.
4) INSEDIAMENTO DEL GOVERNO: la Costituzione prevede che il governo entri in carica con il giuramento. Si tratta di una palese distorsione perché, sia sul piano tecnico che politico, sarebbe più logico che ciò avvenisse dopo il voto della fiducia da parte del Parlamento. Ciò per evitare il paradosso di indire nuove elezioni con un governo in carica mai entrato nell'esercizio effettivo delle sue funzioni.
5) QUORUM REFERENDUM: la riforma ha omesso di introdurre il quorum nel referendum costituzionale. Non ha senso, infatti, che la Costituzione lo preveda nel referendum abrogativo, che ha per oggetto una legge ordinaria, e non lo preveda per il referendum confermativo, che ha per oggetto una legge costituzionale.
6) RIDUZIONE DEI DEPUTATI: la riforma ha omesso di ridurre il numero dei componenti della Camera. 630 deputati costituiscono un numero eccessivo (il più alto in Europa) che risulta ancor più incongruo se rapportato al numero di senatori previsto dalla riforma (100).