Si va diffondendo nel paese una grave insofferenza nei confronti dell'ansia riformatrice di un legislatore schizofrenico. Ogni giorno il cittadino assiste, atterrito, all'implacabile proliferazione di leggi, decreti, regolamenti, circolari che tracciano una sorta di immane reticolato, spesso di difficile comprensione, tra sè e le istituzioni. Legge elettorale, fisco, lavoro, scuola, giustizia, pubblica amministrazione: uno stillicidio di riforme che, col passare del tempo, diventa sempre più impenetrabile e spietato.
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Si va diffondendo nel paese una grave insofferenza nei confronti dell'ansia riformatrice di un legislatore schizofrenico e vorace. Ogni giorno il cittadino assiste, atterrito, all'implacabile proliferazione di leggi, decreti, regolamenti, circolari che tracciano una sorta di immane reticolato, spesso di difficile comprensione, tra sè e le istituzioni. Riforma della legge elettorale, del fisco, del lavoro, della scuola, della giustizia, della pubblica amministrazione: uno stillicidio di norme che, col passare del tempo, diventa sempre più impenetrabile e sibillino, che disegna scenari e traiettorie spesso distanti ed inaccessibili anche per coloro che, nella mente del legislatore, dovrebbero esserne destinatari e interpreti. Abbiamo a che fare con uno Stato che è cresciuto a dismisura andando ben oltre i suoi confini naturali, resi ormai irriconoscibili da questa spietata invadenza normativa che finisce per scoraggiare ogni possibile iniziativa del cittadino. La cosa più stupefacente è fingere di non capire che non potrà mai esserci una vera democrazia con uno Stato così pervasivo che si ostina ad offrire di sé un'immagine così bieca e opprimente: un vero e proprio Leviatano che soffoca il corpo sociale alimentandone, continuamente, ansie e inquietudini. La conseguenza che discende dall'infittirsi di questo nefasto reticolato consiste nell'inevitabile aumento di violazioni che, a sua volta, finisce inevitabilmente per moltiplicare i contenziosi. Pertanto, tutti assistiamo, impotenti, alla crescente paralisi del sistema a causa di una legislazione che, come beffarda partenogenesi dei fini, moltiplica fatalmente i poteri di quella burocrazia che dice di voler combattere. A questo punto, occorre prendere atto che i casi sono due: o ci si rassegna a vivere nel solco di questo inarrestabile imbarbarimento giuridico, oppure si rilancia la soggettività del cittadino restituendo alla “legge” la nobile accezione di norma preposta a disciplinare e facilitare (e non complicare..) il rapporto tra i consociati. La verità, pertanto, è che occorre ridefinire il rapporto tra cittadino e istituzioni che storicamente, nel nostro paese, è sempre stato improntato a reciproca, letale, diffidenza. In questo modo sarebbe, finalmente, possibile, pensare di eliminare quell'infinito profluvio di norme astruse e ridondanti che ambiscono protervamente a fare irruzione in ogni interstizio della nostra quotidianità. Purtroppo, come diceva Tacito, "corruptissima re publica plurimae leges" (moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto). Esiste, tuttavia, un elemento pre-politico da cui sarebbe utile ripartire per capire che, prima di ridefinire il rapporto tra Stato e cittadino, sarebbe opportuno pensare ad un nuovo “contratto sociale” in grado di ricucire gli strappi profondi che hanno danneggiato il tessuto sociale e di ristabilire, nella sfera delle relazioni sociali, un clima di rinnovata, reciproca fiducia. Solo in questo modo sarà possibile, un giorno, arginare quella deriva etica che, colpevolmente, siamo inclini a sottovalutare ma che, in realtà, costituisce l'unica, vera causa di questa ossessiva invadenza dello Stato che finisce per paralizzare le energie più vitali e più positive del paese.