Il declino del Cavaliere sarà lungo, buio e pieno di fiele. E' in cantiere, con il placet del Vaticano, una maestosa operazione anti-Lega. A Casini il compito di riconciliare Fini e Berlusconi e neutralizzare l'ascesa di Tremonti, il vero antagonista del premier.
Alcuni mesi fa avevamo scritto su queste colonne che la fine del Cavaliere sarebbe stata “lunga, buia e piena di fiele”. I fatti degli ultimi giorni lo stanno dimostrando. Per rilanciare la propria leadership e sottrarsi alla morsa che sta paralizzando l’azione di governo, a Berlusconi non resta che giocare a tutto campo con la nota spregiudicatezza che gli appartiene. L’inchiesta sulla “cricca” (Dell’Utri-Cosentino-Verdini-Carboni) nonché le continue negoziazioni sul “processo breve” e sul “decreto intercettazioni”, rappresentano due passaggi fondamentali che certificano in modo definitivo il declino di questa forma, tutta italiana, di “democrazia carismatica”. Questo, il premier, lo ha capito da tempo e, per questo motivo, sono forti le tentazioni di andare a nuove elezioni per il definitivo redde rationem con la componente più riottosa del governo. Basta porre mente agli insoliti commensali di quella “strana” cena di luglio tenutasi a casa di Bruno Vespa (vi presero parte il premier, la figlia Marina, Letta, Geronzi, Draghi, Casini e il cardinale Bertone) per capire che, con il placet del Vaticano, Berlusconi è tentato dall’idea di una sterzata strategica in grado di respingere le spinte centrifughe derivanti dalle continue fibrillazioni degli alleati. Le ire di Bossi per quella cena ristretta risultano significative. Se Casini accettasse il ruolo di comprimario all’interno dell’inedito scacchiere disegnato in casa Vespa, tutto sarebbe più semplice. Infatti, il recupero di Casini potrebbe indurre Fini a rappattumarsi con il Cavaliere in una maestosa operazione anti-Lega che darebbe corpo ad un “governo di salute pubblica” al quale il Pd potrebbe garantire una docile opposizione. Questo scenario potrebbe sembrare fantapolitico ma non lo è, come dimostra il fatto che nel Pdl sono in tanti a temere la silenziosa ascesa di Tremonti che se ne sta defilato in attesa degli eventi. La delicatezza dell’attuale fase politica indurrà presto ogni partito ad avere le mani libere perché, si sa, le possibili evoluzioni non dipendono solo dal responso delle urne. La politica italiana soffre da sempre di variabili che condizionano pesantemente il quadro delle alleanze. Il Vaticano svolge storicamente un ruolo di moral suasion su svariati attori, debitori a vario titolo del sostegno delle gerarchie. Ma il ventaglio dei fattori condizionanti, va detto, annovera ben altre forze, invisibili e non meno decisive. Si tratta, spesso, di potenti lobby e di oscure camarille in grado di esercitare una forte pressione sul quadro politico e sulle istituzioni. Questo è il limite delle democrazie occidentali nelle quali storicamente la politica si gioca spesso su tavoli occulti di cui l’elettore è totalmente ignaro. Tutti contro tutti, questo è lo scenario prossimo venturo che vedrà aumentare le convulsioni del sistema politico e che costringerà ognuno alla cautela e alla circospezione. Bossi e la Lega avranno un ruolo fondamentale in questa partita perché sono chiamati ad un salto di qualità in grado di fare assurgere i lumbard ad un ruolo autenticamente nazionale. Solo così può acquistare credibilità il progetto federalista che va corroborato con un linguaggio più solidale e meno bellicoso al fine di rassicurare l’elettorato meridionale che tende a percepire il federalismo come un insidioso espediente secessionista. In caso contrario, il nostro sistema politico rischia di entrare in una fase di “stabile precarietà” che si tradurrebbe in un rinvio sine die dell’assetto federale. Risulta, pertanto, indifferibile una nuova fase costituente opportunamente preceduta dal varo di una nuova legge elettorale. Non è questo, tuttavia, il pensiero del Cavaliere il quale, ormai concentrato sulle imminenti elezioni, si appresta a mobilitare tutti i reparti del proprio esercito, nessuno escluso, come dimostrano le improvvise fiammate nel mercato del Milan che torna ad avere un importante ruolo strategico nel grande circo mediatico del premier.
P.S. Questo articolo è apparso su La Provincia domenica 5 settembre. Si tratta di una nuova versione dell'articolo, già apparaso sul nostro sito, dal titolo "Una stabile precarietà".