Secondo l'art. 410 c.c. incombe sull'amministratore di sostegno l'obbligo di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, nonchè di informarlo tempestivamente sugli gli atti da compiere. In questo senso, mentre nell'interdizione assistiamo ad una mera sostituzione dell'interdetto con la figura del tutore, nell’amministrazione di sostegno opera una attività di continua collaborazione tra beneficiario e amministratore di sostegno chiamato a interagire con il primo. Segue
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Per capire la differenza tra i due istituti risultano decisivi due riferimenti.
Innanzitutto, l'art. 410 c.c. che prevede l'obbligo, in capo all'amministratore di sostegno, di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, nonchè di informarlo tempestivamente sugli gli atti da compiere (nel caso di dissenso, la decisione spetterà al giudice tutelare). In questo senso, mentre nell'interdizione assistiamo ad una mera sostituzione dell'interdetto con la figura del tutore, nell’amministrazione di sostegno opera una attività di continua collaborazione tra beneficiario e amministratore di sostegno chiamato a interagire con il primo.
Oltre alla previsione codicistica, è importante fare riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione secondo cui "la scelta dell’amministrazione di sostegno non deve essere semplicemente basata sul grado d’infermità o d’impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto, ma piuttosto sulla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle sue esigenze, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass. Civ. Sez. I, sentenza 22 aprile 2009, n. 9628 e Cass. Civ. Sez. I, sentenza 26 ottobre 2011, n. 22332).
In quest'ottica, è da anteporre l’amministrazione di sostegno nelle ipotesi in cui sia necessaria “un'attività di tutela minima, in relazione, tra le altre cose, alla scarsa consistenza del patrimonio del soggetto debole, alla semplicità delle operazioni da svolgere, e all'attitudine del beneficiario a non porre in discussione i risultati dell'attività svolta nel suo interesse”.
Pertanto, il provvedimento di interdizione verte non solo sul grado di infermità del soggetto incapace ma, altresì, su un’attenta ricostruzione della particolare situazione fisica e psichica dell’incapace in relazione alla complessità delle decisioni da adottare nella gestione del patrimonio personale.