Esattamente un secolo fa, e cioè il 23 marzo 2019, in Piazza San Sepolcro a Milano, nacquero i Fasci di combattimento.Ritenuto un rinnegato dai socialisti per il suo appoggio alla guerra, osteggiato dai conservatori per il suo passato di agitatore rivoluzionario, attraverso le pagine del suo giornale “Il Popolo d’Italia”, Mussolini tenta di cavalcare il malcontento derivante dalla situazione economica del paese. Graie al sostegno economico di alcuni gruppi industriali (in particolare, dall’Ansaldo), in data 1 agosto 1918 il giornale cambia sottotitolo: non più “quotidiano socialista”, ma “organo dei combattenti e dei produttori”.
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La nascita del fascismo può essere compresa solo se si conoscono i radicali mutamenti provocati nella società italiana dalla prima guerra mondiale. L’enorme fabbisogno di armi, munizioni, divise e materiali ha enormemente sviluppato l’apparato industriale (ad esempio la Fiat è passata da 4.000 a 40.000 lavoratori), i ricchi sono diventati ancora più ricchi. Invece la piccola e media borghesia impiegatizia e possidente, che ha costituito l’ossatura dell’esercito, entra in crisi: vede i suoi stipendi e i suoi risparmi ridursi a causa dell’inflazione. Ma soprattutto non accetta la diminuzione del proprio ruolo sociale rispetto all’ascesa dei ceti operai e contadini che, grazie all’organizzazione sindacale e politica e attraverso scioperi e agitazioni, cercano e in parte ottengono una dignità sociale ed economica che prima era sempre stata negata. Alla crisi economica e sociale corrisponde la crisi della classe dirigente tradizionale, screditata ed incapace di capire il cambiamento in atto, inadatta a guidare una popolazione che la guerra ha mobilitato, in parte politicizzato e che non è più succube passivamente dei notabili locali. In questo contesto di crisi, Benito Mussolini è uno dei tanti che va cercando un proprio ruolo politico. Ritenuto un rinnegato dai socialisti per il suo appoggio alla guerra, malvisto dai conservatori per il suo passato di agitatore rivoluzionario, attraverso le pagine del suo giornale “Il Popolo d’Italia” tenta di mettersi alla testa degli scontenti che cercano una nuova forma di organizzazione politica. Il giornale è però in difficoltà finanziaria già dal 1916, ma Mussolini riesce ad ottenere finanziamenti da diversi gruppi economici, in particolare dall’Ansaldo, in data 1 agosto 1918 il giornale cambia sottotitolo, non più “quotidiano socialista”, ma “organo dei combattenti e dei produttori”. Mussolini è un politico spregiudicato, non ha un vero e proprio programma politico, il suo obiettivo è raggiungere il potere, e la violenza sia un mezzo necessario per questo scopo. Il suo passato socialista gli ha dato la capacità di percepire le esigenze della gente e di guidare gli uomini, inoltre usa un linguaggio nuovo e più immediato rispetto ai politici tradizionali. Cerca appoggi e consensi nell’ambito degli interventisti e degli oppositori ai governi in carica, si rivolge ai repubblicani, ai sindacalisti rivoluzionari, ai futuristi. Ottiene simpatie soprattutto dai gruppi combattentistici che si riconoscono nell’esaltazione della guerra e della violenza e odiano il pacifismo dei socialisti, il neutralismo dei liberali giolittiani e dei cattolici. Particolarmente vicini a Mussolini sono le associazioni degli ex-Arditi, gli appartenenti ai battaglioni d’assalto, i corpi speciali addestrati per le azioni più pericolose e temerarie che avevano sviluppato un’ideologia del disprezzo della morte, ed esaltavano e praticavano la violenza. Guardano con interesse a Mussolini anche le migliaia di ufficiali di complemento che smobilitati incontrano difficoltà ad inserirsi nella vita civile e sono disposti a qualsiasi avventura pur di recuperare il prestigio e il potere di comando. Mussolini il 2 marzo 1919 sul “Popolo d’Italia” lancia un appello per un’adunata a Milano il 23 marzo dei fasci patriottici e interventisti. La riunione doveva tenersi al Teatro dal Verme, capace di 2000 posti, ma poi temendo un insuccesso il 23 marzo l’adunata avviene nella più piccola sala riunioni del Circolo dei commercianti e degli industriali in Piazza San Sepolcro. Vi partecipano solo un centinaio di persone che ascoltano e approvano le dichiarazioni di Mussolini. Il giorno dopo Mussolini sul suo giornale riporta un testo che viene presentato come il suo discorso di fondazione dei Fasci di combattimento, più avanti verrà pubblicato il Programma di San Sepolcro, un testo demagogico in cui si affiancano ai temi nazionalistici proposte di origine socialista (giornata lavorativa di otto ore, imposta straordinaria sul capitale, assicurazione sull’invalidità e vecchiaia abbassando il limite di età da 65 a 55 anni…), anticlericali (sequestro dei beni delle congregazioni religiose…), antimonarchici (abolizione del Senato.). In sintesi un programma aperto a più tendenze, che si pone come difesa della guerra e della vittoria, ma che si dimostra (a parole) attento alle esigenze sociali delle masse lavoratrici. In diverse città italiane si costituiscono dei Fasci locali, ma sono pochi, il movimento di Mussolini rimane fortemente minoritario, tanto che nelle elezioni politiche del novembre 1919 i fasci ottengono poche migliaia di voti, nessun eletto e a fine anno i tesserati sono solo circa ottocento. Ma nell’aprile del 1919 un evento mostra quella che sarà la strada che porterà Mussolini al potere. Il 15 aprile il Partito socialista e il sindacato CGL di Milano proclamano uno sciopero generale, alla fine del Comizio un corteo attraversa il centro di Milano, è formato da lavoratori e da donne che marciano pacificamente, all’improvviso è assalito dai Fasci di combattimento. Gli Arditi, abituati alla violenza e all’aggressione, prima sparano, poi non hanno difficoltà a bastonare la folla che si disperde. In seguito i fascisti si dirigono verso la sede dell’”Avanti!”il giornale socialista, senza difficoltà mettono fuori gioco carabinieri e soldati che la presidiano, entrano e distruggono tutto ciò che trovano, comprese le rotative, alla fine incendiano i locali. La polizia assiste all’incendio insieme ai fascisti che l’hanno appiccato.
Oggi i tempi sono diversi, alle nostre spalle non c’è una guerra, ma un lungo periodo di pace garantita dall’Unione europea. Però la crisi economica ha generato malessere e malcontento, i partiti tradizionali sono entrati in crisi e si dimostrano incapaci di fornire risposte adeguate alle richieste di una parte significativa della popolazione. Dobbiamo essere vigili perché la storia si può ripetere, ovviamente con forme diverse. Non dobbiamo temere la rinascita del fascismo di un tempo, oggi improponibile, ma che qualche demagogo riesca ad ottenere un consenso popolare, per poi svuotare la democrazia dall’interno e creare forme di stato autoritario, come sta già avvenendo in altri paesi europei.