I costi della politica: una riflessione sui privilegi dei nostri parlamentari
Si parla così tanto dei c.d. costi della politica e, spesso, questo diventa solo un luogo comune per generalizzare e sparare nel mucchio (piove Governo ladro) senza analizzare attentamente la situazione reale, cioè le funzioni di chi ci rappresenta, le loro responsabilità e, soprattutto i risultati ottenuti da chi opera (o almeno dovrebbe) nell’interesse comune. Fermo restando che, anche per me, come per la quasi totalità dei cittadini, 630 Deputati e 315 Senatori elettivi più i Senatori a vita, sono davvero troppi, è il caso di capire quanto guadagnano e, soprattutto, se valgono quello che guadagnano. In primo luogo però vorrei sottolineare che la banalizzazione imperante degli ultimi tempi su questi argomenti di sicuro non fa bene alla politica. L’antipolitica di molti, singoli o gruppi che siano, è poco produttiva perché non punta a correggere ma a distruggere. Dai partiti politici non si può prescindere perché si pongono come soggetti di collegamento tra i cittadini e le Istituzioni, e perché costituiscono una forma di libertà d’associazione dei cittadini per contribuire, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale. La politica è per definizione ciò che si attua nell’interesse della collettività. Pertanto ritengono corrette e necessarie le rivendicazioni dei cittadini nei confronti degli eletti, Deputati, Senatori, Sindaci, Assessori, Consiglieri Regionali ecc, così come ritengo il cittadino elettore capace e intelligente perché cambia quegli eletti che non rispettano gli impegni o che non s’impegnano come dovuto. Il cittadino ha il potere (la democrazia gli appartiene), e l’esercizio di questo potere viene delegato agli eletti in Parlamento (in Regione, in Comune ecc.) che lo esercitano nell’interesse del popolo sovrano. E’ questa la conditio sine qua non per un rappresentante dei cittadini: agire non per fini personali, per carriera o altro, ma solo nell’interesse della collettività, per condividere e realizzare un forte percorso di crescita comune attraverso un trasparente e forte sentimento d’appartenenza, un idem sentire di Re Pubblica, connotato dalla lealtà e dalla diversità delle idee di chi fa politica, nel rispetto delle posizioni altrui. Criticare i politici può essere produttivo, pretendere la correttezza e l’impegno è assolutamente doveroso, ridurne il numero è ormai necessario (è sicuramente un passo verso la riduzione dei costi della politica), eliminarli dalla scena politica non si può, quindi, bisogna riportare la discussione su un piano dialettico di confronto e di crescita nella società civile che deve portare un contributo nella scelta consapevole dei propri rappresentanti, partendo dalla selezione dei politici attraverso la preferenza dei cittadini. Il primo passo è sicuramente quello dell’abrogazione dell’attuale legge elettorale che rappresenta un imbroglio a carico dei cittadini, poiché è un finto proporzionale senza possibilità di esprimere alcuna preferenza. Il secondo passo è quello di arrivare necessariamente alle tanto agognate riforme (a partire dalla riduzione dei Parlamentari, dal cumulo delle cariche in Enti e Istituzioni, in Società, al c.d. federalismo ecc.), e le riforme vanno fatte non a colpi di maggioranza, ma trasversalmente da tutte le forze politiche per i cittadini tutti che ormai da troppo tempo aspettano. In questo modo si comincia a ridare credibilità alla politica dimostrando che i soldi spesi (pochi o troppi che siano. Meglio se sono contenuti) sono ben spesi perché la società cresce anche grazie agli atti di chi la governa. I politici devono garantire un buon governo, una più equa ripartizione del reddito, poiché, così come stanno le cose, la distanza tra i cittadini e la politica è davvero troppa ( e non solo dal punto di vista economico). In conclusione chi fa politica, nel senso più alto del termine, ed è retribuito per farlo è certamente meritevole e libero, perché se non si hanno i mezzi economici la politica diventa appannaggio di pochi notabili che operano non certo nell’interesse della comunità tutta.
<u>TRATTAMENTO ECONOMICO DEI DEPUTATI</u>
INDENNITA’ PARLAMENTARE :
€ 5.486,58 per12 mensilità, al netto delle ritenute previdenziali (€ 784,14) e assistenziali (€ 526,66), della quota contributiva per l’assegno vitalizio (€ 1.006,51) e della ritenuta fiscale (€ 3.899,75).
DIARIA (RIMBORSO SPESE PER LA PERMANENZA A ROMA):
€ 4.003,11, ridotta di 206,58 € per ogni giorno di assenza alle sedute dell’Assemblea.
RIMBORSO PER SPESE INERENTI AL RAPPORTO CON GLI ELETTORI:
€ 4.190 forfetario (erogato tramite il gruppo parlamentare di appartenenza).
SPESE DI VIAGGIO:
€ 3.323,70 se percorre sino a 100 Km per raggiungere l’aeroporto; € 3.995,10 se percorre oltre 100 Km per raggiungere l’aeroporto. Inoltre usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, marittima ed area sul territorio nazionale.
SPESE TELEFONICHE:
€ 3.098,74 annue per le spese telefoniche.
ASSISTENZA SANITARIA:
Il 4,5 % della propria indennità lorda viene versata dal Parlamentare ogni mese in un apposito fondo per l’assistenza sanitaria integrativa. La somma è di € 526,66.
ASSEGNO DI FINE MANDATO:
Il 6,7 % dell’indennità lorda (pari a € 784,14) viene versata dal Parlamentare in un apposito fondo per l’assegno di fine mandato che sarà dell’80% dell’importo mensile lordo dell’indennità per ogni anno di mandato.
ASSEGNO VITALIZIO:
Il Deputato riceve un vitalizio a partire dal 65° anno di età. Diminuisce a 60° anni in trelazione al numero degli anni trascorsi da Deputato. LA somma varia da un minimo del 25 % a un massimo dell’ 80% dell’indennità parlamentare. Varia in relazione al numero di anni del mandato. Per questo assegno il Deputato versa ogni mese l’8,6% (pari a € 1.006,51) della propria indennità lorda.
A decorrere dal 1° gennaio 2008 sono state soppresse le spese dei rimborsi per studi all’estero.