Con la canicola estiva é ricomparso Esopo con la famosissima favola della “cicala e la formica”. La brava formica lavora tutta estate per accumulare pietanze da infilare nelle sue tane e trascorrere così l’inverno in pace e al caldo. La cicale invece passa tutta l’estate sugli alberi a cantare e quando arriva il freddo non ha niente per alleviare il suo inverno. Dunque, se si vuole arrivare a superare momenti difficili è necessario impegnarsi. Le “Aesopi fabule” sono state nel mondo greco e romano una scuola di vita assai importanti. Vi hanno ricorso anche molti dei poeti classici dell’Ellade.
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Questo terribile caldo che mi dà l’impressione di un maglio rovente che si abbatte su di noi, povera gente. E mi costringe a scorribande alla ricerca spasmodica di aria condizionata, quindi salire sulla mia auto, che ha un bell’ impianto di climatizzazione, per compiere peregrinazioni inutili, senza meta, se non qualche sosta occasionale davanti a una gelateria, pur di stare un po’ al fresco. Però pur nella rovente sofferenza, e nell’ infuocato disagio, qualche piccolo conforto, nonché alcune piacevoli sorprese, questa estate me lo ha portato. Dal mio balcone ascolto l’incessante friniere delle cicale. Questo caldo quindi mi ha riportato anche l’inarrestabile chiamiamolo “canto della cicala”. Non mi ricordo da quanto tempo questo “infinito “gra, gra, gra …” non accompagnava più le mie estati. Forse sarà stato che non ci avevo più fatto caso da quando ero bambino, al canto della cicale. Comunque adesso l’ho ritrovato. Un piacere? Forse soltanto una bella sorpresa e il ritorno di lontani tempi, di quando, d’estate ascoltavamo, noi ragazzi, la cicale cantare e ci illudevamo di salire sugli alberi a catturarle. Non ci siamo mai riusciti. Così come non ce l’abbiamo mai fatta a trovare i grilli che frinivano, la sera, nell’erba buia. La bella sorpresa legata alla cicala è stato il pensiero di aver ritrovato una realtà che era scomparsa. Mi dicono che a maggio non si può osservare più quel frenetico turbinare delle lucciole nei giardini, negli orti, nei boschi. Anche i grilli sarebbero diventa silenziosi. Ecco quindi che, almeno per me, la cicala è tornata. Inevitabile è ricomparso anche Esopo con la famosissima favola della “cicala e la formica”, giuntaci, attraverso i secoli anche grazie a Jean de La Fontaine. La brava formica lavora tutta estate per accumulare pietanze da infilare nelle sue tane e trascorrere così l’inverno in pace e al caldo. La cicale invece passa tutta l’estate sugli alberi a cantare e quando arriva il freddo non ha niente per alleviare il suo inverno. Dunque, se si vuole arrivare a superare momenti difficili è necessario impegnarsi. Le “Aesopi fabule” sono state nel mondo greco e romano una scuola di vita assai importanti. Vi hanno ricorso anche molti dei poeti classici dell’Ellade. In questi ultimi tempi però le due protagoniste della bella metafora, la formica e la cicala, sono state viste con una luce un po’ diversa. La cicala, per certi versi, è diventata più simpatica. Ce lo racconta anche Gianni Rodari nell sua poesia: “ Chiedo scusa alla favola antica / se non mi piace l’avara formica / io sto dalla parte della cicala / che il più bel canto no vende…regala. Però in queste considerazioni sulla cicale e la formica, grazie all’evolversi del messaggio politico di questi ultimi tempi, si può andare molto oltre. Fin dove? Fino ad arrivare a osservare come adesso, molti dei personaggi politici, alcuni dei quali in maniera ossessiva, quanto redditizia nell’accattonaggio di volti, gracidano forte, in continuazione come le cicale sugli alberi, d’estate e pure d’inverno. Inutile stare qui adesso a fare degli esempi, basta ascoltare l’incessante campagna elettorale che ogni giorno conquista gli ascolti in Tv e le letture dei giornali, per rendersi conto dei personaggi che imperversano con il loro gracidare: proprio come le cicale. La differenza però tra la morale che ci ha regalato il sublime “Aesopus”, queste cicale, alla fine della fiera, non soffriranno nè freddo né tantomeno fame. Anzi dal loro canto traggono grossi vantaggi. Sono invece le povere formiche, ovvero la stragrande maggioranza del popolo a doversi districare tra un sacco di sofferenze che non finiscono mai. Insomma la favola non è più attuale. Forse ha più ragione un rude detto del dialetto brianzolo: «Chi vusa puseée la vacca l’è sua». Insomma ci hanno ribaltato anche Esopo.
Articolo pubblicato su La Provincia del 28 giugno 2019. Ringraziamo l'autore per la gentile concessione