Con la caduta del comunismo abbiamo creduto al definitivo trionfo della democrazia liberale e della “società aperta”. Era questo il clima culturale che si respirava in Europa agli inizi degli anni Novanta quando gli Stati decisero, con la firma del “famigerato” Trattato di Maastricht, di gettare le basi dell'unione monetaria. Tutti ricordiamo il clima di euforia che ci fu in Europa la notte di Capodanno del 2001 che segnò l'esordio dell'euro nelle tasche dei cittadini europei. Che cosa è successo di così traumatico da scatenare la rabbia dei popoli contro l'Unione europea?
--------------------
Dopo la bocciatura del Quirinale, sarebbe utile capire le ragioni per cui, stando ai sondaggi, gran parte del paese avrebbe ritenuto utile sperimentare un governo composto da Lega e 5 Stelle malgrado si trattasse di un “unicum” in Europa. Ci troviamo davanti ad un passaggio cruciale della storia repubblicana perchè, con un minimo di onestà intellettuale, è giusto ammettere che l'ipotesi di un governo così “anomalo” rappresenta la prova dell'esasperazione e dello stato confusionale in cui versa il cittadino che, dopo il crollo dei partiti, sembra aver smarrito radici e riferimenti culturali. Facciamo un passo indietro. Con la caduta del comunismo, tutti ci siamo illusi di avere assistito al definitivo trionfo della democrazia liberale. Il capitalismo sembrava aver sbaragliato tutti i suoi detrattori e l'Occidente si beava nel celebrare i fasti della “società aperta” come massima espressione di libertà e di unione delle genti. Era questo il clima culturale che si respirava in Europa agli inizi degli anni Novanta quando gli Stati decisero, con la firma del “famigerato” Trattato di Maastricht, di gettare le basi dell'unione monetaria. Tutti ricordiamo il clima di euforia che ci fu in Europa la notte di Capodanno del 2001 che segnò l'esordio dell'euro nelle tasche dei cittadini europei. Che cosa è successo in quest'ultimo ventennio di così traumatico da scatenare la rabbia dei popoli contro l'Unione europea? Questa è la vera domanda che la politica dovrebbe porsi per capire le ragioni che hanno fatto risorgere nel corpo sociale quelle varie forme di nazionalismo che, troppo semplicisticamente, usiamo bollare come “populismo”. Per anni, la sinistra europea ha preferito evitare questa domanda malgrado il diffondersi delle disuguaglianze e il crescente decadimento del ceto medio. Di contro, la destra non solo si è posta quella domanda ma, piaccia o no, ha dato le sue risposte. Marine Le Pen ha rappresentato, per anni, il corifeo di un pensiero che circolava nelle vene più profonde delle società occidentali all'interno delle quali l'area del disagio continuava ad allargarsi. Davanti al progressivo impoverimento del cittadino, per anni la sinistra ha continuato a dimostrare una sprezzante indifferenza. Questi processi hanno interessato anche il nostro paese che, rispetto agli altri, si è visto, altresì, costretto a gestire un'immensa emergenza umanitaria che ha determinato un trauma sociale di immani dimensioni: in poco tempo, da paese di emigranti, l'Italia si è trasformata, senza volerlo, in un paese di immigrati. Matteo Salvini ha il merito di avere capito prima degli altri il contraccolpo di quella trasformazione e la conseguente rabbia sociale che continuava a montare nel paese. Se per il cittadino comune, l'euro rappresentava la causa del suo graduale impoverimento, per gli imprenditori l'Europa rappresentava la causa delle crescente pressione fiscale e della perdita di competitività dei nostri prodotti che la cara, vecchia lira aveva prodigiosamente supportato con le ricorrenti svalutazioni. Su questi temi, Salvini ha saputo sapientemente rilanciare un partito che non fa fatica a professarsi nazionale malgrado le regioni che ne rappresentano il nerbo originario continuino a proclamarsi autonomiste. Non c'è da stupirsi, pertanto, se il vero obiettivo di Salvini, per ora inconfessato, sia quello di riportare l'Italia fuori dal perimetro dell'Unione. Fuori da ogni infingimento, è nato solo da questo il braccio di ferro con il presidente Mattarella per la nomina di Savona come ministro dell'Economia. Per Salvini, le elezioni europee che si terranno l'anno prossimo rappresentano un grande appuntamento della storia, grande e irripetibile: chiamare il popolo italiano a pronunciarsi sulla permanenza in Europa. Questa è la vera missione che avrebbe dovuto avere il nuovo governo che Di Maio finge di non capire visto che, su questi temi, il suo movimento non ha mai dimostrato di avere le idee chiare. La partita con il Quirinale non era, pertanto, una cosa da nulla anche se, partenogenesi dei fini, c'è il rischio che il veto di Mattarella possa costituire un fattore di ulteriore crescita dei consensi a favore della Lega. In ogni caso, una cosa è certa: i favori degli elettori per il mancato governo Lega – 5 Stelle, dimostrano che l'Europa potrà scongiurare il proprio declino solo se saprà rendersi interprete dei bisogni del cittadino. L'Europa, “questa” Europa, va corretta al più presto per evitare che, come spesso é accaduto nella storia, si rischi di gettare il bambino con l'acqua sporca.