Dopo "Un'illogica libreria" di Carola Maspes, proponiamo un racconto di un altro giovane scrittore, Luca Massaroli. Un viaggio dell'anima, inquieto e libero insieme, dove la meta è l'ignoto.
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Io non appartengo a questa terra.
La mia mente è costretta in un corpo che sente ormai opprimente, in un ambiente in cui si sente estranea. Il bisogno folle di esprimersi e liberarsi è un chiodo fisso nel cervello. Io non appartengo a questa terra. Sto pensando ad uno scenario totalmente diverso, che di tanto in tanto si materializza nella mia testa e mi porta lontano, dove posso fuggire da tutto ciò che è maledettamente reale.
Il rumore degli zoccoli del cavallo è sordo e soffice, toppato dal terreno che viene smosso sotto i loro colpi. L’odore di terra bagnata mi pervade le narici. Acre, salato, ricorda quasi la muffa. Il sole sembra essersi preso una pausa, i suoi raggi non traspaiono attraverso i rami degli alberi che mi circondano. Decido di proseguire la cavalcata. Davanti a me si intravede una radura, mentre il grido dolce del mare sembra materializzarsi. Continuo ad avanzare e finalmente riesco ad evadere dal bosco.
Ai miei occhi, si apre un’immensa vallata d’erba verde e fresca. Un cielo velato da torbide nubi grigie. Il mare, il cui colore blu profondo ed intenso sembra uscito dalla tavolozza di un pittore impressionista, ulula, e lotta con l’imponente scogliera, che scoscesa e potente rimane impassibile davanti ai continui attacchi della grande distesa setosa e stropicciata di acqua che si protende fino all’orizzonte. La lotta, infinita, tra i due colossi di acqua e terra, crea spettacoli dall’aspetto quasi pirotecnico. Schizzi irregolari di schiuma, soffici all’udito, e rigeneranti al tatto, grazie al delicato velo di goccioline che trasportato dal vento viene a posarsi sul viso. In cima alla scogliera un castello, buio, grigio, elegante, impassibile, che scatena tutta la sua integrità e tranquillità, guarda superbo l’infinita lotta che si svolge ai suoi piedi. Io osservo tutto questo da lontano. Nel mezzo del manto erboso, continuo a cavalcare mirando a tale spettacolo rimanendone stregato. Il fiato si fa pesante, ma non oso fermarmi. Comincio a sentire la stanchezza che mi pervade le membra, e il sudore piano piano si affaccia sul mio volto.
Forse è davvero il caso di fermarmi. Ma fermarsi significa riflettere. Perderei tutta la magia che ora si è impossessata di me. L’energia e l’adrenalina frutto della libertà che cavalca al mio fianco. Il senso di non avere alcuna destinazione, di viaggiare senza una meta ben definita. Ed esserne oltre ogni logica felice. Ho finalmente preso in mano le redini della mia vita. Ed ora cavalco verso l’ignoto, curandomi solo del viaggio che sto affrontando e non del punto di arrivo, mentre il mare e gli scogli continuo imperterriti il loro eterno litigio. Il bosco si srotola al mio fianco e la vallata fresca e verde si distende all’orizzonte fino a congiungersi con lo scuro grigiore del cielo scozzese.
Per quanto mi riguarda, io non appartengo a questa terra.