Ci sono momenti nella vita in cui la storia mette le persone di fronte a delle scelte che implicano radicali trasformazioni, momenti in cui bisogna trovare il coraggio di cambiare, non tutti ci riescono e talvolta i destini si dividono e si prendono strade che possono portare in direzioni opposte e contrarie. E’ quello che successe dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, per diversi italiani s’impose la scelta tra il servire i nazifascisti o passare nelle file della Resistenza. Oggi tutto ci sembra chiaro, ma allora c’era parecchia confusione, molti semplicemente cercarono di “salvarsi”, di sopravvivere con i propri famigliari.
---------------------
Ci sono momenti nella vita in cui la storia mette le persone di fronte a delle scelte che implicano radicali trasformazioni, momenti in cui bisogna trovare il coraggio di cambiare, non tutti ci riescono e talvolta i destini si dividono e si prendono strade che possono portare in direzioni opposte e contrarie. E’ quello che successe dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, per diversi italiani s’impose la scelta tra il servire i nazifascisti o passare nelle file della Resistenza. Oggi tutto ci sembra chiaro, ma allora c’era parecchia confusione, molti semplicemente cercarono di “salvarsi”, di sopravvivere con i propri famigliari. Diversi giovani, cresciuti nell’ideologia fascista, si schierarono, più o meno consapevolmente, con la Repubblica sociale di Mussolini o si trovarono loro malgrado arruolati nell’esercito di Salò. Ma ci furono anche coloro che con varie motivazioni presero coraggiosamente la strada della Resistenza, spesso guidati dalla loro formazione culturale e dai valori trasmessi dalle famiglie. Le due grandi tradizioni culturali del paese, quella cattolica e quella socialista-comunista, spinsero molti giovani a schierarsi nella battaglia antifascista, come fece Giancarlo Puecher, fucilato il 21 dicembre al muro del Cimitero di Erba. La chiesa cattolica mantenne un difficile equilibrio tra il Regime e la Resistenza, spesso le gerarchie ecclesiastiche appoggiavano le autorità fasciste, è anche vero però che dalle file delle associazioni cattoliche diversi giovani e sacerdoti contribuirono alla lotta contro i nazifascisti. E’ il caso di Teresio Olivelli, nato a Bellagio il 7 gennaio 1916, si laurea in giurisprudenza a Pavia e diventa assistente alla cattedra di diritto amministrativo all’Università di Torino. Come molti giovani dell’epoca partecipa alle attività del regime fascista, nel 1939 vince i prelittoriali della cultura elaborando le tematiche razziali proposte dal Regime. Nel gennaio del 1941 parte volontario, come sottotenente della Divisione Tridentina, per la campagna di Russia. Per molti ragazzi (come gli scrittori Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern) l’esperienza della guerra e la tragedia della ritirata nella steppa ghiacciata fanno maturare il distacco dal fascismo. Ciò avviene anche per Teresio, il 9 settembre si rifiuta di collaborare con i nazifascisti, viene deportato in Austria, ma fugge e a Brescia si unisce alla Resistenza cattolica nella Brigata Fiamme verdi, una formazione partigiana apolitica, comandata dal generale degli alpini Luigi Masini. Insieme ad altri fonda il giornale clandestino IL RIBELLE, che uscì per 26 numeri e dodici quaderni monografici. Era diffuso in tutta l’Italia, con circa quindicimila copie, il sottotitolo era “esce quando può e come può”. Diversi redattori perirono tragicamente, Carlo Bianchi, Presidente dell’associazione universitari cattolici, fu fucilato nel campo di prigionia di Fossoli, altri morirono nel campo di sterminio di Mauthausen. Olivelli scrive sul giornale un testo emblematico: “ Ribelli: così ci chiamano, così siamo, così ci vogliamo. Il loro disprezzo è la nostra esaltazione. Il loro ‘onorato’ servaggio alla legalità straniera fermenta l’aspro sapore delle nostre libertà. La loro sospettosa complice viltà conforta la nostra fortezza. Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale”. Teresio è anche l’autore di uno dei testi più famosi della Resistenza, la Preghiera del Ribelle: “Signore, che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dominanti, la sordità inerte della massa, a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele che in noi e prima di noi ha calpestato Te fonte di libera vita, dà la forza della ribellione. Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi: alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della Tua armatura. Noi ti preghiamo, Signore. Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell'ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell'indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell'amarezza. Quanto piú s'addensa e incupisce l'avversario, facci limpidi e diritti. Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare. Se cadremo fa' che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità. Tu che dicesti: ``Io sono la resurrezione e la vita'' rendi nel dolore all'Italia una vita generosa e severa. Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie. Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare. Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore.”.
Olivelli è arrestato a Milano il 27 aprile 1944, viene deportato nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano e Flossenburg. In essi si opera per aiutare gli altri prigionieri, dà ai più deboli il proprio cibo, cura i feriti, organizza riunioni di preghiera, si attira così l’odio degli aguzzini. Trasferito nel lager di Hersbruck, subisce percosse e sevizie dalle SS, il 31 dicembre 1944 per difendere un prigioniero picchiato dal Kapò, riceve un forte calcio nello stomaco. Già fisicamente debilitato, non riesce a riprendersi, muore il 17 gennaio 1945. Nel 1945 gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare, il 3 febbraio 2018 è stato proclamato Beato dalla Chiesa. Anche oggi una crisi economica-sociale genera inquietudini e riemergono ideologie illiberali. Speriamo che i nostri giovani non siano costretti in futuro a scelte difficili o tragiche, perché, come dice Brecht, “infelice la terra che ha bisogno di eroi”.