Come si è visto in Senato in occasione della legge di stabilità, la virulenza dello scontro politico continua a rappresentare, tuttora, il grande problema del nostro paese che, anche a causa di questa costante, non è in grado di proporsi in Europa come un partner credibile e, quindi, sufficientemente affidabile. Come nella vita, anche in politica vale la regola aurea secondo cui, prima di attaccare gli altri, bisogna essere inattaccabili. Noi, purtroppo, non lo siamo: è questo il vero problema, non la Merkel!
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La conflittualità dell'attuale clima politico rappresenta una delle costanti che caratterizzano la storia del nostro paese, storicamente avvezzo a dividersi tra Guelfi e Ghibellini. La crisi economica rischia di acuire questa tendenza, tipicamente italiana, ad enfatizzare ogni sorta di contrapposizione. Potrà apparire esagerato, ma questo irrefrenabile istinto divisivo, unito al dramma di una recessione senza fine, rappresenta una grave insidia per la stessa democrazia. Compito della politica dovrebbe essere quello di non perpetuare i vizi del corpo sociale che, invece, essa dovrebbe emendare più con l'autorevolezza del ceto politico che con la forza delle leggi. Era questo il pensiero che accomunava pensatori della statura, morale ed intellettuale, di Ernesto Rossi e di Luigi Einaudi che, vox clamans in deserto, sembrano, davvero, appartenere ad altri mondi. Di contro, la storia della nostra Repubblica è sempre stata costellata di passaggi nei quali l'elevata “temperatura” della politica ha creato bollori che hanno posto in serio pericolo la tenuta democratica del sistema. Gli anni '50 furono gli anni della Guerra Fredda; gli anni Sessanta conobbero la stagione degli scontri di piazza da cui nacque il terrorismo del decennio seguente; gli anni Ottanta furono gli anni del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) e dell’aspra contrapposizione tra Socialisti e Comunisti che sarebbe proseguita negli anni del berlusconismo. Dopo Tangentopoli, l'opinione pubblica si baloccò nell'illusione che, dalla catarsi delle inchieste giudiziarie, potesse sorgere un clima politico in grado di conferire quella stabilità che, anche a causa della situazione internazionale, non era mai stato possibile realizzare. Invero, l’avvento di Berlusconi prima, e di Renzi dopo, ha radicalmente cambiato la politica italiana che, obtorto collo, ha dovuto recepire i ritmi di un cambiamento sistemico determinato dalle nuove tecnologie. Negli ultimi decenni tutto è diventato più “veloce” e questa improvvisa mutazione “cinetica” ha finito per condizionare le modalità con cui l'opinione pubblica orienta le proprie preferenze. Basterebbe porre mente a questa semplice comparazione: oggi, politici del calibro di Moro, Craxi, Berlinguer, Almirante, non avrebbero goduto di alcuno spazio pubblico perchè il loro linguaggio sarebbe risultato “noioso”. Occorre, tuttavia, ammettere che, nonostante questo inedito cambio di “passo”, la politica conserva tuttora la peculiarità di una costante conflittualità. Infatti, nelle viscere della politica italiana, tutto è rimasto immobile e uguale a se stesso benchè le increspature della superficie possano indurre a pensare il contrario. Come si è visto anche in Senato in occasione della legge di stabilità, la virulenza dello scontro politico continua a rappresentare, tuttora, il grande problema del nostro paese che, anche a causa di questa costante, non è in grado di proporsi in Europa come un partner credibile e, quindi, sufficientemente affidabile. Come nella vita, anche in politica vale la regola aurea secondo cui, prima di attaccare gli altri, bisogna essere inattaccabili. Noi, purtroppo, non lo siamo: è questo il vero problema, non la Merkel!