Se ai nostri studenti l'invito da fare è quello di rileggere le pagine di Pasolini su Valle Giulia, ai nostri politici l'invito è quello di ascoltare e interloquire con la società senza disprezzarne le pulsioni più profonde.
La trasformazione della politica in una grande rappresentazione in cui vigono le regole del calcio non poteva che culminare nell'estensione del Daspo dallo stadio alla piazza. Da anni ormai assistiamo a questa grottesca trasfigurazione della politica che ha trasformato l'elettore in tifoso per cui era inevitabile che agli elettori meno docili sarebbe toccata la medesima sorte. "Law and order" è lo slogan che piace al nostro establishment politico ma anche sociale: non è elegante ammetterlo ma alla nostra borghesia piace il piglio autoritario di La Russa, di Gasparri e del ministro Maroni, nei confronti degli studenti che hanno manifestato a Roma il 14 dicembre. Il clima sociale del nostro paese rischia una grave escalation di violenza a cui i nostri giovani non sono abituati ma che noi adulti siamo chiamati a ricordare. Occorre ammettere che gli scontri di piazza nascono da una rabbia sociale che la politica ha sottovalutato, e talora finanche ignorato. La stessa volontà di applicare il Daspo alle manifestazioni politiche non fa che confermare la grande divaricazione esistente tra l'universo della politica e la società civile. Detto ciò, occorre rifuggire da quel pericoloso giustificazionismo che ha fatto capolino sulle pagine di una certa stampa antigovernativa che tende a strumentalizzare le manifestazioni dei nostri studenti tanto quanto la stampa vicina al Cavaliere. Per tale motivo, risulta necessario fare una riflessione per evitare che i nostri giovani si facciano soggiogare da logiche, neppure tanto sibilline, che usano la piazza per regolamenti di conti che niente hanno a che fare con la contestatissima riforma Gelmini. Come è già accaduto nel passato, nelle grandi manifestazioni sono soliti introdursi oscuri gruppi di facinorosi che usano deliberatamente la violenza per finalità squisitamente ideologiche. Questo tipo di violenza è riconducibile a due categorie di matrice del tutto antitetica: da una lato, c’è la violenza sovversiva di gruppi insurrezionalisti che vagheggiano la rivoluzione come grande palingenesi scardinatrice degli equilibri sociali dominanti; dall'altro lato, c’è la violenza di certi poteri, talora occulti, che fondano la propria forza sul primato del privilegio e del denaro di cui viene ammessa qualunque modalità di acquisizione per perpetuarsi al potere. Per questi poteri, che vantano molteplici articolazioni in gangli vitali dello Stato ed anche ben oltre lo Stato, risulta necessario perseguire la conservazione e la stabilizzazione dello status quo. La massa degli studenti che partecipa alle manifestazioni in modo spontaneo e a-ideologico dovrà necessariamente alzare la guardia davanti all'insidia di diventare ignaro strumento di questa tenaglia che coltiva finalità chiaramente eversive. Le immagini che abbiamo visto sugli scontri del 14 dicembre ci riportano alla memoria le immagini di altre contestazioni del passato in cui la componente virtuosa e spontanea veniva travolta dalle componenti eversive, appena citate, che in ogni tempo perseguono finalità oblique e del tutto estranee alla logica della lotta politica che, non bisogna mai dimenticare, deve restare in defettibilmente nei canali della legalità. Se ai nostri studenti l'invito da fare è quello di rileggere le pagine di Pasolini su Valle Giulia per aiutarli a capire che i poliziotti non sono i rappresentanti di uno Stato bruto, ai nostri politici l'invito è quello di uscire dalla loro torre d’avorio ed imparare ad ascoltare la società senza disprezzarne protervamente le pulsioni più profonde. Il malcontento dei nostri studenti rappresenta uno dei tanti fenomeni sociali che una classe politica autenticamente liberale deve cercare di capire e governare con gli strumenti della politica, dunque del dialogo e del confronto, rinunciando alla cultura della repressione e dell'ordine pubblico, questi sì, strumenti di uno Stato bruto, vile e autoritario.
* Il Daspo (Divieto di accedere alle manifestazioni sportive) è stata varato nel 1989 per contrastare il fenomeno della violenza degli stadi. Per saperne di più, vai in Curiosità.