Il quadro politico, da tempo, denota una serie di incognite sulle quali sarebbe utile riflettere al fine di interpretare le traiettorie che i due schieramenti vorrebbero imprimere alla politica italiana. Sotto la minaccia incombente di una vittoria trionfale di Salvini, la politica italiana continua ad agitarsi nella spasmodica ricerca di un'alternativa in grado di prescindere dai 5 Stelle. La costruzione di un “grande centro” rappresenta più una suggestione che una soluzione perché, inutile nasconderlo, solo un uomo potrebbe favorirne la nascita: Silvio Berlusconi. Piaccia o no, senza Forza Italia, o quel che ne rimane, il “grande centro” resterà solo un grande sogno. Renzi e Calenda se ne facciano una ragione.
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Fino a qualche settimana fa nel mondo politico e sulla stampa era diffusa la convinzione che la durata del Governo sarebbe dipesa dall'esito delle elezioni regionali in Emilia: era scontata l'idea che una vittoria di Matteo Salvini avrebbe determinato una crisi di governo e il sicuro ritorno alle urne. In realtà, le cose sono andate diversamente perché, malgrado l'esito elettorale, il centro-sinistra sembra vivere un continuo travaglio che non lascia presagire nulla di buono. Il quadro politico, da tempo, denota una serie di incognite sulle quali sarebbe utile riflettere al fine di interpretare le traiettorie che i due schieramenti vorrebbero imprimere alla politica italiana. Il dibattito in corso sulla riforma della prescrizione può aiutare a rendere più chiare le manovre di riposizionamento di tutte le forze politiche il cui denominatore comune resta quello di essere strutturalmente incapaci di concepire un orizzonte diverso dalla contingenza elettorale. La politica italiana continua, da anni, a vivere una campagna elettorale permanente che costituisce l'humus ideale del germe populista il quale, come un fiume carsico, continua silenziosamente ad attraversare entrambi gli schieramenti. In questo senso, risulta del tutto fuorviante credere che il populismo sia un marchio esclusivo della destra perché le fibrillazioni che si registrano nel centro-sinistra stanno facendo emergere l'esistenza di alcune componenti che vantano un lessico e una grammatica della medesima matrice. In effetti, la tendenza a identificare il populismo con il sovranismo rappresenta uno degli errori interpretativi che molti commentatori seguitano a commettere. Si tratta di una semplificazione che non consente di cogliere, ad esempio, le peculiarità di quella componente renziana che continua, tuttora, ad esercitare una forte influenza all'interno del partito Democratico malgrado il suo leader di riferimento abbia creato un proprio partito: un partito personale, padronale, nei confronti del quale la stampa progressista dimostra curiosamente una clemenza mai dimostrata in passato verso il suo omologo di destra. Questo partito è destinato a condizionare pesantemente non solo le sorti del governo ma anche il futuro della politica italiana sul quale grava un'altra incognita, quella del Movimento 5 Stelle. Nessuno può negare che sia stata l'insipienza politica di Luigi Di Maio a determinare l'esplosione di Matteo Salvini che, in un ipotetico governo di centro-destra con Berlusconi e la Meloni, non avrebbe mai potuto spadroneggiare come gli ha consentito il suo giovane ex alleato. Oggi i 5 Stelle rischiano di replicare l'errore con Matteo Renzi al quale non può che giovare un ipotetico ritorno del Movimento alle antiche piazze del “vaffa-day”. Di Maio dovrebbe capire che rinunciare ad un'alleanza strategica con il Pd significherebbe la fine del bipolarismo e il ritorno a quella palude di cui, per anni, i 5 Stelle si sono professati fieri detrattori. Il ritorno al movimentismo, pertanto, rilancerebbe tutte quelle forze politiche, anche di nuovo conio, che, con il pretesto di contrastare l'ondata sovranista, dichiarano di voler “conquistare il centro”, sorta di luogo mitologico che consente ad ogni suo abitante di proclamarsi ”moderato”. Cosa siano esattamente i moderati è sempre stato un mistero per cui, oggi, sarebbe interessante capire, ad esempio, dove condurrà l'eclettismo di un personaggio singolare come Carlo Calenda che rappresenta il corifeo di quest'area virtuale di cui continuano a sfuggire i contorni, le finalità, la futura collocazione. Pertanto, sotto la minaccia incombente di una vittoria trionfale di Salvini, la politica italiana continua ad agitarsi nella spasmodica ricerca di un'alternativa in grado di prescindere dai 5 Stelle. La costruzione di un “grande centro” rappresenta più una suggestione che una soluzione perché, inutile nasconderlo, solo un uomo potrebbe favorirne la nascita: Silvio Berlusconi. Piaccia o no, senza Forza Italia, o quel che ne rimane, il “grande centro” resterà solo un grande sogno. Renzi e Calenda se ne facciano una ragione.
Editoriale apparso su La Provincia di lunedì 10 febbraio 2020