Il sistema tributario italiano appare sempre più un sistema impazzito. L'Irap rappresenta la prova di una legislazione irrazionale che non finisce di stupire.
L’Irap ovvero Imposta Regionale sulle Attività Produttive, introdotta nel nostro ordinamento tributario nel 1998, ha sostituito un novero di balzelli tra loro eterogenei , tra cui l’ILOR e la famosa “tassa sulla salute”.In effetti, l’IRAP, sebbene destinata alle casse regionali, finanzia in massima parte il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), gestito dalle Regioni.E’ figlia di diversi padri, ma l’allora ministro delle Finanze Vincenzo Visco le ha dato la sua ineffabile impronta.E’ un’imposta concepita male e applicata peggio, che colpisce solo i titolari di reddito professionale e di impresa, ma finanzia un servizio fruito da tutti, tanto che con essa si realizza un meccanismo folle quanto ingiusto per cui i soggetti che pagano, il più delle volte, non coincidono con quelli che fruiscono del servizio. Può una S.P.A. o una S.N.C. buscarsi una polmonite e andare all’ospedale a curarsi ? Invece, una persona fisica titolare di ingenti “capital gain” (redditi di capitale), non paga affatto detta mirabile imposta, ma può curarsi a spese di liberi professionisti, artigiani e commercianti, che possono avere un reddito reale di gran lunga inferiore.Sorvoliamo sulle complicazioni di calcolo, che solo “menti paurosamente malate” (come le definiva il grande e compianto fiscalista Silvio Moroni) potevano partorire, dal momento che occorrerebbe uno spazio dedicato.Giulio Tremonti l’ha definita un mostro giuridico, ma da ministro delle Finanze in 5 anni di governo non è stato capace di eliminarla, riformando il sistema tributario, come avrebbe dovuto, pur disponendo di una larghissima maggioranza. Aspettiamo il secondo round…Ma oltre al singolare aspetto appena descritto è necessario sottolineare che tale imposta colpisce il costo del lavoro e gli oneri finanziari e non solo il reddito !In altre parole, si calcola anche su determinati costi, che per molte realtà produttive sono alquanto pesanti, a discapito di chi le “delocalizzazioni” non le vuole o non le può fare.Ora pare di sentire le arringhe difensive di qualche cattedratico ideologicamente schierato ma completamente sganciato dalla realtà, il quale affermerà che l’IRAP colpisce il costo del lavoro così come prima lo faceva la “tassa sulla salute” (tecnicamente contributo per il Servizio Sanitario Nazionale).Certo, con la leggera differenza che la tassa sulla salute era a tutti gli effetti un contributo assistenziale pagato da tutti e non solo da una “classe” di contribuenti !!!Ma il nostro brillante difensore come spiega la tassazione degli oneri finanziari, costituiti in massima parte da interessi passivi bancari ?Si deve tassare la ricchezza e non i costi che riducono la ricchezza stessa. E’ talmente ovvio che si prova imbarazzo a doverlo sottolineare.Ma qui la follia si accompagna ad una congrua dose di demagogia (considerando il suo autore finale, c’è da stupirsi ?). Infatti, il motivo di tale bizzarro coinvolgimento nella base imponibile risiede nell’aberrante idea che tutti, ma proprio tutti, gli imprenditori nascondano i propri quattrini sotto la mattonella e si indebitano per “scaricare” fiscalmente gli interessi. Per cui il Visco, pardon il Fisco, glieli tassa, così imparano quei brutti evasori incalliti !!!Ma le meraviglie “irapiane” non finiscono qui.Ha un’aliquota nominale piuttosto contenuta (3,9% nel 2008), ma ha una base imponibile molto allargata dal coinvolgimento del costo del lavoro (sebbene in parte mitigato dal c.d. “cuneo fiscale”, altra meraviglia che varrebbe la pena trattare in separata sede) e dagli oneri finanziari, per cui l’aliquota effettiva risulta in molti casi molto elevata, tanto da condurre spesso in perdita molte aziende.La demagogia così fa ancora capolino: diranno alcuni “Avete visto che imposta sono riusciti a confezionare ? Riesce a tassare anche le aziende in perdita ! Così pagano le tasse anche gli evasori !”.Peccato, però, perché in molti casi si confondono i termini della questione: spesso non è l’IRAP che tassa le aziende in perdita, ma è essa stessa la causa primaria della perdita.Provare per credere: analizzando alcuni bilanci di molte medie aziende si rilevano dati assurdi per cui l’utile ante-imposte risulta spesso piuttosto corposo ma dopo le imposte si trasforma in perdita ? Che significa ?Ora, a parte il discorso sulle aliquote reali, come lo spieghi all’investitore straniero di turno ?Anche senza farsi un quadro della nostra lungimirante burocrazia, dopo aver sentito che c’è un’imposta che manda le aziende in perdita, sparisce dalla circolazione con il primo aereo disponibile.E così va ad investire nel Botswana, che è al di sopra dell’Italia nella classifica dei paesi attraenti per i capitali stranieri.Si può essere più masochisti di così ?Il vero miracolo italiano consiste nel resistere nonostante tutto, nonostante la follia autolesionista dei nostri governanti.Ma chi li paga ?La parola a Tremonti, please.