I Tribunali italiani vantano un arretrato-record di circa 5 milioni e mezzo di cause civili che si vorrebbe smaltire reintroducendo le "sezioni stralcio". Intanto il 20 marzo 2011 esordirà una nuova figura, il "mediatore".
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Il Ministero della Giustizia sta pensando all'ipotesi di reintrodurre le cosiddette “sezioni stralcio” con il compito di smaltire il carico dei ruoli dei Tribunali italiani che vantano un arretrato-record di circa 5 milioni e mezzo di cause civili. Questa soluzione non rappresenta una novità perchè, per fronteggiare l'emergenza in cui versa da sempre la giustizia civile, fu introdotta per la prima volta nel 1997 dal primo governo Prodi, su proposta del ministro della Giustizia Carlo Maria Flick. In quella occasione, il Parlamento approvò la costituzione di una “squadra speciale” composta da mille giudici (ai quali fu dato l'orrendo appellativo di “Goa”, Giudici onorari aggregati). Si trattava di una figura di “giudici speciali” ai quali fu demandato il compito di smaltire un arretrato di 800 mila cause entro il 2001: inutile dire, che molti di questi giudici continuarono ad operare in regime di “prorogatio” in quanto non fu possibile rispettare tale scadenza. Questa operazione comportò per lo Stato un onere aggiuntivo di 20 milioni di lire a titolo di indennità annua per ciascun giudice oltre ad 250 mila lire per ogni sentenza o verbale di conciliazione per una spesa complessiva di 574 miliardi di lire fino al 2001 e di 37,7 miliardi all'anno a regime per gli anni successivi (dati de “Il Sole 24 ore”, 31 ottobre). Il progetto del Ministero della Giustizia è, ora, quello di istituire sezioni stralcio composte prevalentemente dai magistrati che si accingono ad andare in pensione. Quest'anno, stando alle stime fornite dal Csm, sarebbero 350 i magistrati che andranno a riposo entro il 30 novembre. Il motivo di questa fuga è da ricercare nella norma che prevede la rateizzazione del Tfr e il blocco delle retribuzioni a far data dal prossimo 1° dicembre. L'introduzione delle sezioni stralcio potrebbe consentire ad alcuni di questi magistrati di continuare a svolgere le proprie funzioni nell'ambito della magistratura, pur stando a riposo. Ora il problema che si pone è, come sempre, di natura finanziaria. Occorrerà valutare l'impatto di questa mini-riforma sotto il profilo della compatibilità con la politica finanziaria del governo che non intende consentire a ciascun Ministero di derogare ai tetti di spesa già fissati. Vedremo come finirà. Resta il fatto che in questi anni, quando si è parlato dei problemi della giustizia, l'attenzione dell'opinione pubblica si è sempre attestata sul versante della giustizia penale. Lo stesso esecutivo, per varie ragioni, ha sempre denotato minore attenzione verso i problemi che attanagliano la giustizia civile che non si possono certamente risolvere, né mitigare, con la reintroduzione delle sezioni-stralcio o, per esempio, con l'introduzione della “mediazione” come modo alternativo di risoluzione delle liti. Quest'ultimo istituto, che entrerà in vigore il 20 marzo 2011, prevede l'obbligo per il cittadino di esperire le vie di questa nuova forma di “giustizia alternativa” demandando la soluzione della lite ad un’altra figura di “giudice speciale” che avrà il compito di persuadere le parti a trovare una soluzione in grado di evitare il sorgere della causa. Tale riforma prevede che possa svolgere questo inedito compito di mediazione chiunque possieda una qualsiasi laurea triennale o chiunque sia iscritto ad un Ordine Professionale (dunque, anche un ragioniere, un geometra, un ingegnere o un commercialista). Va detto che il ventaglio delle controversie “mediabili” risulta alquanto esteso (condominio, diritti reali, divisioni, successioni, locazioni, responsabilità medica, diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi e finanziari) ma sarebbe stato opportuno limitare l'applicabilità di questa nuova fattispecie ad una tipologia di controversie più limitata. Anche da questo modo di operare si evince, da parte del legislatore, un approccio corrivo e superficiale ai problemi della giustizia civile che stanno esasperando il cittadino non meno di quella penale. In particolare, il sistema delle imprese non intende tollerare le estenuanti lungaggini del processo civile. Sistema produttivo e sistema giudiziario sembrano costituire, in modo paradossale, due realtà antagoniste. Un'economia competitiva avrebbe bisogno di una giustizia idonea a garantire la tempestiva tutela delle ragioni delle parti. Negli ultimi tempi, di contro, abbiamo assistito a vere e proprie “sciagure normative” che hanno finito per alimentare la sfiducia degli operatori economici più virtuosi. Si pensi alla Legge Fallimentare che ha introdotto dei parametri che, di fatto, hanno sottratto ai creditori la possibilità di sanzionare con il fallimento la condotta fraudolenta dei debitori (per far fallire un debitore, la norma prevede che vi siano debiti per almeno 500 milaeuro!). Sbagliano i nostri governi a sottovalutare il problema giustizia che esiste nel nostro paese perché questo problema alimenta il distacco esistente tra cittadino e istituzioni che, col tempo, potrebbe minare le stesse basi democratiche dello Stato.