Il rapporto tra web e democrazia rappresenta un tema che dovrebbe interessare tutti perché le forme di comunicazione della Rete, del tutto peculiari, condizionano in modo significativo i processi di formazione del consenso. Mediante un tablet o un cellulare, chiunque, oggi, è in grado di diffondere su larga scala le sue opinioni, di illustrare le sue tesi e di ambire, perfino, a fare proselitismo. Questa prerogativa del web si fonda su un famoso paradosso di Nietzsche secondo cui “i fatti non esistono, esistono solo le interpretazioni”. In quest'ottica, chiunque è in grado di confezionare una verità del tutto avulsa dai fatti reali che vengono deprivati della loro intrinseca oggettività.
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In una celebre “lectio magistralis” tenuta nel 2015 all’università di Torino, Umberto Eco sollevò un polverone affermando che “i social media danno spazio a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”. Da tempo si discute del ruolo debordante della tecnologia nelle relazioni sociali, tuttavia, a molti, sembra sfuggire la capacità della Rete di incidere sul funzionamento della nostra democrazia. Il rapporto tra web e democrazia rappresenta un tema che dovrebbe interessare tutti perché le forme di comunicazione della Rete, del tutto peculiari, condizionano in modo significativo i processi di formazione del consenso. Mediante un tablet o un cellulare, chiunque, oggi, è in grado di diffondere su larga scala le sue opinioni, di illustrare le sue tesi e di ambire, perfino, a fare proselitismo. Questa prerogativa del web si fonda su un famoso paradosso di Nietzsche secondo cui “i fatti non esistono, esistono solo le interpretazioni”. In quest'ottica, chiunque è in grado di confezionare una verità del tutto avulsa dai fatti reali che vengono deprivati della loro intrinseca oggettività. La fabbrica di post-verità e di fake news, di quelle che, più prosaicamente, usiamo definire “bufale”, nasce dalla convinzione che la realtà fenomenica sia del tutto marginale rispetto alla sua interpretazione. Si ponga mente al negazionismo dei campi di concentramento. Prima dell’avvento del web, chiunque avesse osato ritenere la Shoah un'invenzione dei vincitori veniva tacciato di fanatismo filo-nazista. Oggi, per una parte crescente dell'opinione pubblica, le testimonianze dei superstiti risultano meno suggestive della tesi che ha per oggetto la falsificazione della Storia da parte degli americani di cui si utilizza la vocazione imperiale per accreditare l'accusa manipolatoria. La costruzione di una post-verità può essere giocata, quindi, sulla de-costruzione della realtà da cui è possibile estrarre qualunque elemento ritenuto idoneo a suffragarla (l’imperialismo come fatto vero viene utilizzato per legittimare un fatto non vero come la manipolazione). La Rete consente, pertanto, ad ogni utente di costruire una verità in grado di resistere a qualunque confutazione. L’utente ha sempre ragione e, in questa architettura dell’assurdo, trova ufficio un espediente che ricorda una celebre boutade di Voltaire: quando non si è in grado di attaccare l’argomento, si attacca l’argomentatore. In questo, il web mostra tutta la sua straripante potenza: la denigrazione, l’irrisione, l’insulto, rappresentano il piatto che viene puntualmente servito a chiunque osi sconfessare l'artefice di una bufala. Per queste ragioni, il web è da considerare il miglior alleato del populismo e, nel contempo, il peggiore nemico della democrazia che ha la colpa di averne sottovalutato le componenti eversive. Nella Rete tutti possono dire tutto e tutti si sentono in diritto di giudicare tutti, giungendo perfino a dare del cretino al grande scienziato di cui viene usata la bassa statura per biasimare il suo dissenso da una tesi ritenuta, a torto, incontestabile. Il grande inganno del web consiste in questa sua natura di agorà virtuale che regala l'illusione di una democrazia fittizia nella quale, grazie ad una compiuta e totale libertà di espressione, ci illudiamo di essere tutti uguali in tutto. Ma sappiamo bene che non è così: per questo sono in tanti ad affogare nel mare magno di una Rete nella quale solo un cittadino attrezzato culturalmente può essere in grado di sceverare i fatti dalle interpretazioni, le verità dalle menzogne. Una Rete pullulante di fake news rappresenta un pericolo per la democrazia perchè, come si è detto, le fake news sono in grado di modificare la percezione della realtà e di influenzare il cittadino spingendolo a condividere una falsità abilmente confezionata e diffusa attraverso i social media. Per neutralizzare queste insidie del web, c'è un solo modo: quello di formare il cittadino all'interno di un sistema scolastico finalmente disposto a vedere nel web un’entità antagonista dotata di un'efficacia pedagogica di gran lunga superiore. Il sapere e la cultura restano, pertanto, le uniche armi con cui una democrazia può battere le menzogne del web. Sempre che si voglia davvero formare un cittadino colto e consapevole..
Editoriale apparso su La Provincia di lunedì 14 ottobre 2019