A differenza di Luigi Di Maio, sempre cangiante sull'Europa, Giuseppe Conte sembra esprimere una linea più chiara e più coerente sulla posizione del nostro paese nei rapporti con l'Ue. Probabilmente in questa fase si sta dischiudendo a Conte la grande opportunità di assurgere alla leadership del movimento 5 Stelle che su molti (forse, troppi), temi ha pagato la propria fragilità identitaria lasciando campo libero ad un alleato che suole spesso comportarsi da avversario. Dopo la “quota 100” e il “reddito di cittadinanza”, il governo dimostra di non essere più in grado di sviluppare una linea comune a meno che non si realizzi l'ipotesi, per nulla peregrina, che, pur di evitare nuove elezioni, i 5 Stelle non si rassegnino ad una comoda subalternità alla Lega.
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Dopo le schermaglie che hanno accompagnato la campagna elettorale, tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio é nuovamente scoppiata la pace. Le cronache raccontano che, all'interno dell'esecutivo, stia cominciando a prevalere l'idea di un definitivo regolamento dei conti con l'Unione europea che, nel prossimo autunno, sarà il vero nemico su cui saranno concentrati i fuochi del governo. Come era prevedibile, il risultato delle elezioni europee ha irrimediabilmente indebolito il ruolo di garanzia del premier Conte il quale ha già capito che, per assicurarsi una lauta sopravvivenza politica, gli converrà allinearsi al movimento 5 Stelle al cui interno é l'unico esponente in grado di succedere credibilmente a Luigi di Maio. Nei prossimi mesi, pertanto, assisteremo ad uno scontro crescente tra Salvini e Conte che avrà un significato politico che trascende la mera competizione per il primato personale all'interno del governo. Naturalmente il premier non può fingere di ignorare il tentativo della Lega di sovrapporre surrettiziamente al governo in carica un “governo Salvini”. Tuttavia, il perimetro delle frizioni tra i due leader andrà ben oltre e si estenderà alla linea da tenere con l'Unione europea che rappresenta il vero “thema decidendum” in grado di dare ancora un senso a questa alleanza. Giuseppe Conte, pertanto, rischia di diventare il vero antagonista di Salvini nell'approccio con i partner europei. In questi anni, sull'Europa, Luigi Di Maio non é mai stato in grado di rappresentare all'opinione pubblica, non solo il suo convincimento personale, ma anche l'orientamento del suo movimento. L'ultima piroetta risale a qualche giorno fa: in campagna elettorale Di Maio ha apostrofato Salvini dicendo che “é da irresponsabili mettere in discussione i nostri impegni con Bruxelles”; di contro, dopo il voto, il leader pentastellato si é detto favorevole alla flat tax, purché “fatta in deficit” e senza tagliare il welfare. A differenza di Luigi Di Maio, sempre cangiante sull'Europa, Giuseppe Conte sembra esprimere una linea più chiara e più coerente sulla posizione del nostro paese nei rapporti con l'Ue. Probabilmente in questa fase si sta dischiudendo a Conte la grande opportunità di assurgere alla leadership del movimento 5 Stelle che su molti (forse, troppi), temi ha pagato la propria fragilità identitaria lasciando campo libero ad un alleato che suole spesso comportarsi da avversario. Dopo la “quota 100” e il “reddito di cittadinanza”, il governo dimostra di non essere più in grado di sviluppare una linea comune a meno che non si realizzi l'ipotesi, per nulla peregrina, che, pur di evitare nuove elezioni, i 5 Stelle non si rassegnino ad una comoda subalternità alla Lega. Per Salvini, la prossima manovra finanziaria rappresenta un punto di svolta che non ammette compromessi: occorre portare alle estreme conseguenze lo scontro iniziato lo scorso autunno costringendo i partner europei a togliere all'Italia quel cappio che, secondo Salvini, impedirebbe alla nostra economia di crescere e di rimettersi al passo degli altri paesi. L'ultima trovata dei “minibot” rientra perfettamente nella logica di un conflitto che servirà al leader della Lega per giustificare la mancata realizzazione di misure che risultano intrinsecamente incompatibili, in linea con una concezione della politica, già vista in passato, di cui stiamo tuttora pagando le conseguenze. Governare con il debito, facendo a brandelli il bilancio dello Stato, rappresenta un azzardo che neppure il più impavido dei keynesiani sarebbe in grado di concepire dato che non si può pensare di espandere la spesa e, nel contempo, tagliare le entrate con l'introduzione della flat tax. Poiché é da escludere che Salvini non lo sappia, sarebbe utile capire dove, il nostro ministro degli Interni, vuole portare il nostro paese. Il premier Conte forse lo ha capito, ora lo faccia capire anche agli italiani.
Editoriale apparso su La Provincia del 17 giugno 2019