La grave esposizione debitoria americana verso la Cina ha indotto le autorità cinesi a chiedere idonee garanzie visto che il Piano di Obama, generando inflazione, potrebbe rendere più gestibile il debito americano attraverso la svalutazione e il conseguente rilancio delle esportazioni. Serve una nuova Bretton Woods in grado di creare un nuovo ordine monetario internazionale.
La grande recessione che ha colpito l’Occidente industrializzato ha fatto emergere il dato inedito della forte esposizione debitoria degli Stati Uniti nei confronti della Cina. La Repubblica Popolare Cinese è infatti il primo paese con il quale l’amministrazione americana dovrà fare i conti per sistemare il proprio indebitamento con l’estero. La preoccupazione di Pechino non riguarda la solvibilità americana ma verte sulla paura che, con qualche espediente di politica monetaria, gli americani possano alleggerire il peso di tale indebitamento. Una premeditata impennata dell’inflazione potrebbe, ad esempio, propiziare una svalutazione del dollaro in grado di tradursi nel rilancio delle esportazioni e nel beneficio di un debito estero più gestibile. Bisogna quindi ammettere che i timori del governo cinese non sono affatto peregrini. L’intero establishment economico e finanziario degli Stati Uniti sta discutendo dei possibili effetti del piano Obama sulla valuta americana. Il rischio di una ripresa dell’inflazione viene paventato da gran parte degli economisti, non soltanto di quelli di scuola monetarista, notoriamente ostili ad ogni artificiosa iniezione di liquidità, ma anche dagli economisti di scuola keynesiana i quali ammettono le conseguenze inflative di un debito pubblico finanziato con l’emissione di nuova moneta. Al di là delle tradizionali dispute tra le due scuole di pensiero, la sensazione è che i timori di Pechino siano più che fondati. Il Piano Obama può generare focolai di inflazione in grado di assicurare alla valuta americana una salutare svalutazione capace di incidere sul debito estero. Per questo motivo, la Cina ha rilanciato la necessità di varare un nuovo ordine monetario internazionale che si fondi sulla creazione di una nuova valuta globale. Si tratta di una proposta che suona rivoluzionaria ma occorre ricordare che il primo a formularla è stato Keynes, a Bretton Woods, nel 1944, e ribadita anni dopo da De Gaulle. Come era prevedibile, i consulenti di Obama hanno già dichiarato expressis verbis che non intendono sacrificare il dollaro sull’altare di una valuta globale. Ciò è comprensibile per le conseguenze che ne discenderebbero. Una valuta globale finirebbe, infatti, per decretare la fine del supremazia degli Stati Uniti e dell’ordine monetario finora vigente. Chi caldeggia la proposta cinese, di contro, è il Fondo Monetario Internazionale il quale, va ricordato, lavora da tempo per la creazione di una moneta internazionale, oggi rappresentata dai Diritti Speciali di Prelievo che rappresentano solo una moneta contabile, cioè una unità di conto come lo era l’Ecu prima dell’avvento dell’Euro. Anche su tale punto il governo cinese ha formulato una proposta su cui conviene soffermarsi. I Diritti Speciali di Prelievo sono dei prestiti senza obbligo di rimborso, concessi dal Fmi ai paese aderenti, il cui valore è ricavato da un paniere di valute nazionali che a tutt’oggi sono il dollaro statunitense, l’euro, la sterlina inglese e lo yen. Il Governatore della Banca Centrale cinese, Zhou Xiaochouan, ha dichiarato che per evitare le gravi recessioni come quella in corso l’unico modo è creare una moneta mondiale in grado di resistere alle instabilità delle monete nazionali. Poiché la creazione di tale moneta necessiterebbe di tempi lunghi, nel frattempo sarebbe utile allargare il paniere dei Diritti Speciali di Prelievo ad altre valute. In questo modo si getterebbero le basi di quella valuta globale che potrebbe davvero essere l’inizio di una nuova era. Con l’impetuosa crescita della sua economia ma anche con un approccio del tutto inedito alle problematiche dell’economia globale, la Cina sembra rappresentare l’unico elemento dinamico di un capitalismo malato di immobilismo. Serve una nuova Bretton Woods in grado di gettare le basi di un nuovo ordine monetario internazionale. Vedremo se gli Stati Uniti e i partners europei sapranno mantenere salda la loro leadership facendosi interpreti del cambiamento imposto dalla globalizzazione che essi hanno cercato e voluto, forse è giusto dirlo, con qualche pentimento.