Proponiamo uno stralcio del primo capitolo del libro "Perchè ce la faremo" (edito da Ponte delle Grazie) scritto da Marco Roveda, imprenditore illuminato e visionario che ha fatto dell'ambientalismo la sua ragione di vita. "Fattoria Scaldasole" e "Lifegate" rappresentano le sue grandi scommesse imprenditoriali che si fondano sulla necessità di promuovere la diffusione di una nuova coscienza ecologica, unica, vera discriminante tra chi vuole conservare e chi vuole innovare.
Dati alla mano, ecco un quadro della situazione in cui ci troviamo attualmente in Italia e nel mondo:
• L'industria energetica, i trasporti, le attività industriali, i consumi energetici residenziali e commerciali, l'agricoltura e la stessa gestione dei rifiuti stanno producendo, a livello mondiale, una quantità di emissioni di anidride carbonica superiore a quella che l'ecosistema può smaltire. La concentrazione media dell'anidride carbonica è aumentata da 275 parti per milione, prima della rivoluzione industriale, a 315 parti per milione, negli anni '50, e ha raggiunto le 368 parti per milione nel 1999.
• La distribuzione delle emissioni è molto squilibrata, nei paesi più sviluppati arriva a essere 25 volte superiore, pro capite, dei paesi ancora meno industrializzati.
• L'aumento di CO2 e di altri gas serra è responsabile dell'aumento della temperatura nell'ultimo secolo.
• La calotta artica si è già assottigliata del 42% e negli ultimi quindi anni il tasso di scioglimento dei ghiacci è più che raddoppiato. Continuando a questo ritmo si avrebbe un innalzamento del livello dei mari di 100 metri entro il 2100.
• Le foreste originarie sono oggi più che dimezzate.
• Il 30% delle foreste tropicali è già stato distrutto per il mercato del legno.
• Ogni decennio viene deforestata un'area grande quanto tre volte l'Italia.
• Il 50% di tutte le specie viventi abita nelle foreste tropicali.
• Si estinguono 74 specie di animali e di piante ogni giorno.
• La distruzione degli habitat naturali mette a repentaglio l'esistenza di più dei due terzi delle specie di uccelli che popolano la Terra, di queste, più di 1000 sono a rischio di estinzione.
• Una specie di pianta tropicale su 10 contiene sostanze attive per la salute e contro il cancro. Risorse che sono perdute prima ancora di essere conosciute e valorizzate.
• La deforestazione, e la conseguente erosione, stanno abbassando il livello delle riserve idriche mondiali.
• Ogni giorno vengono riversati nei fiumi circa due milioni di tonnellate di rifiuti industriali, prodotti chimici e residui agricoli. L'inquinamento mondiale attuale raggiunge i 12 mila chilometri cubi d'acqua. Per ogni litro di acqua utilizzato, ce ne sono almeno otto avvelenati.
• Un miliardo e mezzo di popolazione mondiale non ha accesso ad acqua potabile.
• Trentamila persone al giorno, nel mondo, muoiono per malattie dovute al consumo di acqua non salubre.
• Ogni abitante della terra ha a sua disposizione circa 6.600 metri cubi di acqua all'anno, un terzo di quella che aveva negli anni '50, quasi il doppio di quella che avrà nel 2050.
• La pesca, nell'ultimo mezzo secolo, è cresciuta di cinque volte.
• il 27 % della barriera corallina oceanica è andata perduta, il 60%è colpito dal fenomeno di sbiancamento.
• Il 70% degli stock ittici mondiali sono sovrasfruttati o esauriti.
• La produzione di rifiuti urbani, in Italia, ha raggiunto nel 2000 i 29 milioni di tonnellate, un dato tuttora in crescita.
• Solo in Italia ci sono 30 mila metri cubi di rifiuti tossici e pericolosi da stoccare, accumulatisi negli anni in cui erano attive le centrali nucleari. A questi, ogni anno si aggiungono altri 2 mila metri cubi provenienti dal campo medico.
Proviamo a immaginare il pianeta come un'azienda che, come tutte le aziende, alla fine dell'anno deve chiudere il bilancio. Può chiuderlo in passivo anche per diversi anni se ha risorse, ma non può farlo sempre, prima o poi deve almeno pareggiare. Noi stiamo attingendo da troppi anni alle risorse ambientali della terra e queste sono ormai quasi esaurite, dobbiamo cambiare sistema se non vogliamo collassare.
Non è vera l'equazione su cui si basa la nostra economia: "materia + manodopera = costo prodotto". Il costo del prodotto è, invece, dato da "materia + manodopera + costo ambientale" e il costo ambientale è un costo che non riguarda l'azienda ma l'umanità.
Le fonti energetiche sono centralizzate
Il modello di sviluppo industriale contemporaneo è basato sul petrolio e sui suoi derivati come principale fonte energetica. Attualmente, sono solo otto aziende, otto colossi petroliferi, che controllano i flussi delle fonti energetiche del pianeta. Un numero di realtà troppo ristretto che fa sentire pesantemente la sua influenza nelle questioni politiche ed economiche internazionali. Un oligopolio, che può fare il bello e il cattivo tempo e condizionare gli sviluppi del mercato.
Una società basata sul petrolio come principale risorsa energetica è inevitabilmente vittima di ogni forma di possibile ricatto, oltre a essere estremamente vulnerabile alle perturbazioni politiche internazionali.
Una società basata sul petrolio, inoltre, non è più ecosostenibile perché il danno ambientale causato dalle emissioni di anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili sarà presto irreparabile.
Le nazioni che hanno avuto accesso all'energia dei combustibili fossili si sono arricchite in modo incommensurabile
Se è vero che chi è ricco consuma più energia, è anche vero che chi ha molta energia è ricco. E chi non ha energia, è povero!
Nella società medioevale la risorsa energetica fondamentale era quella derivata da prodotti vegetali o animali, come legna, carbone di legna, torba, sterco di bovini e cammelli. Una risorsa che ancora oggi è la fonte energetica principale per due miliardi e mezzo di persone, rappresentando circa il 50% del consumo di molti dei paesi in via di sviluppo, ma solo il 3% del consumo mondiale di energia .
Nella società contemporanea è il combustibile di origine fossile a essere dominante: petrolio, gas naturale e carbone. L'85% dell'energia prodotta attualmente deriva da combustibile fossile, il 7% dall'energia nucleare e il restante 8% dall'energia idroelettrica, geotermica, solare, eolica.
Con il petrolio e i suoi derivati non solo facciamo funzionare auto, aerei, industrie, impianti di riscaldamento e di illuminazione, ma fabbrichiamo materie plastiche, medicinali, fertilizzanti, tessuti, e una quantità incredibile di oggetti.
La produzione di petrolio è aumentata vertiginosamente, di più di otto volte in cinquant'anni: nel 1946, nel mondo, se ne producevano 400 milioni di tonnellate, per arrivare a 3500 milioni di tonnellate nel 2002 .
Oggi è la nostra primaria fonte di energia, e due terzi delle riserve mondiali di petrolio sono localizzati in Medio Oriente.
Tre buone ragioni per ricercare nuove fonti di energia
La prima. Stiamo raggiungendo “il picco” della produzione di gas metano e petrolio.
Non è facile fare previsioni esatte sulla possibile durata delle scorte planetarie di petrolio e gas naturale. Alla fine degli anni '70 già si pensava che fossero prossime ad esaurimento, ma la scoperta, nel frattempo, di nuovi giacimenti ha ritardato sicuramente questo momento.
Oggi c'è chi dice che il picco verrà raggiunto tra 8 anni, chi parla di 16 e chi addirittura rimanda questo momento di ancora 30 o 40 anni. Le riserve mondiali attuali di oro nero sono stimate attorno a 140 miliardi di tonnellate , ma in realtà non abbiano garanzie sull'esattezza dei dati poiché molte nazioni dichiarano di possedere riserve maggiori di quanto effettivamente dispongono per aggiudicarsi più quote di produzione e ottenere così prestiti internazionali dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale a migliori condizioni. Le società produttrici di energia non hanno neppure loro l'interesse di far sapere quanto vicini siamo alla soglia dell'esaurimento di queste risorse primarie e invece di usare il tempo ancora a disposizione per favorire una riorganizzazione dei sistemi produttivi a favore di altri tipi di energie, si concentrano esclusivamente su quegli obiettivi a corto termine che possono aumentare il fatturato e, di conseguenza, la loro quotazione in borsa.
Eppure un cambiamento è non solo necessario, ma inevitabile. Nella sua approfondita analisi del problema dell'approvvigionamento energetico, l'economista e ben noto saggista Jeremy Rifkin traccia nel suo ultimo libro un quadro complesso e preciso che evidenzia le ragioni dell'inevitabile e probabilmente imminente declino della civiltà fondata sul petrolio, in cui il raggiungimento in pochi decenni del picco di produzione del petrolio, prima, e del gas metano, poco dopo, è soltanto una e neppure la più vincolante delle cause.
La seconda ragione. È necessario ridurre il consumo dei combustibili fossili per diminuire l'emissione nell'atmosfera di quantità eccessive di anidride carbonica e rallentare così il riscaldamento dell'atmosfera terrestre. Nel rapporto 2002 della National Accademy of Sciences statunitense viene tracciato un quadro della situazione che rivela non solo i dati di aumento delle temperature e scioglimento di ghiacciai e nevi perenni, negli ultimi anni, ma traccia un raffronto tra dati attuali e dati paleoclimatici – relativi ai repentini e radicali cambiamenti avvenuti alla fine dell'ultima glaciazione, 11.500 anni fa – mettendo in guardia che quando un sistema è prossimo a una soglia, il cambiamento può essere non graduale e proporzionale ma brusco e permanente, innescato da uno qualsiasi dei fattori in gioco, che agirebbe come la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Una terza ragione per rivolgere l'attenzione verso fonti energetiche diverse è l'instabilità politica della regione Mediorientale, in cui sono localizzati i maggiori depositi mondiali di petrolio e gran parte del gas metano mondiale.
Il Medio Oriente sarà l'ultimo, e l'unico, ad avere il petrolio.
Se il fondamentalismo islamico dovesse prendere il potere, la trattativa non sarebbe certo facile.
Gli Stati Uniti consumano più di un quarto della produzione mondiale di petrolio e derivati. Essendo stati per molto tempo leader della produzione, sanno molto bene che cosa vuol dire "picco di produzione": nel 1970 le loro riserve nazionali erano ormai dimezzate, la scoperta di nuovi giacimenti è diventata sempre più rara e da allora gli Stati Uniti dipendono sempre più dall'importazione.
Nell'autunno del 2001 i russi hanno sommerso il mercato con il loro petrolio, facendone crollare il prezzo. L'esportazione nel settore energetico costituisce attualmente il 40% delle entrate dello Stato, ma è una situazione che non è destinata a durare molto, perché anche le riserve sovietiche sono in costante diminuzione, in base ai dati dichiarati.
Possono esserci pareri discordanti su quando esattamente il picco di produzione verrà raggiunto, ma c'è qualcosa su cui tutti concordano: il prezzo del petrolio è inesorabilmente destinato a salire. E quando nel resto del mondo non ce ne sarà più una goccia, ci sarà qualcuno con ancora abbondanti riserve, e questo qualcuno potrà imporre il proprio prezzo e le proprie condizioni: i paesi del Golfo Persico.
Maometto non era un fondamentalista islamico
La fede islamica conta oggi più di un miliardo di persone di ogni razza, nazionalità e cultura, prevalentemente nell'area compresa tra le Filippine del Sud e la Nigeria, con numerose minoranze nell'ex Unione Sovietica, in Cina, nelle Americhe e in Europa. Il 18% risiede nel mondo arabo e 10 dei 13 paesi dell'Opec, l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, sono nazioni islamiche e se vogliamo comprendere la situazione politica ed economica internazionale e i suoi possibili sviluppi, dobbiamo comprendere anche la natura e le implicazioni di questo crescente successo dell'Islamismo. Con la premessa che il fondamentalismo sta alla religione mussulmana come l'Inquisizione spagnola sta alla religione cristiana.
La nascita della religione islamica ha una precisa data, il 610 d.C., quando all'età di 40 anni Maometto, ha la sua prima rivelazione di Dio e ne diventa il profeta. Il termine arabo "Islam" ha la radice nella parola "pace", salam, e significa sottomissione, intesa come completa sottomissione alla volontà di Dio.
Una delle ragioni della rapida diffusione dell'Islam sta nella semplicità della sua dottrina: insegna ad avere fede e adorare un Unico Dio ed è soprattutto una guida pratica di comportamento per creare una società più giusta e più umana, che salvaguarda i deboli e predica l'amore e il rispetto per il prossimo. Tra alcuni dei detti di Maometto alla base della fede islamica: "Dio non giudica basandosi sulle vostre apparenze o sul vostro fisico, ma scandaglia il vostro cuore e osserva il vostro operato". "Colui che mangia a sazietà mentre il suo vicino è senza cibo non è un credente". "Dio non ha pietà per coloro che non hanno pietà per gli altri". "Nessuno è un vero credente finché non desidera per i suoi fratelli ciò che desidera per sé".
L'Islamismo, nella sua visione più matura – non certo quella fondamentalista – è un modo di vivere, una pratica che sprona all'attività in prima persona, all'aiuto reciproco e fraterno, all'attività e alla responsabilizzazione di tutta la comunità, comunità a livello locale prima, e collettivo di un paese e di una nazione poi. Il rapporto tra vita quotidiana e spirituale è molto stretto.
Grazie a questa visione unitaria l'Islamismo ha creato una civiltà fiorente, che durante l'oscuro medioevo europeo è stata sede di un grande progresso nelle scienze e nelle arti, e ha dominato la scena culturale e politica per più di 5 secoli.
Mentre il successo di questa cultura era dato proprio da una concezione dell'individuo al servizio di Dio, la cultura Occidentale ha trovato la sua strada e il proprio successo prendendo la direzione opposta, dichiarando la libertà dell'uomo e la sua indipendenza dalla volontà divina, separando totalmente la sfera della spiritualità dal mondo del lavoro. Inizia così la sua rapida scalata verso l'egemonia politica ed economica e vengono poste le basi la moderna società materialistica.
Nel tentativo di recuperare il predominio perduto e di fare proprio questo successo, dall'inizio del 900 si è diffuso nell'ambito della società islamica un forte movimento favorevole all'occidentalizzazione, con la creazione di stati sovrani, di strutture politiche ed economiche simili a quelle occidentali, è stato avviato un processo di modernizzazione i cui presupposti sono in contraddizione con i principi della religione mussulmana. Questa svolta non è stata in grado di riportare il mondo arabo e mussulmano all'antico splendore, ma ha anzi posto le basi per una profonda crisi di identità.
Il fondamentalismo islamico è di origine relativamente recente, nasce negli anni '70, nel pieno della crisi di identità mussulmana, quando la contraddizione dei governi arabi filo-occidentali è ormai evidente. Conseguentemente alla repressione della dissidenza politica e dell'opposizione religiosa, e al profondo divario tra ricchi e poveri, inizia a diffondersi nella popolazione, soprattutto nei ceti meno favoriti dalla modernizzazione, l'idea che abbandonare gli insegnamenti di Dio e del Corano ha fatto cadere in disgrazia il mondo mussulmano e ha permesso al materialismo occidentale di contaminarne la cultura. Su posizioni spesso più estremiste di qualsiasi esponente religioso mussulmano, forte di una semplificazione degli eventi politici, riconducibili a un quadro in cui ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, attorno a un messaggio esasperato di ripristino della legge coranica e di Guerra Santa all'Occidente, molti giovani mussulmani ritrovano oggi una loro identità, una loro dignità, una ragione per vivere e, purtroppo, anche per morire: la costruzione di quello che credono sarà un mondo migliore.
1° scenario: la "Guerra Totale"
Dal punto di vista energetico, dal punto di vista ambientale, dal punto di vista politico, la situazione è molto critica e potrebbe facilmente degenerare. Lo squilibrio attuale in questi tre campi – energetico, ambientale e politico – rende il pianeta estremamente vulnerabile. Nella società contemporanea vi è una fitta rete di interconnessioni tra approvvigionamento energetico, attività produttiva, organizzazione sociale e scelte politiche, e le conseguenze degli attentati dell'11 settembre 2001 possono darci un'idea delle molteplici implicazioni che anche atti isolati possono avere sull'intero sistema. Ogni atto di forza rischia di portare con sé reazioni altrettanto violente. Senza una profonda conoscenza dell'intero sistema su cui si interviene, come nel caso della situazione mediorientale, senza la consapevolezza delle implicazioni di ogni scelta o di ogni mancata scelta, il rischio cui andiamo incontro attualmente è quello di scatenare una "guerra totale".
Ma anche rimanere tranquillamente seduti nei nostri salotti a guardare che cosa succede nel mondo è un atto di forza. Continuare imperterriti con il nostro stile di vita non ecocompatibile ci rende complici di questa corsa verso quello che viene chiamato il "punto di non ritorno", una serie di cambiamenti ormai irreparabili, dal punto di vista ambientale, che vedrebbero i nostri figli o i figli dei nostri figli alle prese con drastici trasformazioni climatiche, con lo scioglimento dei ghiacci e l'innalzamento dei livelli dei mari, con il problema dell'isterilimento dei suoli, con l'accrescersi dei problemi di salute dovuti all'aumento di sostanze inquinanti nell'aria, nell'acqua, nel terreno, con l'esaurirsi delle tradizionali fonti energetiche, con montagne di rifiuti da dover collocare da qualche parte, con una popolazione mondiale crescente a dismisura che preme ai confini del mondo industrializzato, disposta, comprensibilmente, a lottare per la propria sopravvivenza.
La problematica ambientale, anche da sola, se abbandonata a se stessa, porta inevitabilmente allo stesso scenario di guerra totale.
2° scenario: verso nuovi modelli di vita
Siamo davanti a un bivio e molto può ancora essere cambiato, anche in direzioni più auspicabili.
Accordi internazionali possono far diminuire le emissioni di agenti inquinanti nel nostro ecosistema, lo sfruttamento delle foreste primarie può essere sostituito con l'intensificarsi della riforestazione, il diffondersi della cultura del riciclaggio può cominciare a risolvere il problema dei rifiuti, un consumo più attento e consapevole può ridurre lo spreco. Ma la grande sfida dei nostri tempi, quella che davvero può rapidamente porre le basi per un nuovo modello di vita, è la sostituzione del petrolio con altre forme alternative di energia, meno monopolizzabili e meno inquinanti.
Esistono forme alternative di energia – energia geotermica, eolica, fotovoltaica – ma ancora non sono state fatte ricerche sufficienti per le loro possibili realizzazioni su vasta scala e, soprattutto, non c'è ancora la volontà politica ed economica necessaria alla loro diffusione. Tra le ipotesi più promettenti è quella dello sfruttamento di una risorsa presente in abbondanza su tutto il pianeta, l'idrogeno, estratto dall'acqua, che sarebbe un ottimo accumulatore di energia, non inquinante, praticamente inesauribile e a disposizione di tutti.
Non siamo, quindi, in un vicolo cieco. Molto, veramente molto, può ancora essere fatto. In questo caso non possiamo dire "non è mai troppo tardi", ma possiamo dire "non è ancora troppo tardi". Esistono altri scenari, più auspicabili, per il futuro, e non c'è bisogno di tornare indietro a quando il progresso non era ancora una minaccia per l'equilibrio ambientale, ma possiamo andare ancora più avanti, usando il meglio della tecnologia contemporanea per creare nuovi tipi di interazioni con l'ambiente e con le sue risorse, interazioni più equilibrate, più lungimiranti, più sagge, più ecocompatibili ed ecostenibili, per mantenere e diffondere un alto livello qualitativo di vita.
A questo punto si tratta di riconoscere cosa può cambiare, che cosa "deve" cambiare, nel nostro contemporaneo stile di vita e nella nostra scala di valori, si tratta di definire la differenza che c'è tra una vita a livello quantitativamente e uno qualitativamente alto, cioè che cosa si intende per qualità della vita.