Il 29 settembre Slvio Berlusconi ha compiuto 80 anni. Dopo i giusti festeggiamenti, sarebbe opportuno chiedersi perchè il suo tramonto politico abbia, di fatto, determinato il declino della destra italiana che continua a versare in uno stato confusionale che non lascia presagire nulla di buono. Questa è la domanda fondamentale a cui la destra non sa o non vuole rispondere, forse perchè la risposta inchioderebbe alle loro gravi responsabilità tanti dirigenti e luogotenenti, del centro e della periferia, che non hanno mai avuto il coraggio di dissentire dal Cavaliere di cui ne hanno sempre pavidamente avallato ogni decisione.
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Dopo le giuste celebrazioni, il compleanno di Silvio Berlusconi rappresenta l'occasione per riflettere sulle straordinarie peculiarità di una leadership che per vent'anni ha rappresentato la forza e limite della destra italiana. E' indubbio che Silvio Berlusconi abbia rappresentato un paradigma difficilmente replicabile malgrado la scena politica italiana seguiti a pullulare di minuscoli "berluschini" che cercano, goffamente, di emularne lo stile e il linguaggio che restano, invero, inimitabili. Sui meriti del Cavaliere si è detto tutto, ad abundantiam, con una buona dose di piaggeria da parte di quelle nutrite falangi di ciambellani che, per anni, hanno vivacchiato all'ombra del Cavaliere godendo di fama e gloria spesso immeritate. Sarebbe, pertanto, opportuno chiedersi perchè la fine di Berlusconi abbia, di fatto, determinato il declino della destra italiana che continua a versare in uno stato confusionale che non lascia presagire nulla di buono. Questa è la domanda fondamentale a cui la destra non sa o non vuole rispondere, forse perchè la risposta inchioderebbe alle loro gravi responsabilità tanti dirigenti e luogotenenti, del centro e della periferia, che non hanno mai avuto il coraggio di dissentire dal Cavaliere di cui ne hanno sempre pavidamente avallato ogni decisione. La colpa più grande di Berlusconi è stata quella di aver riempito di sé e del suo ipertrofico “io” la destra italiana rinunciando all'originario proposito di un progetto culturale in grado di affrancarla dalle antiche stimmate illiberali. La famosa “Rivoluzione liberale” doveva servire a conferire alla destra italiana quei tratti identitari che, dopo il naufragio della prima Repubblica, avrebbero consentito di avviare la modernizzazione del paese rassicurando, nel contempo, l'elettorato più conservatore. Così non è stato. Tra i vari personaggi che, in occasione del compleanno del Cavaliere, hanno avuto il coraggio dell'onestà intellettuale, figura l'ex ministro Giuliano Urbani il quale ha dichiarato: “Berlusconi vuole sempre apparire come l'inizio e la fine di tutto. Non ama si pensi che qualcuno possa avergli suggerito qualcosa”. Questa è la ragione per cui, insieme al Cavaliere, si è dissolta contestualmente la destra italiana: perchè non esiste un'orizzonte culturale, né un progetto, né un ceto dirigente in grado di raccogliere il lascito di Berlusconi. Inutile nasconderlo: Parisi, Meloni e Salvini rappresentano tre destre diverse, difficilmente componibili, se non addirittura incompatibili. Per questi motivi, Berlusconi suole tuttora pencolare tra l'appoggio a Parisi (fra i tre, sicuramente il più liberale) e un'astensione sospetta che induce a credere che, in fondo, a lui non dispiaccia un giovanotto sveglio e risoluto come Matteo Renzi. Salvini ha capito da tempo che, probabilmente, il vero proposito di Berlusconi sia quello di mettere in liquidazione Forza Italia che, come il Milan, rappresentano, ormai, per la famiglia un impegno finanziario inutilmente oneroso. Sarà anche dura da digerire ma la verità è che la fine di Berlusconi ha decretato anche la fine di Forza Italia. Piaccia o no, risulta del tutto velleitario credere di rilanciare un partito che ha legato indissolubilmente le proprie sorti a quelle del suo incomparabile demiurgo. La destra dovrebbe ripartire dalle parole di Giuliano Urbani per trovare il coraggio di porsi alcune domande che restano imprescindibili. Ma, come diceva Simone de Beauvoir, ci sono risposte che non avrei la forza di ascoltare e perciò evito di porre le domande.