Quando Di Maio capirà che questo governo rappresenta un tragico capestro per il suo movimento, sarà costretto a prendere atto di essere stato bellamente buggerato da Salvini che, dopo avere fagocitato Forza Italia, si appresta ad annettersi una parte di elettori dei 5 Stelle. Il quadro politico del nostro paese é questo: da una parte, la parodia di un governo con un premier irrilevante; dall'altra, una versione caricaturale di opposizione che ancora oggi si compone degli stessi esponenti che hanno disgustato gli elettori spingendoli verso la Lega e i 5 Stelle.
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La prima esperienza di governo del movimento 5 Stelle rischia di trasformarsi in uno psicodramma che finirà per regalare a Matteo Salvini non solo la leadership della destra italiana ma anche il controllo di larghe zone del paese. Quello che, agli esordi, é stato pomposamente battezzato come il “governo del cambiamento”, per Di Maio si sta rivelando un vero cappio al collo da cui non sarà facile liberarsi. L'alleanza con la Lega sta conducendo i 5 Stelle a fare i conti con la propria fragilità identitaria che finirà, inevitabilmente, per mettere in discussione anche gli assetti di potere del movimento che, per molti aspetti, risultano tuttora indecifrabili. Le contraddizioni emerse nelle ultime settimane stanno creando gravi disagi nei sostenitori i quali stentano a capire, ad esempio, perchè sia giusto opporsi alla Tav in Piemonte dopo avere accettato la Tap in Puglia. Non solo. Il condono fiscale e il condono edilizio rischiano di provocare una grave lacerazione interna che Matteo Salvini non mancherà di apprezzare, come si evince dagli ultimi sondaggi che rivelano una lenta transumanza di elettori pentastellati verso la Lega. A parte le incongruenze contenute nel contratto di governo, le cause più gravi da cui trae origine la lenta erosione del movimento sono da imputare all'inesperienza di Luigi Di Maio il quale sta scontando duramente la scelta di un premier inadeguato e incapace di riaffermare le sue prerogative, completamente svuotate dalla straripante intraprendenza del ministro degli Interni. Inutile nasconderlo, se Matteo Salvini ha saputo personalizzare l'azione di governo, le ragioni sono da ricercare nell'incapacità di Di Maio di capire, durante le trattative, la necessità di mettere alla guida dell'esecutivo un premier autorevole in grado di imporsi davanti all'opinione pubblica e nei consessi internazionali. Di contro, ogni giorno assistiamo alla pantomima di un premier che si ingegna affannosamente di ricucire i continui strappi provocati dal leader della Lega, sia all'interno dell'esecutivo che nei rapporti con i partners europei. Piaccia o no, nel governo nessuno appare in grado di contenere l'irrefrenabile incontinenza di Matteo Salvini il quale, grazie a questo continuo tourbillon di annunci e di proclami, é riuscito ad ammaliare una larga fetta dell'opinione pubblica. La rabbia che in quest'ultimo decennio si é diffusa in larghi strati della società italiana rappresenta la causa di quella sorta di obnubilamento che impedisce di cogliere le contraddizioni della Lega la quale non esita ad apparire contestualmente nazionalista al Sud e localista al Nord. Quando Luigi Di Maio capirà che questo governo rappresenta un tragico capestro per il suo movimento, sarà costretto a prendere atto di essere stato bellamente buggerato da Salvini al quale va riconosciuto il merito di aver saputo occultare tutte le doppiezze della Lega perpetuandone l'originaria vocazione di partito di lotta e di governo. Malgrado il calo dei consensi, Luigi Di Maio finge tuttora di non capire che i militanti della Lega ritengono il reddito di cittadinanza una forma di accattonaggio a favore dei soliti “terroni”, inguaribilmente appesi alla greppia dello Stato. Non é così che si costruisce una vera alleanza di governo: quando Di Maio lo capirà, sarà ormai troppo tardi. Il quadro politico del nostro paese, pertanto, é questo: la parodia di un governo con una versione caricaturale di opposizione che ancora oggi si compone degli stessi esponenti che hanno disgustato gli elettori spingendoli verso la Lega e i 5 Stelle. Malgrado il tracollo del 4 marzo, con incredibile improntitudine Matteo Renzi cerca tuttora di condizionare il percorso del prossimo Congresso del Pd che rischia di essere, per lui e per il Giglio Magico, una sorta di Norimberga in cui saranno prevedibilmente consumate le solite faide, senza quella riflessione che sarebbe necessaria per costruire l'alternativa di cui il paese ha urgente bisogno.
Editoriale apparso su La Provincia del 5.11.2018