Secondo il premier, film come "La Piovra" e libri come "Gomorra" di Roberto Saviano contribuiscono a rappresentare in modo negativo l'immagine dell'Italia all'estero finendo altresì per fare da supporto promozionale alle associazioni mafiose.
Tratto dal Il Giornale on line del 19.4.2010:
"È eccessivo il fatto che uno scrittore si ponga come colui che deve accollarsi da solo il peso sovrumano della lotta alle mafie. È intollerabile che ogni critica nei suoi confronti venga fatta passare come un gesto di ostilità, ammettendo soltanto l’adulazione e gli osanna. È disonesto che il valore «civile» del suo romanzo-inchiesta crei tutto attorno al libro una zona inviolabile alla critica, per cui qualsiasi recensione anche solo tiepida trasforma chi l’ha scritta nel migliore dei casi in un invidioso, nel peggiore in un fiancheggiatore della camorra. Ed è fastidiosa infine quell’aurea di retorica e divismo che aleggia attorno allo scrittore napoletano, rendendolo di fatto inattaccabile. E tutto questo per ragioni morali (Saviano combatte il Male, e se sei contro Saviano allora stai con il Male), per ragioni politiche (Saviano è uno dei personaggi prediletti dal popolo della Sinistra come possibile leader in funzione anti-Berlusconi), e per ragioni commerciali (Saviano, come tutti sussurrano in Mondadori pur senza dichiararlo, vale così tanto economicamente che nei salotti letterari l’ordine è: vietato parlarne male, e meno che mai ricordare le cause di plagio intentate da più di un cronista che ha visto i propri pezzi finire nelle pagine di Gomorra)".
Prima il premier, poi la figlia Marina e, more solito, tutti i berluscones, hanno criticato le serie tv come La Piovra e i libri come Gomorra in quanto rei di un "supporto promozionale" alle associazioni mafiose.
Con la memoria questo ci riporta a quando veniva dileggiato un certo Giovanni Falcone il quale, nei suoi primi interventi pubblici a Samarcanda (Santoro, ancora lui!), osava spiegare la natura e le articolazioni del sistema mafioso ritraendolo non come sorta di Carboneria ma come peculiare attività d’impresa che disponeva di una efficiente organizzazione "aziendale" i cui legami con il mondo della politica consentivano di creare complessi rapporti di partnership con lo Stato e gli enti pubblici.
Occorre ricordare che lo Stato rappresentava anche una efficace “lavanderia” per riciclare danaro sporco: immaginate, negli anni Ottanta, la mafia rappresentava il primo sottoscrittore di titoli di Stato!
Scrivendo "Cose di Cosa Nostra" nel 1991, Falcone rese poi di pubblico dominio la sua esperienza di magistrato, certamente non per fini speculativi o per divismo, ma ritenendo che solo parlando del fenomeno mafioso si sarebbe potuto scardinare l’inveterata convinzione di ritenere la Mafia invincibile, invincibilità che traeva la sua origine dall’indole della comunità siciliana.
Da questo pregiudizio discendeva un ambiguo, pericoloso, corollario: la Mafia resta un problema dei siciliani (Cosa Loro).
Rileggendo il Giornale e le esternazioni dei berluscones, si è tentati di dare ragione ad un lettore di Repubblica che, in una lettera a Corrado Augias, ha scritto: “Gomorra è stato accusato da Berlusconi di essere un fattore di promozione della mafia nel mondo. Sarebbe come dire che scrivendo “Se questo è un uomo” Primo Levi ha sdoganato il nazismo, che “Sciuscià” di De Sica ha incitato allo sfruttamento infantile”.
Ci chiediamo: se, come dice Il Giornale, “sei contro Saviano, allora stai con il Male",
allora, simmetricamente, dobbiamo arguirne che si schiera col Male chi contraddice l’ineffabile Cavaliere. O No?