Dopo la disfatta di Caporetto nell’ottobre del 1917, gli italiani avevano fermato l’avanzata austriaca sulla linea del fiume Piave- Monte Grappa. Il generale Cadorna era stato sostituito dal generale Diaz che si dimostra più duttile e adeguato di fronte all’emergenza. La guerra da offensiva diventa difensiva, gli italiani comprendono che è in gioco il futuro del nostro Paese, per cui si sentono motivati a resistere.
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Dopo la disfatta di Caporetto nell’ottobre del 1917, gli italiani avevano fermato l’avanzata austriaca sulla linea del fiume Piave- Monte Grappa. Il generale Cadorna era stato sostituito dal generale Diaz che si dimostra più duttile e adeguato di fronte all’emergenza. La guerra da offensiva diventa difensiva, gli italiani comprendono che è in gioco il futuro del nostro Paese, per cui si sentono motivati a resistere. Diaz cerca una partecipazione più consapevole dei soldati migliorando anche la loro condizione, pone fine agli attacchi inutili che avevano causato migliaia di morti, migliora il cibo e garantisce turni brevi in prima linea. Gli alleati francesi e inglesi aiutano a riorganizzare l’esercito, inviando truppe (tre divisioni inglesi e due francesi) e centinaia di cannoni. Diaz inoltre è attento a predisporre opere difensive e soprattutto, temendo offensive austriache e volendo evitare gli errori di Caporetto, dispone più linee difensive in profondità, riservando 19 divisioni a disposizione del Comando in caso di necessità. Nei primi mesi del 1918 il fronte del Piave rimane relativamente tranquillo, ma il comando tedesco preme sugli austriaci per una grande offensiva che ponga fine alla guerra sul nostro fronte. Nel giugno 1918 la flotta austriaca prepara un attacco alla nostra flotta, ma il 9 giugno due MAS (motoscafo armato silurante) comandati da Luigi Rizzo intercettano le navi austriache vicino all’isola di Premuda. I due mas s’infilano velocemente tra di esse, Rizzo lancia i due siluri contro la corazzata Santo Stefano che affonda, il secondo Mas colpisce un’altra corazzata, la Tegetthoff, ma solo uno dei due siluri colpisce il bersaglio. I due mas poi sfuggono all’inseguimento austriaco e rientrano in porto ad Ancona. Gli austriaci rinunciano all’attacco della flotta italiana, le loro navi si ritirano nei porti lasciando l’Adriatico in mano agli italiani.
Il 12 giugno si scatena la grande offensiva austriaca “Nach Mailand” (fino a Milano) con l’intento di sfondare la linea difensiva italiana e dilagare nella pianura. A differenza di Caporetto però gli austriaci commettono l’errore di disperdere le forze su un fronte troppo lungo, inoltre i comandi italiani, grazie ad un buon servizio di informazioni, conoscono i piani del nemico. La battaglia dura fino al 23-24 giugno, nei primi giorni le truppe italiane sono in difficoltà, ma non cedono. Gli austriaci riescono a costituire due teste di ponte superando il Piave, ma non hanno sufficienti riserve per sfondare, inoltre i ponti e i punti di passaggio del nemico sono sistematicamente bombardati dall’artiglieria e dall’aviazione italiana, per cui gli austriaci non possono far affluire rinforzi, invece gli italiani usando le divisioni di riserva contrattaccano. Gli austriaci devono ritirarsi al di là del Piave, consegnando circa 45.000 prigionieri. Per loro il fallimento dell’offensiva significa l’inizio della crisi, mentre per gli italiani le vittorie per mare e per terra costituiscono un grande effetto psicologico, la fine dell’incubo Caporetto e indicano la possibilità di una vittoria. In un discorso alla camera Turati, il segretario del Partito socialista afferma: “ mentre lassù si combatte, si soffre, si muore, le nostre anime di socialisti battono all’unisono con quelle degli uomini di tutti i partiti”. Una guerra voluta dalla minoranza interventista contro la maggioranza del paese, che ha causato migliaia di morti e feriti, che stava per essere persa, diventa una guerra “patriottica” che unisce la nazione e che deve portare alla vittoria finale. Così il tenente Mariano Gigli nelle sue lettere a casa scrive il 24 giugno 1918: “… il nemico è in fuga. Alle 6 si entra in Musile; dopo poco tutto il battaglione entusiasta e pieno di rinnovate energie, date dal morale elevato e non da forza fisica, si distende lungo l’argine del fiume ricominciando la vigilanza … il Maggiore bacia il capitano Bacci e il capitano Orsi (comandante la 1149 Compagnia Mitragliatrice) primi giunti con i loro reparti sulle posizioni conquistate”.