Dopo avere ascoltato per intere settimane le ragioni che avrebbero reso plausibile un governo con il centro-destra, con singolare improntitudine ora ci viene ammannita dalla stampa italiana la favola di un possibile governo Pd-5 Stelle fingendo di dimenticare tutte le divergenze che hanno finora tracciato un solco profondo tra le due forze politiche. Legge Fornero, scuola, giustizia, Jobs act, Europa, Reddito di inclusione e Reddito di cittadinanza, vaccini, giusto per fare qualche esempio, costituiscono temi che rendono impraticabile qualunque ipotesoi di governo tra Renzi e Di Maio.
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C'é qualcuno del movimento Cinque Stelle in grado di spiegare a Di Maio che non vi é alcuna possibilità di formare un governo con il Pd? Dopo avere ascoltato per settimane tutte le ragioni che avrebbero reso plausibile un governo con il centro-destra, con singolare improntitudine ora ci viene ammannita dalla stampa italiana la favola di un possibile governo Pd-5 Stelle fingendo di dimenticare tutte le divergenze che hanno finora tracciato un solco profondo tra le due forze politiche. Non basta, infatti, la comune ostilità alla "flat tax" per legittimare un'alleanza che finirebbe per giovare solo a Salvini, ben contento di vedersi consegnata tutta quell'area protestataria che ha finora costituito il nerbo dei 5 Stelle. Entrando, infatti, nel dettaglio, risulta agevole constatare che tra Pd e 5 Stelle permangono diversità difficilmente componibili. Vediamole. Innanzitutto, la legge Fornero. Il M5S vorrebbe cambiarla introducendo la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di contributi versati o al raggiungimento della "quota 100"(data dalla somma tra gli anni di contribuzione e l'età anagrafica). Di contro, l'unica modifica che il Pd vorrebbe apportare, consiste nell'ipotesi di migliorare la c.d. "flessibilità in uscita" che lascia fondamentalmente intatto l'impianto di una legge che ha contribuito a determinare la disfatta della sinistra. Di Maio finge di dimenticare non solo le polemiche di questi anni sulla legge Fornero, ma anche gli scontri sulla "buona scuola", sulla giustizia, sui vaccini e sulle modalità di salvataggio di alcune banche in decozione. Vogliamo, inoltre, derubricare a semplici schermaglie gli scontri sul Jobs act che i 5 Stelle vorrebbero, di fatto, sconvolgere attraverso la reintroduzione dell'art. 18 e la sostanziale abrogazione dei contratti a termine? I sostenitori di un asse Di Maio-Renzi sostengono che, sul piano della spesa sociale, in fin dei conti non ci sarebbe una grande differenza tra Reddito di inclusione (Pd) e Reddito di cittadinanza (M5S). In realtà, si tratta di due politiche sociali che hanno un impatto finanziario ben differente che tende a confondere il keynesismo con l'assistenzialismo parassitario. Questa confusione ha rappresentato per decenni il tallone d'Achille della sinistra italiana nella quale permane tuttora una larga parte di elettorato che stenta a capire le ragioni della crisi fiscale che ha determinato il tramonto dello Stato sociale. Su questo equivoco, Di Maio ha potuto costruire un ampio consenso che gli sarà alquanto complicato mantenere dato che, come é noto, i conti pubblici del nostro paese continuano ad essere "sub iudice' da parte dell'Ue, del Fmi e, soprattutto, dei mercati che attendono tuttora di capire la reale posizione del Movimento sull'Europa. Anche questo rappresenta un altro tema che marca la differenza con il Pd. In proposito, sarebbe utile rammentare che, a fronte di un europeismo "diligente" e ortodosso del Pd, i 5 Stelle sostengono la necessità di rinegoziare il "famigerato" tetto del 3 per cento (cioé, il rapporto deficit-Pil) nonché l'utilità, per il nostro paese, di puntare ad una profonda revisione dei trattati su cui poggia l'ordinamento comunitario. Su questo tema, ci vorrebbe un grande sforzo di fantasia per immaginare un confronto Pd e 5 Stelle in grado di sortire una sintesi appena plausibile. La verità è che, anche sull'Europa, le differenze tra le due forze politiche risultano inconciliabili. Non basta, pertanto, un semplice "contratto" su pochi punti per costruire un'ipotesi di alleanza perché, come si é visto, esistono divergenze programmatiche tra Pd e M5S che disvelano due visioni, due "cosmogonie" politiche che, strutturalmente, sono in perfetta antitesi. Di Maio, pertanto, dovrebbe prendere atto che, allo stato, non ci sono interlocutori possibili per creare un governo che annoveri il suo movimento. Dopo essere stato logorato da Salvini, Di Maio dovrebbe stare ben attento alla trappola che gli ha teso Matteo Renzi il quale, dopo la scoppola elettorale, attendeva questa occasione per dimostrare tutti i limiti di un movimento che ha l'urgenza di capire che, per sfidare l'establishment, non bastano le piazze arrabbiate e plaudenti. Serve ben altro.