Alimentare le ansie securitarie nel paese per poi invocare la guerra, rappresenta una vittoria dell'Isis che ha interesse ad allargare il conflitto per fare breccia nell'Islam moderato, innescarne l'odio e fare proseliti. In una democrazia, libertà e sicurezza rappresentano due valori irrinunciabili che devono necessariamente coesistere. Se diventassero incompatibili, come vorrebbero i terroristi, la paura finirebbe per creare, come dice Bauman, "un circolo vizioso che vede agire di concerto gli xenofobi locali e i terroristi globali".
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Secondo i sondaggi più accreditati, una larga parte dell’opinione pubblica italiana risulterebbe contraria ad un intervento bellico contro il terrorismo islamico. Bene ha fatto, quindi, il nostro governo a mantenere una posizione di assoluta cautela nei confronti di Hollande il quale, dopo gli attentati di Parigi, non ha esitato a bombardare la Siria. La scelta di Hollande, tanto dissennata quanto demagogica (“bombe di propaganda”, come ha dichiarato Fulvio Scaglione, direttore di Famiglia Cristiana) si fonda su una valutazione distorta e fuorviante della soluzione militare. Risulta, infatti, alquanto pericoloso prescindere dalle caratteristiche, del tutto peculiari, di un nemico che sfugge alle tradizionali categorie dello scontro bellico. La guerra contro l’Isis, infatti, non è solo una guerra “asimmetrica”, come è stata definita, condotta contro un nemico invisibile e ubiquo: questo aspetto ha per oggetto le strategie meramente militari, dunque le modalità di approccio tecnico e territoriale. Esiste un'altra specificità di questa guerra che, nell’inconscio collettivo del paese, rappresenta il vero motivo del nostro rifiuto a prendervi parte: siamo davanti ad una guerra “asincronica”. A parte, infatti, la solita minoranza avvezza a strepitare e invocare “la guerra come igiene del mondo”, il popolo italiano ha capito che il vero obiettivo del nostro nemico è quello di riportare indietro l’orologio della Storia. I terroristi, è fin troppo chiaro, vogliono scaraventarci nel buio dei secoli più remoti vissuti dall'Occidente. Conosciamo bene i loro pregiudizi, le loro visioni apocalittiche, le loro ambizioni egemoniche: ci siamo già passati. Cambiare la Costituzione, come vorrebbe Hollande, significherebbe, di fatto, scendere sul terreno dei terroristi, accettarne e legittimarne i metodi. Sarebbe, come dire, una sconfitta culturale pericolosa che rischia di trasformare l’Occidente in un campo di Agramante dominato dalla forza e dalla paura, senza più spazio per il diritto, per la legge, per le regole di civile convivenza. Non possiamo arrenderci a tutto questo, no, perché l'Occidente è approdato alla democrazia attraverso l’Illuminismo, le grandi rivoluzioni, i totalitarismi. La cultura occidentale ha fatto tesoro del lascito dei secoli passati coltivando la democrazia come nobile lavacro delle infinite nefandezze di cui è costellata la nostra storia. Il terrorismo islamico ci vuole, dunque, obbligare a rinunciare alla democrazia ponendoci davanti ad una incompatibilità, quella tra libertà e sicurezza, del tutto estranea ai regimi democratici. Pertanto, alimentare le ansie securitarie nel paese per poi invocare la guerra, rappresenta una vittoria dell'Isis che ha interesse ad allargare il conflitto per fare breccia nell'Islam moderato, innescarne l'odio e fare proseliti. In una democrazia, libertà e sicurezza rappresentano due valori irrinunciabili che devono necessariamente coesistere. Se diventassero incompatibili, come vorrebbero i terroristi, la paura finirebbe per creare, come dice Bauman, "un circolo vizioso che vede agire di concerto gli xenofobi locali e i terroristi globali". Stiamo attenti, quindi, a parlare di guerra perchè, sia chiaro, stavolta sarebbe davvero la fine della democrazia.