A differenza di Di Maio, Salvini non ha mai detto che questo "governo del cambiamento" rappresenta una sorta di anno-zero della Repubblica per evitare che qualcuno gli rammenti che la Lega é il partito più vecchio del paese, che da quasi trent'anni governa nelle regioni più ricche della nazione, che più volte é stata al governo con Silvio Berlusconi che, per Di Maio, rappresenta l'orco cattivo della politica italiana. Anche in questo caso, Salvini dimostra un acume politico incomparabilmente superiore a quello del suo alleato che stenta tuttora a capire che, per la Lega, questo esecutivo rappresenta una manna caduta dal cielo. Tanto quanto le esternazioni di alcuni tecnocrati di Bruxelles e la permanenza di Renzi nel Pd.
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Dopo quattro mesi di slogan e di proclami, per il governo italiano é giunta l'ora di fare sul serio. La legge di stabilità rappresenta per Salvini e Di Maio il vero banco di prova che servirà a dare la cifra del cambiamento che l'esecutivo intende imprimere alla politica del nostro paese. A dirla tutta, tra i due leader, é il solo Di Maio a voler convincere l'opinione pubblica che siamo davanti ad un “governo del cambiamento”, ad una sorta di “anno zero” della nostra Repubblica. Per i 5 Stelle, la storia patria é un condensato di nefandezze perpetrate da un ceto politico composto per lo più da magliari e da lestofanti, di destra e di sinistra, a cui il popolo italiano avrebbe dato il benservito alle ultime elezioni. Naturalmente, Matteo Salvini si guarda bene dall'associarsi a questo tipo di narrazione per evitare che qualcuno gli rammenti, ad esempio, che la Lega é il partito più vecchio del paese, che da quasi trent'anni governa nelle regioni più ricche della nazione, che più volte é stata al governo con Silvio Berlusconi che, per Di Maio, rappresenta l'orco cattivo della politica italiana. Anche in questo caso, Salvini dimostra un acume politico incomparabilmente superiore a quello del suo alleato che stenta tuttora a capire che, per la Lega, questo esecutivo rappresenta una manna caduta dal cielo. Infatti, solo grazie ai 5 Stelle Matteo Salvini ha potuto assurgere al ruolo di primattore all'interno di una compagine di governo che, in modo singolare, vede il premier relegato in una sorta di limbo che non ha precedenti nella storia. Il successo mediatico che Salvini continua a riscuotere, infatti, non sarebbe stato possibile in un governo guidato da Silvio Berlusconi il quale, oltre a negare il proscenio al suo giovane alleato, avrebbe scelto un ministro degli Interni più sobrio, meno debordante, in grado di interloquire più autorevolmente con l'Europa di cui, piaccia o no, il nostro paese é tuttora uno stato membro. Di contro, grazie ai 5 Stelle, per Matteo Salvini la campagna elettorale del 4 marzo non é mai terminata e rischia di non avere termine fino a quando non avrà consolidato una leadership che, malgrado il crescente consenso registrato dai sondaggi, a destra continua a suscitare diversi malumori. Si tratta di uno dei tanti paradossi che caratterizzano una fase politica, a tratti indecifrabile, che consente al leader della Lega di capitalizzare tutti gli accadimenti, perfino quelli più ostili al suo partito da cui, se occorre, Salvini riesce abilmente a prendere le distanze. Anche le recenti esternazioni di alcuni leader europei rischiano di rafforzare l'immagine interna di Salvini al quale interessa poco essere screditato dai tecnocrati di Bruxelles. L'Europa non ha ancora capito che, senza una vera svolta nella politica economica, le forze populiste presenti nell'Unione rischiano di far saltare una costruzione europea di cui occorre emendare al più presto il grave deficit di rappresentatività. Il silenzio della sinistra su questo tema rappresenta un altro fattore di crescita dei consensi di Salvini il quale non ha alcun motivo per preoccuparsi di un Pd ancora in deliquio, rimasto saldamente nelle mani di Matteo Renzi e del Giglio Magico. Dopo la recente scoppola elettorale, sarebbe stato lecito attendersi un grande dibattito all'interno della sinistra italiana la quale, di contro, sembra non rendersi conto che il populismo dilagante rappresenta la conseguenza della passiva accettazione di un'architettura europea tragicamente sbagliata che ha impoverito le classi medie, ha fatto strame dei diritti sociali più elementari, ha distrutto tutte le tutele e tutte le forme di protezione sociale. Ancora oggi, nessuno dei leader del Pd ha l'onestà di ammettere che, per decenni, la sinistra ha colpevolmente ignorato le periferie, i quartieri popolari e tutte le aree disagiate che hanno finito per estendersi ai laureati e alle eccellenze del paese ai quali, per legittimare un'ignobile precarietà, per anni é stata ammannita la favola della “flessibilità”. Ammettiamolo: “questa” Europa e questo assordante silenzio della sinistra restano i migliori alleati di Matteo Salvini.
Editoriale apparso su La Provincia del 17.09.2018