La trasformazione della Lega lombarda in un partito nazionale costituisce il vero capolavoro politico di Salvini che riesce ad occultare tutte le ambiguità e le contraddizioni di una metamorfosi che si fonda su un uso spregiudicato delle ansie degli italiani. Al posto della destra berlusconiana, che regalava il sogno di un'Italia godereccia e sfavillante, é nata, quindi, questa nuova destra salviniana, ferocemente spaventata e arrabbiata. La paura potrà consentire a Salvini di vincere le elezioni ma non basterà per trasformarlo in uno statista. Un vero statista ha il compito di vincere le paure dei propri cittadini, non di alimentarle. Lo tenga bene a mente.
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Come era prevedibile, alle prossime elezioni in Abruzzo il centro-destra si presenterà unito. Si tratta di una notizia che dimostra la duttilità di uno schieramento che non suole mai dividersi nelle sterili disquisizioni sul nulla che avvengono abitualmente nelle file avversarie. Silvio Berlusconi ha dimostrato ancora una volta che, in politica, il pragmatismo paga sempre ed ha preso atto che la scoppola elettorale ha, di fatto, decretato la fine del “patto del Nazareno”. Non é un mistero che Matteo Salvini non sia mai piaciuto al Cavaliere che ha sempre visto in Renzi il leader di un ampio schieramento moderato che, sulle ceneri del Pd e di Forza Italia, sarebbe stato l'architrave di un sistema politico in grado di infliggere il colpo di grazia alla sinistra antagonista e, contestualmente, di contenere le pulsioni populiste dei 5 Stelle. In questa architettura la Lega avrebbe ricoperto il ruolo di una forza ancillare i cui bollori sarebbero stati mitigati dall'assuefazione al potere: un felino da addomesticare, reso docile e mansueto dall'esercizio del governo nelle città e nelle ricche periferie del Nord. In fondo, quella che, per vezzo giornalistico, viene tuttora definita Seconda Repubblica, si é retta per anni su un equilibrio che il Cavaliere ha saputo inventare e gestire anche grazie ad un imponente supporto mediatico che gli ha consentito di blindare per lungo tempo la sua leadership. Ora il quadro é completamente cambiato. Il voto del 4 marzo ha rappresentato per la politica italiana un vero terremoto che ha costretto Berlusconi a prendere atto che, oggi, i rapporti di forza all'interno del centro-destra si sono completamente capovolti. Il recente accordo sulla Rai e, come si diceva all'esordio, sulle elezioni in Abruzzo, sono la riprova che, sia pure di contraggenio, il Cavaliere non intende più opporsi alla irresistibile ascesa di Matteo Salvini che, da mesi, continua ad annettersi fette sempre più consistenti del vecchio elettorato berlusconiano. Beffardamente, sembra delinearsi e prendere forma quel “partito della Nazione” che il Cavaliere voleva realizzare attraverso una “joint venture” con il Pd renziano che il risultato elettorale ha vanificato per sempre. A Salvini, pertanto, sta riuscendo quella operazione che non é riuscita al Cavaliere, benchè sia opportuno sottolinearne la sostanziale, radicale, diversità. La trasformazione della cara, vecchia Lega lombarda in un partito nazionale costituisce il vero capolavoro politico di Salvini che, ancora oggi, riesce ad occultare tutte le ambiguità e tutte le contraddizioni di una metamorfosi che si fonda su un uso spregiudicato delle ansie e delle inquietudini degli italiani. Lo schema salviniano si fonda su pochi, elementari postulati: la globalizzazione e l'Unione europea rappresentano la causa dell'impoverimento delle masse le quali potranno ritrovare una nuova prosperità solo restituendo agli Stati nazionali la sovranità perduta. In soldoni, questo é il messaggio che il giovane leader continua a diffondere nelle sue ricorrenti, ubique, apparizioni pubbliche avvalendosi anche di un uso compulsivo del web. Inutile dire che questo “partito della Nazione” non ha alcuna affinità con quello concepito da Berlusconi e Renzi che, per la sua spiccata vocazione europeista, non avrebbe mai osato sfidare l'Europa sul tema degli immigrati che rappresenta, tuttora, il piatto forte di Salvini il quale non esita ad apparire, contemporaneamente, ministro degli interni, ministro degli esteri e, finanche, capo del governo (in alcuni sondaggi é emerso che, per molti intervistati, il capo del governo sarebbe Salvini). Al posto della destra berlusconiana, che regalava il sogno di un'Italia godereccia e sfavillante, é nata, quindi, questa nuova destra salviniana, ferocemente spaventata e arrabbiata. La paura potrà consentire a Matteo Salvini di vincere le elezioni ma non potrà bastare per trasformarlo in uno statista perché un vero statista ha il compito di vincere le paure dei propri cittadini, non di alimentarle. Lo tenga bene a mente.
Editoriale apparso su La Provincia del 24.09.2018