Il berlusconismo sembra avere esaurito la sua spinta propulsiva. Nato sotto la spinta di una forte esigenza di modernizzazione del paese, oggi si è trasformato in una nuova egemonia culturale che ha soppiantato la vecchia egemonia marxista, spazzata via dalle televisioni del Cavaliere.
Una delle operazioni più spregiudicate condotte da Berlusconi fin dal suo esordio sulla scena politica italiana è stato l’avvio di un processo di revisione di alcuni passaggi-chiave della nostra storia. Non è un caso che l’ascesa politica del Cavaliere abbia inizialmente goduto anche dell’appoggio di una parte consistente della nostra classe intellettuale, di matrice liberale, che ha visto in Berlusconi l’Angelo Vendicatore in grado di infliggere un colpo mortale alla inconcussa egemonia culturale esercitata dal marxismo fin dai primi anni del secondo dopoguerra. Tutti gli intellettuali che hanno sostenuto il Berlusconi della prima ora hanno dovuto misurarsi con le invettive della stampa progressista che, incautamente, non ha esitato ad etichettarli come reggicoda del Cavaliere. Questo approccio, tanto fazioso quanto fuorviante, ha impedito di capire i cambiamenti della società italiana che, travolta da un impetuoso ed inaspettato processo di secolarizzazione, invocava una svolta culturale che né l’ideologia, né la stessa religione sembravano poter offrire. Berlusconi ha rappresentato per tanti onesti cittadini il vero liberale che aveva tutte le carte in regola per modernizzare il paese destrutturando l’impianto elefantiaco di uno Stato inefficiente e sprecone. L’intero establishment economico e finanziario ha proiettato in Berlusconi il grande desiderio di una svolta contro la partitocrazia dominante che usava l’economia come polmone utile soltanto per far respirare la politica. La situazione internazionale consentiva al Cavaliere di godere di grandi credenziali. Il crollo dell’impero sovietico e il processo di aggregazione degli stati europei, da cui sarebbe sorta la moneta unica, costituivano presupposti per un consenso quasi plebiscitario. Invece, così non è stato. Berlusconi ha dissipato un’apertura di credito, da parte del clero e della borghesia, che non si vedeva dai tempi di De Gasperi. Noi riteniamo che una delle colpe più gravi imputabili al Cavaliere sia stato il tentativo di sostituire l’egemonia culturale della sinistra con un’altra egemonia, di segno contrario. L’anticomunismo ha costituito il leit-motiv delle “allocuzioni” del premier che ha sovente blandito l’elettorato moderato ostentando un frasario sprezzante ed aggressivo nei confronti della cultura comunista e di chiunque ne avesse raccolto, a vario titolo, il lascito. Di contro, sul fascismo il Cavaliere si è sempre dimostrato elusivo e reticente (perfino il 25 aprile è stata ritenuta una data “comunista”). In questo modo, per gradi, nel nostro paese abbiamo assistito ad una pesante escalation di ostilità nei confronti della sinistra post-comunista mentre, nel contempo, veniva calato il sipario sulla storia della destra post-fascista. Tutto questo con l’avallo ed il compiacimento di una borghesia che, a fronte di un fervido anticomunismo, ha sempre curiosamente palesato un “fioco” antifascismo. Possiamo, per questo, dire che Berlusconi sia un fascista, come da anni blatera una certa sinistra? Non è così. E’ giusto, tuttavia, ammettere che il Cavaliere non incarna certamente i valori liberali di cui la nostra società aveva bisogno. Berlusconi ha il merito di aver “sdoganato” una forza politica ingiustamente ghettizzata per decenni. Un vero liberale, comunque, non può pensare di creare un nuovo ghetto politico per chiunque si professi di sinistra, perpetuando, in modo capzioso, il vecchio pregiudizio per cui essere di sinistra equivale ad essere “comunista”. La verità è che il clima politico e culturale confezionato in questi anni dal Cavaliere è proiettato a creare una società distratta, individualista e fortemente spoliticizzata. In quest’ottica, il presidenzialismo rappresenta l’approdo definitivo di un percorso che non ha nulla di liberale. Dopo decenni di egemonia culturale marxista, sarebbe grave consegnare il paese ad una nuova egemonia, non meno insidiosa della precedente. Caro Cavaliere, non ci piace affatto questo presepio.