Una riflessione sulla politica adottata dal nostro governo sul respingimento degli immigrati clandestini. La grave antinomia tra codice penale e Costituzione repubblicana. La risposta penale non può conciliarsi con la tutela dei diritti umani. Serve altro.
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’ asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”. Questo è quanto recita l’art. 10 della nostra Costituzione al comma secondo. Ho volutamente iniziato questo breve articolo citando il 2° comma art. 10 della Cost. per insinuare nel lettore il dubbio, concreto, che quanto previsto dall’articolo citato (il diritto d’asilo), in questo momento storico, sia disatteso. Se poi analizziamo attentamente anche il comma uno dell’art. 10 Cost. emergono ulteriori aspetti che, in modo assolutamente evidente, dimostrano la distanza e la il contrasto tra la normativa nazionale e il diritto internazionale. Il comma uno art. 10 recita: “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità alle norme e dei trattati internazionali”. Emerge pertanto un obbligo per il legislatore italiano di adeguarsi alla disciplina internazionale della materia per evitare che le leggi nazionali possano imporre limitazioni di carattere xenofobo. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: la politica di respingimento adottata dal Governo italiano può essere considerata in linea con le norme di diritto internazionale e nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo? Fermo restando la necessità di regolarizzare l’afflusso degli stranieri extracomunitari (non facenti parte dell’ U.E.) e la necessità di differenziare tra regolari e clandestini, non credo che respingere, a prescindere, tutti gli stranieri che arrivano sui barconi in condizioni disumane, possa essere considerata politica accettabile e nel rispetto dei diritti umani. E’ assolutamente scontato, oserei dire banale, far notare che necessiterebbe un accertamento ad personam per distinguere tra regolari e irregolari e, a prescindere da questa distinzione, tra chi potrebbe avere diritto all’asilo politico e chi no. Il respingimento tout court di tutti, senza ascoltare le ragioni di nessuno, è palesemente in violazione della Costituzione e dei Trattati internazionali. Ognuno ha diritto di essere ascoltato per capire le ragioni della fuga dal proprio paese di origine, poiché il respingimento, in molti casi, significa carcere, torture e morte. Si fugge dalla miseria e dalla fame, ma anche dalla dittatura e dalle violenze. Arrivano “i buoni e i cattivi”, e non si può fare di tutta l’erba un fascio. Considerato che per restare in Italia è necessario un permesso di soggiorno e, successivamente, una carta di soggiorno per l’accesso a tutti i servizi pubblici e per la partecipazione alla vita amministrativa del paese; considerato inoltre che l’immigrazione clandestina è un reato; che lo straniero che viola le norme italiane è espulso o è trattenuto in Centri di Permanenza Temporanea; considerato questo e altro ancora, bisogna chiedersi: ma se gli stranieri vengono respinti in alto mare, sapremo mai le ragioni del loro arrivo e, peggio ancora, sapremo mai il loro destino? Inviterei tutti a leggere il meraviglioso dettato dell’art. 2 della nostra Costituzione e, nel dubbio che non tutti l’abbiano a portata di mano, mi permetto di trascriverlo, qui di seguito, integralmente nella speranza che faccia riflettere: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.